Fascismo e populismo

di Domenico Pizzuti

Questo libro di Antonio Scurati è una felice sorpresa per chi non ha seguito le fatiche letterarie dello scrittore, specialmente il primo romanzo dedicato al fascismo e a Benito Mussolini, M. Il figlio del secolo (2018).

Le aspirazioni letterarie dell’A. coincidono con il desiderio di «raccontare gli antifascisti, non certo i fascisti»: «Formatomi nella cultura antifascista del tardo Novecento, incentrata sul “mito resistenziale”, cioè sul racconto della Resistenza al nazifascismo come narrazione fondativa della nostra democrazia, non ho mai subìto la fascinazione – nemmeno intellettuale e artistica – della figura del duce del fascismo» (pp. 18 s.). Perciò l’A. ha voluto narrare «il fascismo attraverso l’antifascismo». Se questa rivoluzione narrativa non fosse avvenuta, il fascismo sarebbe rimasto il grande rimosso della coscienza nazionale e, come uno spettro, avrebbe continuato a infestare la nostra casa comune.

Questo progetto, concepito per il volume M. Il figlio del secolo, è l’ispirazione del presente scritto, che continua una rivoluzione narrativa su solida base storica. Si tratta chiaramente di un apprezzabile e risvegliante «antifascismo letterario».

La trama di questo testo è costituita da tre passaggi storici: fascismo, populismo, democrazia. Dopo un’ampia ed elevata riflessione sulla Storia (con la S maiuscola) e sul suo aspetto esistenziale e coinvolgente, che lo porta a scrivere: «La storia non è mai scritta una volta per tutte, la storia è sempre lotta per la storia. La storia siamo noi» (p. 14), Scurati può quindi formulare il giudizio che «il fascismo primo-novecentesco, un fenomeno eminentemente storico, ossia un movimento politico della storia nella duplice accezione soggettiva e oggettiva del genitivo – cioè un prodotto della storia e, simultaneamente, un momento di brusco mutamento – non è suscettibile di presentarsi nella medesima forma» (p. 30). L’A. ha scoperto che il Mussolini che parla alle «folle oceaniche»» dal balcone di Palazzo Venezia è «il Mussolini populista». Sotto questo profilo, Mussolini non soltanto è stato l’inventore del fascismo, ma anche l’ideatore di quella prassi, comunicazione e leadership politica che oggi chiamiamo «populismo sovranista».

È particolarmente interessante la riflessione che l’A. dedica al populismo, delineandone alcune caratteristiche, capaci di definirne la fisionomia politica e soprattutto la forma di leadership. Esse assumono l’aspetto di vere e proprie regole, di precetti, di tecniche politiche, che consentirono al duce del fascismo, insieme alla violenza squadrista, di sedurre l’Italia.

Le regole che individuano il populismo e soprattutto la leadership populista vengono espresse in queste voci: personalizzazione autoritaria; polemica antiparlamentaria; guidare seguendo; politica della paura; commutare la paura in odio; semplificare la vita moderna; comunicare al corpo con il corpo. L’insieme di questi princìpi delinea la preferibilità dell’autoritarismo alla democrazia, che i populisti di oggi negano, pur non esimendosi dall’erodere le istituzioni democratiche. Rimane il fatto che i populisti di ieri e quelli di oggi sono accomunati dal fatto di rappresentare una minaccia per la qualità e pienezza della vita democratica, riassunta nella centralità autoritaria del «capo», del leader in cui il popolo si incarnerebbe.

L’ultimo passaggio del testo concerne la democrazia, e richiama una verità semplice, ma incontrovertibile e fondamentale, che riguarda la natura stessa della democrazia: «La democrazia non è figlia del caso, ma nemmeno della necessità, non è un dono del cielo, è una conquista; la storia della democrazia è, fuor di ogni dubbio, la storia della lotta per essa» (p. 90). Così il cerchio si chiude con il richiamo iniziale: «La storia è sempre lotta per la storia. La storia siamo noi» (p. 14).

(laciviltacattolica.it , 17 maggio 2024)

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