Radicali liberi. Bertinotti, la sinistra (fallita) e il liberalismo
Ho ascoltato attentamente quello che ha detto Fausto Bertinotti a Todi pochi giorni fa. L’ex presidente della Camera ed ex esponente di Rifondazione comunista ha affermato, in soldoni, che «il comunismo ha fallito», e che la cultura politica da cui ripartire dopo questo fallimento è la cultura liberale, che si è occupata dell’individuo, difendendone i diritti anche contro lo Stato. Non si sono contate, sui social network, le reazioni tra l’ironico e l’indignato contro il vecchio dirigente lombardiano: il comunista in cachemire, il frequentatore dei salotti cafonal della Roma mondana, l’invitato ai matrimoni vip, uno dei soggetti preferiti dell’obiettivo impietoso di Umberto Pizzi. Dall’altro lato, l’abiura di Fausto ha mandato in sollucchero i liberisti alle vongole e quella destra italiana da sempre raccolta attorno agli ideali fané dell’anticomunismo di marca berlusconiana. In mezzo, un Pd del tutto disinteressato alla questione, certamente percepita da qualcuno come barboso vecchiume novecentesco che sottrae energie e tempo alla dromocrazia renziana, ostacolo “ideologico” – la parola-chiave degli ultimi due decenni, la briscola che permette di liquidare ogni discorso politico vagamente più articolato di un annuncio – alle imprese del futuristico premier che “pim-pum-pam” (o Bim Bum Bam) aggiusta tutto in cinque minuti.…
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