Arturo Paoli ha cento anni

di Maurizio Chierici

Occhi allegri, capelli bianchi come Chaplin nella vecchiaia: Arturo Paoli compie 100 anni. Ha attraversato il secolo breve nei gironi dei senza nome. Parla a voce bassa, ma la voce rimbomba appena l´analisi umilia la vita degli altri. Batte l´indice sul tavolo per far capire di non sopportare la povertà dei poveri, spazzatura fastidiosa per la società degli affari. Quasi un miliardo di ombre. Era ragazzo quando attorno alla sua Lucca le squadre nere bastonano a morte Giovanni Amendola, deputato liberale. Frequenta il ginnasio mentre Mussolini scioglie l´aula grigia del parlamento. Laurea in lettere a Pisa, la vocazione arriva l´anno dopo. A 34 anni rischia la vita per salvare un ebreo tedesco, Zvi Yaciov Gerstel, famoso per gli studi sul Talmud. Per Israele diventa un ” giusto tra le nazioni “. La Resistenza continua e continua la paura ma non si arrende. 800 ebrei rubati da un piccolo prete ai treni della morte. Nel ´49 lo chiamano a Roma: vice assistente nazionale dell´Azione Cattolica, presidente Carlo Carretto.…

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Se la festa palermitana si trasforma in giallo

di Leopoldo Fabiani

A Palermo la musica popolare è napoletana. Nelle affollatissime celebrazioni per i santi  sul palco si esibiscono in rigoroso dialetto partenopeo cantanti neomelodici per le quali le folli vanno in delirio. E, come riferiscono  reventi episodi di cronaca, le canzoni vengono anche usate per mandare messaggi ai boss mafiosi costretti ad ascoltare la radio nelle loro celle.

In questo ambiente si svolge Festa di piazza , la nuova avventura di Enzo Baiamonte, l’elettrotecnico investigatore dilettante creato da Gian Mauro Costa,  già protagonista del Libro di legno, sempre edito da Sellerio. Qui Enzo è chiamato a prestare la sua esperienza di elettricista per la festa dedicata dal quartiere della Zisa alla Madonna Addolorata.La routine fatta di partite a scopone con gli amici e cenette con Rosa, fidanzata devota e cuoca impareggiabile sarà presto sconvolta. Enzo si trova a indagare su strani furti cimiteriali e sulla scomparsa di un misterioso collega. Costa ci racconta con i tratti della commedia una Palermo quotidiana e segreta,dove la mafia può nascondersi a ogni angolo e nulla è come sembra.…

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Oltre il deserto

Great Sand Sea  -  Desertdi Raniero La Valle

L’anno che si chiude sul piano politico è stato un anno di passaggio o per meglio dire un anno di esodo. C’è stato un esodo dalla lunga, umiliante stagione berlusconiana, e siamo entrati nel deserto in vista di una futura liberazione. L’errore che abbiamo fatto è stato di pensare che nel deserto il popolo non avesse bisogno di una guida, e perciò di una politica, ma avesse bisogno di una tecnica, come se far scaturire l’acqua da una roccia o dare alla gente di che sfamarsi in mancanza di pane, o trovare tutti insieme una strada per uscire dal deserto alla città fosse una questione tecnica, e non invece una questione politica e addirittura etica e spirituale. Sicché nel deserto abbiamo avuto ogni sorta di privazioni e di tormenti, qualcuno addirittura ha rimpianto le cipolle del tempo di schiavitù, e per di più abbiamo perso anche la fede: perché a questo punto, se non il miracolo, se non la politica, se non la tecnica, chi mai potrà salvarci?…

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Incontri d’amore

di Bia Sarasini

Era già un azzardo, quando nel 1983 Julia Kristeva scriveva nel suo Storie d’amore che «essere una psicoanalista significa sapere che tutte le storie finiscono per parlare d’amore». Un azzardo e un’apertura, per chi trovava troppo chiuso in sé stesso – quasi auto-celebrativo – il mondo della psicoanalisi, allora ancora centrale nella costruzione dell’auto-rappresentazione dell’io occidentale. Apertura – nel fin troppo asettico, depurato spazio del setting tra paziente e analista – all’irruzione dell’esperienza. Interiore e non. L’esperienza che di relazione si tratta, tra l’uno e l’altro, l’altra, e il sé stesso, nella ricerca di un orizzonte, di un senso, di uno spazio che accolga i frantumi sofferenti in cui capita che il soggetto si divida e si perda. Uno spazio di incontro. Tra sé e l’altro, gli altri. Nell’amore.

Ho trovato commovente in quella prima lettura, e anche oggi, l’intreccio su cui è fondato il libro: tra le grandi costruzioni del discorso amoroso, che segnano l’Occidente, e le singole storie di alcuni/e pazienti.…

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La Teologia della Liberazione 40 anni dopo.Memoria profetica e apertura al futuro

di Claudia Fanti

Nel luminoso ed eroico cammino della Chiesa della Liberazione latinoamericana, il Congresso continentale di teologia svoltosi dal 7 all’11 ottobre scorso presso l’Unisinos (l’Università gesuita del Vale do Rio dos Sinos; www.ihu.unisinos.br), a São Leopoldo, nello Stato brasiliano del Rio Grande do Sul, ha rappresentato a giudizio di tutti un momento di grazia, un segno di speranza. Come era già chiaramente emerso in occasione dei diversi Forum di Teologia e Liberazione svoltisi (nel 2005, 2007, 2009 e 2011) nel contesto del Forum Sociale Mondiale, lo stato di salute della TdL risulta senz’altro buono, malgrado i ripetuti certificati di morte rilasciati nel corso degli anni da chi avrebbe fatto carte false per seppellirla. Se, insomma, di crisi si può parlare («è in crisi solo chi è vivo», evidenzia il teologo brasiliano di origine coreana Jung Mo Sung), lo è semmai nel senso del termine greco krisìs, che significa scelta, giudizio, discernimento (e, più in generale, cambiamento, trasformazione). Proprio come «un’esperienza di discernimento ecclesiale», secondo la definizione data dal rettore dell’Unisinos Marcelo Fernandes de Aquino, è stato del resto pensato e vissuto il Congresso, promosso da una serie di realtà ecclesiali latinoamericane – tra cui Amerindia, Clar (Conferenza Latinoamericana dei Religiosi), Pontificia Università Saveriana di Bogotá, Soter (Società di Teologia e Scienze della Religione), Unisinos, Adital, Articolazione Continentale delle Comunità Ecclesiali di Base – allo scopo di riunire la comunità teologica del continente in occasione della celebrazione dei 50 anni dall’apertura del Vaticano II e dei 40 anni dalla pubblicazione del libro di Gustavo Gutiérrez Teologia della Liberazione.…

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Scontri e lacrimogeni.Ora chi ha sbagliato paghi

di Massimo Solani

Dilettantismo o irresponsabilità, e in ogni caso poco cambia. Gli incidenti di Roma, le cariche al corteo degli studenti sul Lungotevere e infine quelle immagini, assurde, dei lacrimogeni lanciati dalle finestre e dal tetto del ministero di Giustizia in via Arenula su una folla di ragazzini in fuga. Nelle parole di dirigenti e funzionari di polizia, a quarantotto ore dalla guerriglia, l’aggettivo che ricorre più spesso è «incredibile».

Incredibile che qualcuno abbia deciso di disperdere il corteo in quel modo, incredibile la scelta di infrangere la testuggine che apriva il serpentone con quella carica a freddo, incredibile il volume di forza usato contro la testa del corteo e la caccia all’uomo scatenatasi poi per i vicoli del Ghetto e di Trastevere.

Una bocciatura senza appello che agenti esperti, con anni di manifestazioni alle spalle, rivolgono alla gestione dell’ordine pubblico solo quando i taccuini sono chiusi e i registratori al sicuro dentro gli zaini. Per arrivare alla fine però, alle immagini dei lacrimogeni a via Arenula, occorre ripartire dall’inizio, dalla concatenazione di eventi che ha portato poi ad una situazione in cui evidentemente, ripetono quasi tutti gli interlocutori, «qualcuno ha perso la testa, e non soltanto gli agenti in strada».…

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Dal vento del Concilio alla tabula rasa.Confessioni di un ambrosiano su 40 anni di Chiesa italiana

di Giovanni Colombo

Un grande dito indicatore Memini, oh sì che mi ricordo. Erano gli anni del post concilio, Dio non parlava più in latino e io respiravo a pieni polmoni. Il Vangelo, ai miei occhi di adolescente in fervore, appariva dinamite, non oppio. Nelle pagine della Bibbia trovavo un Dio che esalta la dignità dell’uomo, poiché “l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato”(Salmo 8). Nei libri di don Milani e nelle poesie di padre Turoldo capivo che la speranza dell’aldilà non allontana dal mondo, anzi dà motivazioni forti per i fronti di lotta, le convergenze etiche, le battaglie per l’alleggerimento della terra. Mi sentivo parte di un popolo, non di una struttura ecclesiastico – religiosa. Nei nostri incontri parlavamo di rispetto della libertà religiosa, dei semi di verità presenti nelle religioni non cristiane, di dialogo con gli atei.. Nelle discussioni accese con i non credenti facevo riferimento alla vita dei primi cristiani: pescatori, gente ordinaria, sempre braccati dalle grandi istituzioni religiose e politiche.…

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I cieli pieni

di Raniero La Valle

Da poco più di un mese è cominciato l’anno dedicato alla memoria del Vaticano II. Dopo cinquant’anni di una ricezione non certo impetuosa il Concilio è stato risvegliato come evento decisivo per la fede ed è oggetto di un gran numero di celebrazioni e rivisitazioni. Ma non ci sono solo gli osanna, ci sono anche le contestazioni al Concilio, aperte e sotterranee, e ci sono i disagi, le reticenze e le riserve. L’istituzione fondata dal vescovo Lefebvre odia il Concilio ma non ha ancora del tutto rotto con Roma perché non vuole essere una piccola Chiesa, ma vorrebbe che tutta la grande Chiesa tornasse a essere come era prima, cioè come la setta lefebvriana continua ad essere tuttora. E neanche a Roma mancano sotterranee nostalgie in questo senso. Altre riserve nei confronti del Concilio sono espresse in modo più sfumato e sono piuttosto sintomo di un disagio per una svolta che per quanto positiva non andrebbe riproposta senza le opportune cautele e le correzioni del caso.…

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Due violenze sbagliate

di Massimo Giannini

Ribellarsi è giusto. Non c’è bisogno di rispolverare Jean Paul Sartre, per sapere che le migliaia e migliaia di donne e uomini, giovani e meno giovani che hanno riempito le piazze d’Europa hanno ragione. Nell’Occidente disorientato, dove una finanza senza regole ha divorato l’industria manifatturiera e un mercato senza Stato ha prodotto la disuguaglianza di massa, uno “sciopero europeo” è sacrosanto, quando invoca pacificamente più lavoro, più diritti, più giustizia sociale.

Dopo mesi di scontri e di manifestazioni in Grecia, in Portogallo, in Spagna, era ovvio che l’onda della protesta tornasse a sommergere anche l’Italia. A meno che non si pensi (o non si voglia) che l’immagine-simbolo dei ragazzi italiani di oggi sia solo quella dei 50mila spensierati teenager accorsi sabato scorso al flash-mob di Piazza del Popolo, per ballare sulle note di un rapper coreano.

Quello che non è affatto giusto è che la rabbia di una generazione, derubata del futuro da una stagione di sacrifici che non promettono il riscatto ma producono solo altri sacrifici, sfoci in una violenza altrettanto cieca e fine a se stessa.…

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La controriforma

di Michele Brambilla

Solo in Italia poteva succedere una cosa paradossale come quella che è accaduta ieri, quando il Senato ha approvato un emendamento presentato da Lega e Api per stabilire che la diffamazione a mezzo stampa va punita col carcere. La cosa paradossale non è tanto il contenuto di quell’emendamento, quanto il fatto che in Senato si stava discutendo della nuova legge sulla diffamazione a mezzo stampa proprio perché la politica – praticamente tutta – aveva annunciato solennemente di voler cancellare il carcere per i giornalisti.

I fatti sono noti. Il direttore del «Giornale» Alessandro Sallusti è stato recentemente condannato per diffamazione a un anno e quattro mesi di reclusione, senza la condizionale. La cosa ha destato scalpore soprattutto perché l’Italia è praticamente l’unico, fra i Paesi dell’Occidente democratico, a prevedere la pena del carcere per i giornalisti. Negli altri, si prevedono multe, risarcimenti e magari sospensioni temporanee dal lavoro; ma la galera, no.

Sull’onda emotiva del caso-Sallusti (in Italia ci si muove sempre così: su onde emotive) era dunque partita una campagna bipartisan per indurre il Parlamento a mettere fine a questa anomalia italiana: insomma a modificare la legge sulla diffamazione a mezzo stampa prevedendo per i giornalisti colpevoli pene diverse dal carcere.…

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