Freud uccide la letteratura: parola di Isaac B.Singer
di Roberto Righetto
Nei suoi saggi sullo scrivere l’autore yiddish invita a diffidare di psicologia e sociologia. E in pagine mirabili evoca le sorprese del “romanzo di Dio”
La vera letteratura esprime l’invisibile e, come diceva il domenicano francese Jean Pierre Jossua, si rivela capace di pensare l’Assoluto nell’inquietudine della parola. Con lui altri critici letterari e teologi come il belga Charles Moeller e, per venire all’Italia, padre Ferdinando Castelli e Guido Sommavilla, hanno rilevato come la letteratura e la dimensione religiosa non siano due entità monolitiche da porre l’una di fronte all’altra, ma due realtà che si parlano e desiderano incontrarsi. Non molto diversamente sembra pensarla lo scrittore Isaac Bashevis Singer nel volume appena pubblicato da Adelphi col titolo A che cosa serve la letteratura? (pagine 220, euro 19,00), che raccoglie saggi apparsi su giornali e riviste poco accessibili, come il quotidiano yiddish “ Forverts”, e recentemente fatti uscire dagli archivi, recuperati e raccolti. Già l’inizio, una sola paginetta dal titolo “Il Satana del nostro tempo”, è fulminante: « Dentro di me – dice Singer – alberga la convinzione che ogni essere umano sia posseduto, e per me i veri scrittori sono coloro che sanno praticare l’esorcismo».…
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