L’ora più buia
Le elezioni del 4 marzo segnano l’ora più buia nella storia dell’Italia repubblicana. Persino nel 2008, quando stravinse il centrodestra, totalizzando oltre 17 milioni di voti (con il c.d. Popolo della Libertà al 37%), non ci fu una batosta simile per il centrosinistra. All’epoca la coalizione guidata dal Pd che aveva espulso Rifondazione, Socialisti e Verdi, prese il 37% dei voti ed il Pd ottenne 12 milioni di voti (33%), mentre la sinistra arcobaleno rimase fuori dal Parlamento col 3,12%, avendo comunque preso più voti di quanti ne ha ottenuti adesso Liberi e Uguali.
È una sconfitta storica che porta a compimento un processo autodistruttivo del ceto politico di centrosinistra che viene da lontano; processo che Renzi, con la sua arroganza e la sua spericolata corsa a destra, ha soltanto accelerato. È un processo che travolge tutti, anche quei settori della sinistra c.d. antagonista che non si sono omologati o si sono sottratti tardivamente al giogo renziano.
Il risultato deludente di LeU è frutto di un doppio fallimento, quello derivante dall’incapacità di costruire un unico polo elettorale a sinistra del Pd, grazie alla faziosità delle opposte componenti che hanno fatto fallire il progetto unitario del Brancaccio, e quello derivante dal metodo di composizione delle liste, schiacciate sull’esigenza di assicurare la sopravvivenza del vecchio ceto politico-parlamentare a scapito della valorizzazione delle esperienze di partecipazione sul territorio.…
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