C’è bisogno di un partito nuovo

di Raniero La Valle

Ci vuole del coraggio ad assumere come tema di questo Convegno il lavoro, nel momento della sua massima crisi. Le riflessioni svolte fin qui hanno mostrato come il lavoro non sia un tema circoscritto, un segmento dell’esperienza umana, ma investa l’intera esistenza, l’intera concezione e l’intero destino umano, sia che lo si discuta in sede teorica, sia che lo si canti nelle canzoni di dolore e di protesta, sia che sia oggetto dello scontro sindacale e politico. Come ha detto il vice-sindaco di Messina nel suo intervento di saluto, il fallimento del lavoro, di un lavoro, è il possibile fallimento dell’esperienza umana. Pertanto si può stabilire un rapporto tra lavoro e civiltà, prendere il lavoro come misura della civiltà, e identificare la storia del lavoro con la storia della civiltà. E in questo quadro noi possiamo fissare un giorno preciso in cui la civiltà ha raggiunto il suo culmine: ed è stato nella seconda metà del ‘900 quando in Italia, il 20 maggio 1970, è stato promulgato lo Statuto dei diritti dei lavoratori; da lì poi è cominciato il declino, una discesa che ora sta diventando un precipizio.…

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La sfiducia democratica

di Pierre Ronsanvallon

Esiste un approccio di tipo democratico verso la sfiducia. Il fine in questo caso è di vegliare affinché il potere eletto rimanga fedele ai propri impegni, di trovare i mezzi che permettano di sostenere l’esigenza iniziale di un servizio per il bene comune

(…). Ne distinguerò tre modalità principali: i poteri di sorveglianza, le forme di interdizione, l’espressione di un giudizio. All’ombra della democrazia elettorale-rappresentativa, questi tre contro-poteri delineano i contorni di quel che propongo di chiamare contro-democrazia. Questa contro-democrazia non è il contrario della democrazia; è piuttosto la forma di democrazia che contrasta l’altra, la democrazia dei poteri indiretti disseminati nel corpo sociale, la democrazia della sfiducia organizzata di fronte alla democrazia della legittimità elettorale. La contro-democrazia fa in tal modo sistema con le istituzioni democratiche legali. Mira a prolungarne ed estenderne gli effetti; ne costituisce il contrafforte (…). Tutti gli indicatori della fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche rivelano una forte tendenza al declino (…). Così la scienza politica si è sforzata di distinguere le forme di «partecipazione non convenzionale», constatando che queste si moltiplicavano proprio mentre sembrava diminuire la frequenza alle urne.…

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La borsa e la vita. Come redistribuire il lavoro

di Claudio Gnesutta

Redistribuire l’orario di lavoro è oggi una questione sostanziale di giustizia e benessere. Una recensione al libro di Marco Craviolatti, Ediesse edizioni

L’impressione che le politiche attuali prospettino un futuro dalle condizioni di vita meno equilibrate è attestata dall’osservazione che disoccupazione e precarietà di reddito e di vita sono la realtà immanente per gran parte dei lavoratori. Non si può certo essere ottimisti in presenza di un progresso tecnico che, invece di ridurre il carico di lavoro individuale, riduce il numero dei lavoratori occupati; di una fase storica in cui più che attendersi una crescita della produzione se ne paventa il ristagno; di un contesto in cui la piena occupazione e la tutela dei diritti dei lavoratori sono spariti dagli obiettivi della politica; di una pressione dell’ideologia neoliberista per ulteriori deregolamentazioni del rapporto di lavoro che accentuano la subordinazione dei lavoratori all’impresa. “L’effetto dei nuovi rapporti di potere è evidente. Erodendo passo dopo passo le conquiste dei lavoratori, il capitale globalizzato guarda alle condizioni della società industriale di fine Ottocento: welfare state ridotto a funzioni minimali, ruolo dello stato limitato all’ordine pubblico, contrazione dei salari fino al livello minimo di «riproducibilità» della forza lavoro, condizioni e tempi totalmente modulabili secondo le esigenze dell’impresa”.…

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Lettera sulla miseria, la cura e l’Europa

di Laura Fortini

Care amiche del gruppo del mercoledì,

ho letto, come sempre, con grande attenzione il vostro documento “Dei legami e dei conflitti. Che accade se l’Europa si prende cura?” e ne ho apprezzato, ancora una volta la tensione generosa a fare della vostra riflessione contributo al discorso pubblico. Vorrei cercare di mettere a fuoco una questione di nominazione e di simbolico, per corrispondere, per quanto mi è possibile, alla vostra esposizione. Uso il termine esposizione non a caso, perché in questo momento storico mi sembra che ci sia un’eccessiva esposizione di quello che si potrebbe definire il corpo della miseria sociale: in forma di vittime, però, dell’impoverimento complessivo, delle misure o mancate misure nei confronti della crisi economica di anziani, donne e bambini, curiosamente assenti gli uomini cassaintegrati, licenziati, senza lavoro, se non che quando essi rientrano nella categoria dei giovani; oppure vi è silenzio e quindi sostanzialmente una rimozione. Rimozione della materialità della vita, del suo farsi e disfarsi materiale, innanzitutto.…

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Solidarietà la più fragile e necessaria delle utopie

di Roberto Esposito

Nel nuovo saggio Stefano Rodotà illustra il destino di un principio nobile ma debole che ritorna nell’era della disuguaglianza.

Nel Gargantua e Pantagruel Rabelais racconta che, pronunciate nel freddo dell’inverno, alcune parole gelano e non vengono più udite, per poi, quando cambia la stagione, tornare a parlarci. È quanto sembra accadere alla categoria di solidarietà, cui Stefano Rodotà dedica il suo ultimo saggio, edito da Laterza col titolo Solidarietà. Un’utopia necessaria. Dopo essere stata a lungo esiliata dalla sfera del discorso pubblico, essa torna a riaffiorare con rinnovata attualità in una fase in cui il lessico freddo della scienza politica sembra insufficiente a raccontare la nostra vita.

Con la consueta competenza, congiunta a una straordinaria passione civile, Rodotà ne percorre la genealogia, analizzandone la storia complessa, fatta di slanci e ripiegamenti, di arresti ed espansioni.

Teorizzata all’origine della stagione moderna da La Boétie, Locke, Montesquieu come compenso al dispiegamento dell’individualismo, essa è espressa dal principio di fraternità nella triade rivoluzionaria, insieme a quelli di eguaglianza e di libertà.…

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Partito democratico e cattolicesimo sociale

di Andrea Bigalli*

Nel periodo immediatamente precedente alla nascita del Partito democratico fui invitato ad un dibattito ad una festa dell’Unità sul rapporto tra Chiesa cattolica e politica. Dopo una serie di premesse garbate sul fatto che non spettava a me – anche per il mio ruolo pastorale – definire chi fosse dentro o fuori un partito e ribadendo che la divergenza di opinioni non inficia il rispetto delle persone, dissi che in un partito in cui militasse Paola Binetti non avrei mai messo piede, dal momento che l’aggettivo “democratico” e l’Opus Dei sono incompatibili. In sala risuonò un lungo applauso. Il segretario dell’area metropolitana del partito che mi ospitava spiegò che la loro intenzione era creare un nuovo soggetto politico aperto a tutti e che la concordanza sul progetto era quanto occorreva per accedervi. Binetti in effetti fu eletta nelle file del Pd, fino a quando ne uscì per trasferirsi in altre formazioni politiche più centriste. Le posizioni che assunse per esempio nei confronti dell’identità omosessuale la posero in contrasto con buona parte della base del Pd stesso, nonché con quella componente del mondo cattolico che non si sognerebbe mai di definire questa identità «una devianza della personalità».…

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Dal cristianesimo alle origini del monachesimo

di Angelo Tomirotti

L’autore ci offre una buona compilazione della storia europea, osservata però dal punto di vista della religione; la narrazione è chiara e precisa, completa e rigorosa; la lettura risulta agevole, benché nulla sia concesso alla superficialità ed all’approssimazione. Il lettore viene introdotto nel mondo dei seguaci di Gesù risorto e viene accompagnato per l’intero medioevo, da un protagonista all’altro della faticosa espansione della dottrina cristiana lungo i secoli, a partire dagli apostoli e fino agli imperatori romani e germanici, ai condottieri barbarici, ai santi di ogni schiatta. Si tratta di un affresco assai vasto, nel quale trovano posto tanto gli individui, quanto le comunità, che hanno partecipato al grandioso compito di trasformare il variopinto mondo pagano, in continua ebollizione, in un disciplinato universo, unificato dalla fede nel Redentore, guidato con ferrea disciplina dall’autorità dei suoi vescovi, anche se a tratti tormentato da ribellioni ereticali diffuse fra le masse desiderose di raggiungere un’autentica perfezione evangelica. I personaggi più eminenti sono presentati con nitidezza di particolari nelle ricche note a pié di pagina, sono accompagnati da un’essenziale descrizione del contributo offerto al traguardo comune e sono inquadrati nei limiti temporali entro cui si è sviluppata la loro attività.…

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In una parola/Ottantanove

di Alberto Leiss

A rigore un numero non è una parola. O forse è una parola particolare, bisogna pur pronunciare il nome di un numero per significarlo… Ma certi numeri si caricano di significati che vanno ben al di là dell’indicazione quantitativa che una cifra esprime. Da qualche giorno i media ridondano di rievocazioni del crollo del muro di Berlino, avvenuto 25 anni fa, nel 1989. In genere ci si chiede se oggi predomina il pessimismo o l’ottimismo, rispetto alle speranze suscitate da quell’evento largamente imprevisto. Ne ha parlato su questo giornale sabato scorso, come sempre con grande sensibilità e acuta ironia, Luciana Castellina. Appoggio, per quel che vale, senza riserve la sua proposta di dar vita a un “partito dei nonni”, non per insegnare ai giovani che cosa debbano fare, ma per “uscire dal mutismo” che almeno due generazioni hanno conservato sul bene e sul male vissuto nell’epoca che quel 9 novembre dell’Ottantanove sembra aver definitivamente chiuso. Anche se tanti spettri generati in quella storia continuano a vagabondare, reclamano di essere finalmente riconosciuti, forse per poter tornare a riposare in pace.…

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Dal Sinodo dei Vescovi alla Chiesa sinodale

di Raniero La Valle

Conclusa la prima fase del Sinodo dei vescovi, la Chiesa è rimasta in stato sinodale, e vi resterà, nella riflessione e nella consultazione, fino alla sessione conclusiva del Sinodo, quella deliberativa, che si celebrerà nell’ottobre dell’anno prossimo. È da presumere però che anche dopo l’assemblea dell’anno prossimo la Chiesa cattolica resterà in stato sinodale: sia perché le materie affrontate (che, attraverso l’ottica della famiglia, investono in realtà l’intera condizione della vita cristiana) non potranno considerarsi esaurite o regolate una volta per tutte con le prossime deliberazioni, sia perché l’azione di papa Francesco ha già modificato profondamente l’istituzione sinodale, trasformandola da riunione periodica e autoreferenziale di vescovi a una modalità permanente della vita e del governo della Chiesa. Francesco aveva espresso questa intenzione già prima dell’assemblea di ottobre, quando l’8 aprile del 2014 aveva scritto una lettera, inaspettatamente solenne, al Segretario generale del Sinodo, cardinale Baldisseri, per informarlo di aver deciso di fare vescovo il sotto-segretario del Sinodo, don Fabio Fabene; e la motivazione era di mettere in evidenza lo “scopo precipuo” del Sinodo dei vescovi “che consiste nella comunione affettiva ed effettiva” dei vescovi tra loro e col papa, ai fini di una partecipazione dei vescovi “alla sollecitudine del Vescovo di Roma per la Chiesa Universale”.…

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Art.18, un valore per tutti

di Guglielmo Ragozzino

L’articolo 18 della legge 300/1970 è stato considerato per molti anni come il simbolo della giustizia sociale, in fabbrica e fuori. «Il capo guadagna 10 o 100 volte più di me, può fare gli orari e le vacanze che vuole, assumere chi gli sta a cuore, però una volta che io sono lì, al lavoro, non può mandarmi via. Il posto di lavoro è anche mio. C’è un giudice (a Berlino) che, nel caso, me lo darà indietro».

La giustizia sociale così espressa – lo abbiamo detto e ripetuto – era fatta propria da tutti i lavoratori dipendenti, del settore pubblico e di quello privato, dai lavoratori autonomi e dai senza lavoro. I dipendenti pubblici come gli insegnanti, compresi le giovani maestre precarie, oppure scrittori e avvocati parteciparono alla grande manifestazione del Circo Massimo il 23 marzo 2002, fatta dalla Cgil di Sergio Cofferati, senza badare al fatto che l’articolo in questione non li riguardava. Era una cosa giusta, per tutti, era indivisibile come la giustizia.…

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