Il virus imprevisto, e la fine di un mondo

di Elettra Diana

All’inizio sembrava una cosa da poco, su cui scherzare, sparare il solito carico di razzismo italico, soprattutto, stavolta, contro i Cinesi che per primi ne erano stati infettati. Alla tv avevamo visto la città di Wuhan, della provincia dell’Hubei dove Covit19 si era manifestato con notevole violenza,ed era una città incredibilmente deserta in tutte le strade e i droni dal cielo ingiungevano autoritari ai rari passanti di andare subito a casa. E a molti quel ruolo del drone era sembrata qualcosa di inverosimile oppure, bisogna dire, la conferma del regime autoritario che governa la Cina. Poi all’improvviso tutto è cambiato e, a cominciare dal nord del nostro Paese, da quella parte più ricca, moderna, orgogliosa del proprio operato in ordine all’economia, sulla salute pubblica, a tutto, un’intera generazione ha cominciato ad andarsene in silenzio, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Se ne sono andati senza le preghiere dei morti, senza gli addii laici, senza un fiore sulla tomba e senza gli affetti dell’ultima ora.…

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Chiesa italiana, pandemia, Papa Francesco: intervista al sociologo Franco Garelli

di Roberto Rosano

In questi giorni, si è risolta la clamorosa polemica tra la Conferenza episcopale italiana e il governo, seguita alle disposizioni contenute nel dpcm in vigore dal 4 maggio, che escludevano la possibilità di celebrare messe in presenza del popolo ed aprono ai funerali con un massimo di 15 persone. Nel bel mezzo della controversia, papa Francesco ha richiamato la CEI all’«obbedienza» delle disposizioni governative e alla «prudenza», sollevando l’indignazione della destra cattolica fieramente attestata su posizioni antigovernative. Una vicenda che riflette le divisioni e la complessità della realtà cattolica italiana.

Nel tentativo di far luce su questa complessità, ci siamo rivolti a Franco Garelli, uno dei massimi osservatori dello scenario religioso italiano. Nei suoi numerosi lavori, quasi tutti pubblicati con Il Mulino, ha scandagliato la vita della fede cattolica e i suoi urti di rimando sulla collettività: I giovani, il sesso, l’amore (2000), L’Italia cattolica nell’epoca del pluralismo (2006), Piccoli atei crescono (Davvero una generazione senza Dio?) (2016).…

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Giovanni Falcone

di Tonio Dell’Olio

Giovanni Falcone che ci insegna la pazienza dei tempi lunghi per sconfiggere innanzitutto la smania del “tutto e subito” che, tradotto, significa “poco e approssimativo”. Perché per tentare di sconfiggere le mafie ci vuole studio e applicazione, dice Falcone. Esattamente il contrario del clamore che può muovere gli applausi e riempire i salotti della televisione ma, investigativamente parlando, è polvere e fumo. Giovanni Falcone significa l’intuizione delle indagini patrimoniali e la capacità di seguire il filo dei soldi, tracciare il loro cammino fino a scoprire i punti nevralgici di traffici e corruzione e la complicità di paradisi fiscali. Giovanni Falcone è il San Sebastiano colpito dalle frecce dei corvi animati da invidia, ignoranza o, peggio, complicità e connivenze. Ma lui tira dritto sapendo a cosa va incontro e, inflessibile, indaga anche il collega “ammazzasentenze” perché lo spirito di corpo è nemico della trasparenza. Giovanni Falcone è la grande intuizione di sporgersi oltre i confini per condividere conoscenze e risultati.…

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Nadia Urbinati e il populismo

di Matteo Mameli e Lorenzo Del Savio*

Nel suo ultimo libro, “Io, il popolo: come il populismo trasforma la democrazia” (Il Mulino, 2020), Nadia Urbinati analizza il populismo contemporaneo facendo astrazione dalle dinamiche socio-economiche che negli ultimi decenni lo hanno condotto al successo. Mai come oggi però l’intento di giudicare la bontà delle idee e dei sistemi politici senza tener conto del loro impatto contestuale sembra destinato a fallire.

Nel suo ultimo libro — Io, il popolo: come il populismo trasforma la democrazia (Il Mulino, 2020) — Nadia Urbinati afferma che il populismo è una patologia delle democrazie moderne. Secondo questa prospettiva, il populismo è democratico ma solo in forma degradata. Mentre il fascismo abolisce la democrazia, il populismo la sfigura. In cosa consiste questo sfiguramento? Urbinati insiste sulle differenze tra i movimenti popolari di protesta e contestazione (che usano la retorica populista ma non incarnano le forme del potere populista) e i movimenti populisti (che invece aspirano al governo e, talvolta, lo ottengono).…

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Tutto il potere al potere: Genova e il cratere del sisma

di Mario Di Vito

Il 24 agosto saranno quattro anni dal terremoto del Centro Italia ma nessuna ricostruzione è ricominciata nei 138 comuni del cratere. I cittadini ora sognano, sulle parole del premier, il Modello Genova. Forse anche il commissario Legnini. Ma è solo dal basso che si può guarire la ferita di fiducia.

Quando lo scorso 28 aprile a Genova è stato posato l’ultimo tratto d’acciaio del nuovo ponte (ex) Morandi, probabilmente buona parte degli italiani avrà pensato che, forse, vivere in un Paese normale è possibile. Sono serviti seicentoventi giorni per passare dalla tragedia al futuro, non pochissimi ma nemmeno troppi, in fondo. Ai confini della realtà, in un territorio montuoso a cavallo tra le Marche, l’Umbria, il Lazio e l’Abruzzo, il 24 agosto saranno ufficialmente quattro anni dal giorno in cui è cominciata una serie di scosse sismiche che ha ridisegnato la storia di decine di migliaia di persone e la geografia di almeno 138 comuni. Da allora, sostanzialmente, non è accaduto nulla: cinque decreti, varie norme inserite in altri decreti non esclusivi, cento ordinanze partorite dai commissari alla ricostruzione (quattro in quattro anni), altre ordinanze stilate e diffuse da ciascun comune coinvolto, accordi tra istituzioni e associazioni professionali.…

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Democratizzare il lavoro: tre proposte a 50 anni dallo Statuto dei lavoratori

di Domenico Tambasco

Che differenza corre tra Selvina, giovane immigrata pakistana che in piena pandemia pulisce gli sterminati spazi di un supermercato esponendo sé – e i familiari che la attendono a casa – al rischio di contrarre il letale Covid 19 e il suo capo, Maurizio, che gestisce gli appalti e i servizi a distanza, al chiuso del suo comodo ufficio?

Chi rischia di più tra Massimiliano, dipendente di una società di servizi sanitari a contatto quotidiano con il personale e i pazienti di numerosi ospedali lombardi e Agostino, amministratore unico il quale, tra le quattro mura della sede sociale, non fa altro che lamentarsi del blocco dei licenziamenti decretato dal governo fino ad agosto?

La scontata risposta mette a nudo la falsità del lessico neoliberista, la cui brutale dottrina giustifica lo strapotere proprietario degli azionisti e degli amministratori in quanto “investitori di capitale”.

La realtà degli ultimi drammatici mesi ha evidenziato che non è proprio così.

Chi rischia davvero, chi nelle aziende ha messo e mette frequentemente a rischio la propria vita sono i lavoratori, veri e propri “investitori di lavoro”: uomini e donne che da alcuni mesi a questa parte, ancor più di prima, hanno messo a repentaglio l’incolumità loro e dei loro cari investendo il proprio capitale, ovvero la forza lavoro, nelle aziende per cui sono assunti.…

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Vescovi dell’Amazzonia: non solo il Covid sta sterminando i popoli indigeni e la Madre Terra

Colombia2020

Si rivolge alla società civile mondiale, ai governi, alla Chiesa cattolica, a tutte le confessioni religiose e agli uomini di buona volontà che si preoccupano della Creazione l’allarme lanciato dalla Repam (Rete Ecclesiale Panamazzonica composta da 9 Paesi della regione: Brasile, Venezuela, Guyana francese, Guyana britannica, Suriname, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia) per l’enorme “onda d’urto” che si sta abbattendo sulle popolazioni indigene e il bioma dell’area stretta tra la morsa della pandemia che colpisce esseri umani molto vulnerabili e l’aumento incontrollato della violenza nei territori. A firmare l’appello il presidente, il vicepresidente della Repam, rispettivamente i cardinali Claudio Hummes, Pedro Barreto Jimeno e il segretario esecutivo Mauricio López.

Troppe le criticità nella grande area: in Bolivia mancano quel coordinamento e quella consultazione con i popoli indigeni che aiuterebbero nella lotta contro la pandemia; i vescovi della Colombia sottolineano che «gli indigeni, i contadini e gli afro-discendenti sono i gruppi più a rischio, perché si trovano già in una situazione di povertà strutturale, in condizioni di insicurezza alimentare e malnutrizione, senza accesso al sistema sanitario e all’acqua potabile»; in Venezuela le popolazioni indigene si sentono minacciate da un possibile contagio attraverso le attività minerarie illegali e il passaggio di migranti venezuelani di ritorno; In Brasile, 32 Procuratori del Ministero Pubblico Federale 4 dichiarano che esiste il rischio di genocidio delle popolazioni indigene è concreto per mancanza di azioni di emergenza, mentre la Mobilitazione Nazionale Indigena denuncia che c’è «una chiara intenzione del governo di impedire il funzionamento del Sottosistema Sanitario Indigeno»; in Perù l’allarme è per gli indigeni emigrati nelle città in cerca di lavoro totalmente indifesi e per i quali i vescovi dell’Amazzonia peruviana sollecitano le autorità a sostenere il loro ritorno nelle comunità secondo i protocolli stabiliti dal Ministero della Salute.…

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Pandemia, quello che non sappiamo

di Riccardo Emilio Chesta Nell’incertezza su come affrontare il coronavirus, riscopriamo l’importanza della conoscenza come bene pubblico, parte integrante della nostra democrazia: non è un affare da ‘esperti’, è un tema da aprire alla partecipazione.

Se la pandemia è un fatto sociale totale, per riprendere un concetto dall’antropologia di Marcel Mauss, totale è anche l’incertezza entro la quale si trovano gli attori che dovrebbero governarla. Ciò non bastasse, la dirompenza degli effetti pandemici si manifesta in un regime di urgenza, chiedendo alla politica rapidità ed efficacia, modalità di azione che necessariamente intaccano le procedure democratiche ordinarie.

Quella che caratterizza il Covid19 non è solo la complessità della sua origine patogena e del suo rimedio, bensì una vera e propria «ignoranza» del fenomeno che riguarda tutti, anche se a diversi livelli.

Inserendosi in un dibattito internazionale assai consolidato sul tema, Luciano Gallino[1] contribuì a definire diversi livelli di ignoranza che connotano, paradossalmente, le nostre società tecnologicamente avanzate, dove più che di distinzione tra scienza e tecnologia conviene parlare di relazione, o ancor meglio, delle due si può parlare in maniera univoca, usando il termine di tecnoscienza.…

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Il Covid-19 tra cura e potere

di Bianca Maria Pomeranzi

In questo momento di crisi, in cui il virus ci sta rivelando i limiti della nostra organizzazione sociale, il rovesciamento del “paradigma della cura” serve a pensare la ricostruzione in un modo nuovo, imparando dalle femministe latino americane.

La “pausa” che ha coinvolto più della metà della popolazione mondiale per quasi due mesi a causa del Covid 19 sta arrivando agli sgoccioli e, come una gigantesca onda che si ritira dopo uno tsunami, lascia intravedere un panorama lunare e sconosciuto, segnato dallo sconvolgimento delle vite e degli immaginari singolari e collettivi. Il desiderio di uscire in fretta da questa condizione di segregazione è comune, ma diverse sono le idee sulla possibile ripresa perché il rovesciamento tra i tempi dedicati alla produzione e alla riproduzione, campo privilegiato dell’analisi femminista, e lo spostamento dei contatti dal reale al virtuale hanno fatto intravvedere nuove possibilità e nuove minacce sia a chi vuole tornare “come prima” sia a chi ritiene che quella “normalità” fosse il problema.…

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Sfuggire all’idolatria dell’incarnazione

di John Shelby Spong

Alcuni anni fa, mentre ero in conversazione con il decano di un seminario teologico, egli ha espresso ciò che sicuramente pensava fosse una dichiarazione sicura: “Io baso la mia fede sull’incarnazione”. Per questo decano l’incarnazione era una sorta di Linea Maginot. Era già sottinteso sia in parole sia in atti che io non ero più un “vero credente”. Con suo sgomento, ho risposto: “Io no”. Sorpreso della mia affermazione, sebbene io sospetti che l’abbia vista come una conferma della mia eresia, è rimasto silenzioso. Quando è sfidata una Linea Maginot, segue sempre il silenzio. In questo capitolo mi volgo a ciò che è diventata per i cristiani tradizionali una parola in codice: “incarnazione”.

Cosa significa “incarnazione”? Non è chiaramente un concetto biblico. Riflette piuttosto la mentalità dualistica greca del quarto secolo in cui è nato. Essa afferma che il Dio esterno, teistico e soprannaturale, ha assunto la forma e la carne di una vita umana. In questo processo, i teologi cristiani hanno sostenuto per secoli, contro ogni evidenza del contrario, che né la divinità di Dio né l’umanità della vita biologica di Gesù erano state compromesse in quest’affermazione che chiamavano “incarnazione”.…

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