Chiusano, il germanista che non amava il culto del “divino” Hesse
Si definiva un germanista senza cattedra e non se la prendeva di certo se qualcuno lo considerava un divulgatore: anzi se lo diceva da solo, come nella prefazione alla raccolta di pezzi brevi Literatur ( Rusconi, 1984), testimonianza di una lunga attività di critico militante (come si diceva una volta) iniziata sul Dramma di Lucio Ridenti e proseguita poi sulla Fiera letteraria di Angioletti e soprattutto su Repubblica che, all’epoca, non aveva ancora compiuto i dieci anni di vita. La verità è che Chiusano, di cui cadono i vent’anni dalla morte, amava discorrere e i suoi interventi critici hanno proprio l’affabilità di un discorso tra amici ai quali spiegare la “ratio” di questa o quella lettura. Si prenda per esempio il pezzo su Heinrich Mann e sul suo ormai leggendario Professor Unrat poi diventato, grazie al film di Sternberg, L’angelo azzurro . Chiusano comincia ammiccando al fatto che il romanzo di Heinrich Tra le razze poteva anche scriverlo Thomas Mann, perché i due fratelli avevano sempre avuto un occhio per i loro ascendenti, gli anseatici del ceppo paterno patrizio e mercantile e i latino-americano di quello materno, i Da Silva-Bruhns.…
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