Pino Pinelli, una sentenza non definitiva

di Antonio Bevere

Una risposta ufficiale agli interrogativi sugli ultimi momenti di vita di Giuseppe Pinelli è contenuta nella sentenza 27 ottobre 1975 dal giudice istruttore del tribunale di Milano, a conclusione dell’istruttoria formale, condotta a seguito della denuncia presentata il 24 giugno 1971 da Rognini Licia, vedova di Giuseppe Pinelli, contro agenti e funzionari di polizia

La decisione istruttoria, non essendo stata impugnata, ha acquistato forza di giudicato, con efficacia preclusiva di altro giudizio per i medesimi fatti e contro le medesime persone, in quanto non sono sopravvenute nuove prove che abbiano legittimato la riapertura dell’istruttoria. La sentenza quindi contiene sulla causa della morte di Giuseppe Pinelli, una verità ufficiale e formalmente immodificabile, pronunciata dal competente organo dello Stato, “in nome del Popolo Italiano”.

Il giudice istruttore ha dichiarato non doversi procedere per il delitto di omicidio doloso, a carico del commissario Calabresi e di altri poliziotti perché il fatto non sussiste; per il delitto di fermo illegale a carico del commissario Allegra, per amnistia; per il delitto di omicidio colposo a carico del Calabresi, per omesso impedimento del suicidio di Pinelli: il giudice ha escluso che Pinelli si fosse sentito incastrato da gravi indizi per la strage di piazza Fontana e che, grazie a un’imprudente libertà di movimenti, con scatto fulmineo, si fosse buttato dalla “finestra a balcone” del quarto piano della questura.…

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“Pinelli, una storia”. Elogio di una vita libera e irregolare

di Francesca Gruppi

Era il 1962 quando Luciano Bianciardi raccontò il lato oscuro «di un fenomeno che i più chiamano miracoloso, scordando, pare, che i miracoli veri sono quando si moltiplicano pani e pesci e pile di vino, e la gente mangia gratis tutta insieme, e beve». La Milano del «miracolo balordo» di Bianciardi – dove crescono il Pil i consumi e i bisogni purché tutti «siano pronti a scarpinare» e dove la vita, per molti, è agra – è la stessa di Giuseppe Pinelli. La racconta in modo delicato il libro di Paolo Pasi, Pinelli. Una storia, (Elèuthera, pp. 184, euro 16), pubblicato a 50 anni esatti dalla morte del «ferroviere anarchico» come il saggio di Paolo Brogi, Pinelli. L’innocente che cadde giù (Castelvecchi, pp. 160, euro 15). Se la ricerca di Brogi è un ulteriore tassello nella ricerca della verità sul caso Pinelli, il libro di Pasi si pone un obiettivo diverso: «ricostruire la vita di un uomo di cui si è scritto molto, ma solo per raccontare le circostanze della sua morte».…

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Disinvestire

di Tonio Dell’Olio

Nonostante la persistenza di teorie negazioniste e di illusorie prospettive fideiste nella scienza e nella tecnica, sono tanti i movimenti, le associazioni, i gruppi spontanei che, in vario modo, si sono organizzati per fare pressioni o intraprendere iniziative per arginare i disastri del surriscaldamento del pianeta. Tra questi, il Movimento cattolico mondiale per il clima (Gccm) che ha assunto l’Enciclica Laudato si’ come proprio statuto, sta portando avanti una campagna efficace per chiedere alle realtà religiose (diocesi, parrocchie, istituti, servizi…) il disinvestimento dai combustibili fossili. “Salvaguarda il creato e tutti coloro che lo condividono – si legge nel sito web – impegnando la tua istituzione a disinvestire dai combustibili fossili. Vi sono tre modi per prendere tale impegno: Liberati di tutti i tuoi investimenti in combustibili fossili; Liberati di una parte dei tuoi investimenti in combustibili fossili; Se non disponi di alcun investimento in combustibili fossili, impegnati a non effettuarne in futuro”. Dobbiamo pretendere da banche, fondi pensioni e altro che rendano noto il modo in cui fanno fruttare il nostro denaro.…

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Non abbiamo speranza al di fuori della nostra terra. Intervista a Leita Rocha

di Claudia Fanti

Tra i tanti leader indigeni venuti a Roma per il Sinodo sull’Amazzonia, durante il quale hanno potuto far conoscere la situazione dei rispettivi popoli, denunciando invasioni, violenze ed abusi, Leila Rocha, leader del popolo Guarani Nhandeva nel Mato Grosso do Sul, ha lasciato sicuramente un segno tra chi, da Trento a Roma, ha avuto l’occasione di incontrarla durante la sua permanenza in Italia. Rappresentante del Consiglio Aty Guasu (la Grande Assemblea generale dei Guarani Kaiowá) e della Kuñague Aty Guasu (la Grande Assemblea delle donne Kaiowá e Guarani), Leila Rocha ha portato in Italia la tragedia di cui è vittima il suo popolo.

È da decenni, infatti che, nello Stato brasiliano del Mato Grosso do Sul, i Guarani Kaiowá – una delle tre etnie guarani presenti in Brasile – lottano per fare ritorno nelle terre dalle quali furono espulsi, oggi deforestate e invase dai latifondisti. Un destino comune ai popoli originari del Brasile, dove i tentativi di annientare le comunità tradizionali sono stati nel corso del tempo molteplici e ripetuti e dove sono ancora 821, su 1.290, le terre indigene ancora in attesa che si concluda il processo di demarcazione (un processo che avrebbe dovuto essere portato a termine entro 5 anni dalla promulgazione della Costituzione brasiliana del 1988).…

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