Don Minzoni

di Massimo Gnezda

Il 23 agosto 2023 si è celebrato il centesimo anniversario del martirio di don Giovanni Minzoni. L’agile e scorrevole biografia proposta dall’A. riesce nell’intento di offrirci un profilo completo del parroco di Argenta, partendo dall’infanzia, dalla formazione umana, culturale (conseguì a Bergamo la laurea in Scienze sociali) e religiosa, e soffermandosi inoltre sul periodo della Grande Guerra, a cui partecipò facendosi reclutare come cappellano militare. Don Minzoni, ufficiale nel 255° reggimento fanteria della brigata Veneto, si contraddistinse anche per gesta eroiche, che consentirono di evitare la perdita di molte vite. Per questo nel giugno del 1918 fu decorato di medaglia d’argento «alla presenza del duca d’Aosta e del generale Diaz» (p. 84). Si delinea così l’eroismo di un uomo di pace, sempre pronto a impedire che le dinamiche degli scontri degenerassero, come quando evitò che un gruppo di austriaci fatti prigionieri venissero uccisi sommariamente. Don Minzoni, anche nel vortice distruttivo della guerra, rimase un pastore e un lettore attento e critico degli eventi.

Il suo rientro ad Argenta fu contrassegnato da un «clima di grande rispetto». Per lui si trattava di riprendere e rilanciare tutte le attività apostoliche, che aveva avviate negli anni precedenti e che gli avevano già fatto guadagnare la stima e il rispetto anche di chi non frequentava la chiesa: il centro giovanile con la sala cinematografica, la filodrammatica e l’oratorio maschile, che dal gennaio 1920 furono affiancati dal circolo «Giosuè Borsi». Si trattava di formare delle «coscienze solide»; per il parroco di Argenta c’era l’urgenza di «contrastare la crescente confusione che dilaga in tutti i settori del Paese» (p. 94). Don Minzoni si preoccupò anche delle giovani, fondando una filodrammatica mista, «fatto, questo, veramente rivoluzionario per quei tempi» (p. 95) e conseguentemente una sezione della Gioventù cattolica femminile.

Tutto questo non fu, come sappiamo, sufficiente ad arrestare la diffusione dei Fasci e dello squadrismo, tanto più in una terra, la Romagna, contrassegnata dalla lotta politica e da azioni sempre più violente. Le azioni squadriste intimidatorie e violente coinvolsero anche l’Argentano, e lo stesso circolo «Giosuè Borsi» nel gennaio del 1923 subì un attentato che non turbò don Minzoni, anzi lo portò con maggiore determinazione a «sostenere apertamente quegli uomini che, nella legalità, tentano di opporsi alla nascente dittatura» (p. 112). Da qui la sua adesione al Partito popolare di don Sturzo. Anche la formazione di un reparto scout nel luglio del 1923 rientra in questa sua coraggiosa contrapposizione allo squadrismo fascista. L’A. riporta una sua lettera a difesa dell’associazionismo scoutistico, inviata con ogni probabilità allo stesso podestà di Argenta: «Termino con un monito – scrive don Giovanni – che deve essere ben sentito da chi ha la vera coscienza di un italiano. Non monopolizziamo le coscienze che sarebbe un assurdo, ma cerchiamo di apprezzare, stimare, fraternizzare tutto ciò che torna a giovamento per la famiglia comune che è la patria nostra» (p. 124). Don Minzoni fu barbaramente assassinato il mese seguente. Un martirio inevitabile di un uomo di Chiesa che non ammetteva servilismi e che non si era piegato in nessun modo alla barbarie.

Di particolare rilievo risulta la parte conclusiva del saggio, che ricostruisce dettagliatamente anche la vicenda giudiziaria dell’omicidio di don Minzoni, inevitabilmente ostacolata per anni dal regime fascista, che portò alla condanna degli esecutori materiali e del mandante soltanto nel 1947. L’A. ricorda infine come il parroco di Argenta fosse stato riconosciuto da subito come un martire dell’antifascismo anche al di fuori dei «confini» della Chiesa: «La parola e la vita di Don Minzoni – si legge in un corsivo de L’Avanti, all’indomani del delitto Matteotti, nell’agosto del 1924 – costituivano un’aspra rampogna contro l’oppressione, contro il regime. Può sembrare strano ai superficiali, ma fra i due uomini così lontani apparentemente, sta una identità morale perfetta […]. Due figure, due caratteri, due uomini, due esempi» (p. 145).

(recensione a Alberto Comuzzi, Don Minzoni, San Paolo editore 2023)

(laciviltacattolica.it, 19 febbraio 2024)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *