Storia di Anna che fece l’Italia
di Giorgio Lonardi e Mario Tedeschini Lalli
Ancora poche settimane fa, l’8 marzo, per celebrare i quarant’anni dall’ingresso della prima donna nel corpo della polizia locale e i settanta dal voto alle donne, il Comune di Milano ha installato davanti al municipio una celebre fotografia: la ragazza sorridente che sbuca dalla pagina del Corriere della Sera il giorno della proclamazione della Repubblica, nel giugno 1946. E’ stato così per decenni. La foto di Federico Patellani è stata utilizzata per articoli e libri, mostre e manifestazioni politiche, una foto-icona, una splendida e anonima donna chiamata a impersonare la gioventù e la speranza di un Paese dopo il fascismo e la guerra. Oggi, a settant’anni di distanza, lo splendore di quel sorriso resta, il significato di quello scatto anche, ma l’anonimato non c’è più: quel simbolo ha un nome, un cognome e una sua storia. Che proponiamo alla vigilia delle celebrazioni del 25 aprile, e che scopriremo intrecciata in molti modi con quella del giornalismo italiano.
La foto fu pubblicata per la prima volta il 15 giugno del 1946 sulla copertina del settimanale Tempo, fondato nel 1939 da Alberto Mondadori sull’esempio dell’americano Life e riportato in edicola da Arturo Tofanelli all’inizio del ‘46. Federico Patellani, uno dei più celebri fotogiornalisti italiani (anzi quello che il fotogiornalismo in Italia praticamente lo inventò), lavorava a tempo pieno nella redazione. Nei mesi precedenti, il settimanale aveva parlato pochissimo del referendum monarchia-repubblica del 2 giugno. Solo all’immediata vigilia del voto comparve in copertina una “Ragazza repubblicana” con un’edera appuntata sul golfino e un editoriale di Tofanelli si schierò nettamente per la repubblica. Dopo un’altra una settimana di incertezza, finalmente arrivò in edicola la famosa copertina con l’esplicito titolo “Rinasce l’Italia”. Per ottenere l’immagine Federico Patellani aveva fatto scattare quarantuno volte la sua Leica, come si vede dai provini a contatto conservati presso il Museo della Fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo. Alcune immagini ritraggono la donna davanti a un muro coperto di manifesti; in altre legge il giornale; in altre ancora una mano impugna il quotidiano mentre l’altra è sollevata in segno di gioia. Infine la serie con l’idea: il giornale bucato dal quale “rinasce l’Italia”.
Fino a oggi, tuttavia, non si sapeva dove fossero state scattate le foto. Soprattutto, non si sapeva chi fosse la donna col vestito di cotonina stampato e un piccolissimo orologio al polso. Ma all’inizio del 2016, dopo aver letto un nostro articolo online di qualche mese prima che invitava a collaborare per risolvere il mistero, un lettore ci ha scritto: “… affinché sia dato giusto onore alla figura sorridente che con il suo volto giovane sbuca dalla pagina del “Corriere della sera” dal lontano 1946, vorrei dirle che quel volto ha un nome…”. E il nome è quello di Anna Iberti, futura moglie di Franco Nasi, uno dei primi giornalisti de Il Giorno. La nostra fonte chiedeva l’anonimato e non aveva notizie recenti, è stato perciò necessario scavare un po’ per arrivare alla famiglia, trovare conferma alla nostra ricerca e infine venire a sapere che Anna è mancata nel 1997.
Gabriella Nasi vive ancora nell’appartamento dei genitori in un quartiere semicentrale di Milano, dove custodisce poche stampe del famoso servizio fotografico, qualche giornale con la riproduzione dell’immagine più nota e vari album di ricordi famigliari. «Quasi quasi mi spiace che diventi pubblica questa cosa che per tanti anni è rimasta in famiglia», ci dice sorridendo. «La mamma era un tipo molto riservato», conferma la sorella Manuela: «Parlava poco di questa cosa». Nel giugno 1946 Anna Iberti aveva ventiquattro anni e non era ancora sposata. Dopo le scuole magistrali aveva brevemente insegnato e in quel momento lavorava nell’amministrazione del quotidiano socialista Avanti!. Il padre Alberto, caporeparto in una delle fabbriche automobilistiche milanesi (l’Alfa Romeo o la Isotta Fraschini) era un vecchio socialista. In diversi ambienti, negli anni passati, si era diffusa la voce che la ragazza della foto fosse stata una giovane partigiana, ma le figlie lo escludono: «No, non era il tipo», dicono, anche se per tutta la vita la signora Anna mantenne un forte interesse sociale, impegnandosi per esempio come volontaria per i progetti del Cam, il Centro ausiliario per i problemi minorili.
Franco Nasi aveva la stessa età di Anna e anche lui probabilmente lavorava al quotidiano socialista al momento del referendum. Ma di lì a sei mesi, gennaio 1947, la corrente socialdemocratica si staccò dalla maggioranza Psi, allora alleata con i comunisti, la redazione dell’Avanti! si divise dando vita alla Umanità, organo del nuovo partito. Anche Anna Iberti passò a lavorare all’Umanità, dove Nasi diventerà capocronista. Si sarebbero sposati nel giugno 1949, accompagnati da trafiletti augurali di tutta la stampa milanese, senza distinzioni politiche. Testimoni di nozze alcuni dei più noti giornalisti del dopoguerra, come Paolo Murialdi e Mino Monicelli, anche loro all’epoca all’Umanità. Negli anni successivi Franco Nasi avrebbe lavorato, fra le altre testate, per il Corriere della Sera, poi a lungo e in due riprese per il Giorno, come inviato de La Stampa e vicedirettore della Domenica del Corriere. Anna, invece, lascerà presto il lavoro, per vivere una vita di madre di famiglia e di forte impegno sociale.
Pur non raccontando molto della sua esperienza di “modella”, Anna Nasi «era orgogliosa di quella storia lì», ricordano gli amici che la frequentarono molti anni dopo. Un giorno, negli ultimi tempi, passando davanti a un’edicola che riproponeva per l’ennesima volta la sua vecchia foto su qualche copertina, fece notare alla figlia che la repubblica italiana appariva messa male rispetto alle speranze di tanti anni prima. «Come me, del resto», aggiunse con un sorriso.
Non si sa come Patellani sia arrivato a chiedere a Anna Iberti di posare per la foto del referendum. Il figlio Aldo, che all’epoca aveva otto anni e che collaborerà strettamente con il padre negli anni Cinquanta e Sessanta, non ricorda alcuna particolare frequentazione tra le due famiglie ed è sorpreso della circostanza, tanto più che aveva frequentato professionalmente Franco Nasi all’epoca della Domenica del Corriere.
Un unico dettaglio relativo alla fotografia emerge dagli scarni racconti che Anna fece alle figlie, e cioè che il servizio fu effettuato «sulla terrazza dell’Avanti! ». Molte immagini del servizio mostrano in realtà manifesti e giornali murali e sono state dunque realizzate per le strade di Milano. In una di quelle riprese dall’alto in basso, tuttavia, si scorge sulla destra il tetto di un edificio: sì, le foto più note della serie sono state fatte su una terrazza. All’epoca l’indirizzo ufficiale della redazione milanese dell’Avanti! era via Senato 38, l’entrata laterale del celebre Palazzo dei giornali di piazza Cavour. Inaugurato da Mussolini nel 1942 come sede del Popolo d’Italia, nel Dopoguerra ospiterà a lungo gli uffici di tutte le più importanti testate nazionali e internazionali. Fu quindi sul tetto di questo edificio simbolo del giornalismo che venne scattata la foto simbolo della nuova Italia repubblicana.
La redazione di Tempo era altrove, ma Patellani aveva amici e colleghi in altre testate e qualcuno di questi potrebbe avergli fatto conoscere Anna. Ci piace immaginare che possa essere stato Paolo Murialdi, testimone delle nozze Iberti-Nasi, che proprio nel 1946 cominciò a lavorare all’Avanti! e a collaborare con il settimanale. Murialdi, che negli anni Cinquanta parteciperà con Nasi all’avventura de Il Giorno, sarà poi celebre sindacalista e studioso del giornalismo.
Del resto questa è una storia tutta dentro al mondo del giornalismo, quasi un gioco di specchi: per la copertina di un settimanale un giornalista fotografa l’impiegata di un giornale, a sua volta prossima moglie di un giornalista, sul tetto di una redazione, mostrando la prima pagina di un quotidiano, foto che viene riproposta sullo stesso quotidiano e altri innumerevoli giornali per settant’anni.
Il gioco di specchi si complica di ulteriori rifrazioni — come peraltro i giochi di specchi tendono a fare — se osserviamo lo scatto numero19 del rullino numero 1124: i giornali murali con i risultati del referendum coprono solo in parte il manifesto “Votate per la monarchia”, con la foto di Umberto di Savoia, Maria José e i principini sorridenti nei giardini del Quirinale. Quella immagine, che avrebbe dovuto essere il simbolo dell’Italia monarchica, era anch’essa di Federico Patellani, parte di un servizio realizzato a Roma poche settimane prima del voto. D’altra parte, ricorda Aldo sorridendo, suo padre, l’autore dell’icona della repubblica, «era monarchico».
(www.repubblica.it, 24 aprile 2016)