Respinte le dimissioni del Card.Marx, un vescovo che si sente responsabile
di Ludovica Eugenia
Con una lunga lettera molto affettuosa, papa Francesco ha rimandato al mittente le dimissioni rassegnate dal card. Reinhard Marx da arcivescovo di Monaco e Frisinga (v. qui), rese pubbliche il 4 giugno scorso con una lettera allo stesso pontefice. Il 10 giugno è stata resa nota dalla Sala Stampa vaticana la risposta di Francesco: devi continuare il tuo servizio pastorale, e lo farai da arcivescovo di Monaco.
68 anni, una delle figure più significative, credibili e influenti della Chiesa cattolica europea ma anche in Curia, Marx è a stretto contatto con il pontefice, fa parte del Consiglio dei cardinali e nel 2014 è stato nominato ad quinquennium da Francesco coordinatore del Consiglio per l’Economia; dal 2012 al 2018 è stato Presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea (COMECE) e dal 2014 al 2020 presidente della Conferenza episcopale tedesca. La rielezione sarebbe stata possibile entrambe le volte, ma Marx deliberatamente non si è ripresentato.
Nella lettera di dimissioni, il cardinale – che prima di essere nominato arcivescovo a Monaco, nel 2007, è stato per sei anni vescovo di Treviri – spiegava che la sua decisione era motivata dall’esigenza di assumersi «la corresponsabilità relativa alla catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni. Le indagini e le perizie degli ultimi dieci anni mi dimostrano costantemente che ci sono stati sia dei fallimenti a livello personale sia errori amministrativi, ma anche un fallimento istituzionale e “sistematico”». «La crisi – aggiungeva – è causata anche dal nostro personale fallimento, per colpa nostra. Ciò mi appare sempre più nitidamente se rivolgo lo sguardo alla Chiesa cattolica in generale non soltanto di oggi, ma anche in riferimento ai decenni passati. Mi pare – e questa è la mia impressione – che siamo giunti a un “punto morto” che, però, potrebbe diventare anche un punto di svolta, secondo la mia speranza pasquale».
Marx affermava di avvertire «con dolore quanto sia scemata la stima nei confronti dei vescovi nella percezione ecclesiastica e secolare, anzi, probabilmente essa ha raggiunto il suo punto più basso. Per assumersi una responsabilità, secondo il mio punto di vista, non è sufficiente reagire soltanto nel momento in cui si riescono a individuare, sulla base degli atti, i singoli responsabili, i loro errori e omissioni. Si tratta, invece, di chiarire che noi in quanto vescovi vediamo la Chiesa come un insieme». Non si tratta nemmeno, proseguiva Marx, di scaricare tutto il peso della crisi sul passato e su quelli che all’epoca dei fatti erano in posizioni chiave: «Personalmente avverto la mia colpa e la corresponsabilità anche attraverso il silenzio, le omissioni e al troppo peso dato al prestigio dell’Istituzione. Soltanto dopo il 2002 e, successivamente, in modo più intenso dal 2010 sono emersi i responsabili degli abusi sessuali. Tuttavia, questo cambiamento di prospettiva non è ancora giunto al suo compimento. La trascuratezza e il disinteresse per le vittime è stata certamente la nostra più grande colpa in passato».
Per il cardinale, insomma, non ha senso che i vescovi si assumano il peso della responsabilità con un “noi”, se in questo “noi” non è contemplata anche la responsabilità personale: «Chi è questo “noi”? Certamente vi faccio parte anch’io. E questo significa che devo trarre delle conseguenze personali. Questo mi è sempre più chiaro».
Con le sue dimissioni da arcivescovo di Monaco, Marx intendeva lanciare «un segnale personale per 3 nuovi inizi, per una nuova ripartenza della Chiesa e non soltanto in Germania. Voglio dimostrare che non è l’incarico a essere in primo piano, ma la missione del Vangelo. Anche questo fa parte della cura pastorale». Per questo pregava «vivamente» il papa di accettare le dimissioni, assicurando di continuare «ad essere prete e vescovo di questa Chiesa» e di impegnarsi «a livello pastorale sempre e comunque lo riterrà sensato e opportuno. Vorrei dedicare gli anni futuri del mio servizio in maniera più intensa alla cura pastorale e impegnarmi per un rinnovamento spirituale della Chiesa, così come Lei instancabilmente ammonisce». Ma il papa ha rifiutato le dimissioni.
Il rifiuto del papa, la speranza di molti
Le dimissioni del cardinale erano state accolte come una doccia gelata per chi lo considera uno dei pochi, nella gerarchia istituzionale, ad avere la capacità e il coraggio di apportare un cambiamento reale nella Chiesa (sono note le sue posizioni avanzate su tanti temi di morale e di ecclesiologia), ma anche come un segno di speranza per chi sperava che un gesto clamoroso come questo potesse dare uno scossone a una Chiesa che fatica a recuperare credibilità. E si erano moltiplicati i commenti che speravano in un “no” del papa. «Sono rimasto sorpreso e anche un po’ scioccato. Posso capire il suo ragionamento, ma vorrei tanto che il papa dicesse: No, non accetto, ho ancora bisogno di te!», aveva affermato il gesuita di Monaco Andreas R. Batlogg nel podcast interdiocesano Himmelklar (9/6). «Quello che ammiro di Marx è che dice “io”. Quindi non la solita retorica di pacificazione episcopale “Abbiamo fallito”, “Ci sono errori di sistema” – bisogna dire “io”. Non so se abbia fatto questo passo in previsione del rapporto che verrà pubblicato per Monaco»; «Noto solo che in lui è successo qualcosa e che è qualcosa di diverso da queste formule di pacificazione che sentiamo da mesi». «Marx ha ammesso di aver commesso degli errori quando era vescovo di Treviri. Ma ora è il 2021 e non più il 2007 o il 2009». Di qui la speranza che il papa rifiutasse le dimissioni: «Al posto del papa direi: resta sulla barca. Ma naturalmente, se il cardinale Marx fosse confermato arcivescovo di Monaco e Frisinga, i prossimi anni sotto di lui come arcivescovo di Monaco e Frisinga sarebbero diversi. Mi sembra già chiaro», perché col suo gesto ha dimostrato che «non c’è solo un lato legale, c’è anche un lato morale. E la morale dice sempre “io”, quindi l'”uno” collettivo non serve a nessuno».
Se la Chiesa tedesca si è imbarcata nel Cammino sinodale, osserva Batlogg, lo si deve a Marx, che tanto vi si è impegnato da presidente della Conferenza episcopale negli anni passati: «Dal mio punto di vista, lì si raduna il meglio che c’è nel cattolicesimo tedesco: professori, teologi, pastori, religiosi. È chiaro che non possiamo abolire il celibato o introdurre la consacrazione femminile in Germania. Ma dalla Germania possiamo dire al Vaticano: questi sono i nostri problemi, dobbiamo affrontarli. Questa è una cosa forte. E questa storia risale al cardinale Marx». E se molto rumore ha fatto la frase di Marx che la Chiesa «è a un punto morto», essa va ricondotta al gesuita Alfred Delp, che la scrisse a Berlino in carcere, nella sua detenzione prima della sua esecuzione come membro della resistenza contro il regime nazista, nel febbraio 1945; «c’è un certo clericalismo per cui i vescovi pensavano di poter negoziare tutto tra di loro. Per questo il Cammino sinodale è un progetto congiunto tra ZdK e Conferenza episcopale: laici, sacerdoti, vescovi insieme. È la nostra Chiesa».
Insomma, c’è bisogno di Marx nella Chiesa tedesca: «È ancora un consigliere del Papa. È stato in grado di inserire diversi esperti tedeschi nel suo Consiglio economico, che continua a lottare per la sopravvivenza finanziaria del Vaticano, anche di incoraggiare una forma di promozione delle donne nella Chiesa. Nella sua amministrazione diocesana, la metà del team di gestione operativa è ora composto da donne». Fra gli altri meriti Batlogg segnala che «all’inizio di dicembre 2020 ha versato gran parte del suo patrimonio privato (circa 500mila euro) in una fondazione per le vittime di abusi sessuali: “Mi è chiaro – disse all’epoca – che il denaro non può guarire le ferite, ma può aiutare a creare condizioni che consentano la guarigione e il cambiamento dei processi”». Ad aprile, aveva rinunciato a ricevere la Gran Croce federale al merito, per le contestazioni da parte delle vittime degli abusi sessuali sulla gestione dei casi: «Prendo molto sul serio le critiche», aveva detto, sentendosi «obbligato a far luce» «come rappresentante della Chiesa e anche personalmente».
Speculazioni sui retroscena
C’è anche chi ipotizza che le ragioni contingenti delle dimissioni di Marx vadano cercate nella sua gestione dei casi di abuso a Monaco e che abbia voluto anticipare la pubblicazione di un parere dello studio legale locale Westpfahl-Spilker-Wastl, prevista nei prossimi mesi. O che sia più problematico il suo tempo da vescovo a Treviri (2001-2007, domradio. de, 10/6). Era il tempo, precedente all’esplosione della crisi degli abusi in Germania del 2010, in cui a Treviri emersero diversi casi; l’associazione “Vittime di abusi nella diocesi di Treviri” (Missbit), di cui fanno parte circa 30 persone, accusa Marx di cattiva gestione: come vescovo, – è convinta – avrebbe aiutato a proteggere i colpevoli, non avrebbe ascoltato le vittime, avrebbe minimizzato gli abusi. In particolare si fa riferimento a tre casi: due in località del Saarland (Freisen e Köllerbach) e uno riguardante una donna adulta che, sotto lo pseudonimo di Karin Weißenfels, ha denunciato abusi spirituali e sessuali da parte di un sacerdote e suoi complici: costei afferma che il vescovo all’epoca è stato troppo indulgente verso i colpevoli. Il portavoce di Missbit, Hermann Schell presume che a un esame più attento «emergeranno ulteriori casi»; è contento del passo compiuto da Marx, che merita un ri conoscimento, anche se è stato «una conseguenza logica e attesa da tempo».
È di poche settimane fa, invece, una lettera personale di sei pagine, datata 3 maggio, al cardinale Marx: «Sono io quello che nel 2006 ha denunciato alla polizia il pastore di Freisen M.» per abusi, scrive Timo Ranzenberger. Un caso il cui procedimento si era bloccato a causa della prescrizione. Marx sarebbe stato informato, ma non avrebbe richiesto i fascicoli del pubblico ministero né avrebbe parlato con l’interessato. Col risultato che l’imputato è stato autorizzato a lavorare come presbitero fino al 2015. È stato solo nel 2017, scrive Anna Fries della KNA (domradio.de, 10/6), che la diocesi si è attivata passando tutte le informazioni alla Congregazione per la Dottrina della Fede di Roma. Il caso è stato indagato poi dal tribunale della chiesa di Colonia dal 2018, e i responsabili della Chiesa hanno ammesso errori nella gestione.
Ranzenberger è durissimo con Marx. «Riesci anche solo a guardarti allo specchio con la coscienza pulita? O questo specchio è fatto di solido vetro corazzato in modo che non si frantumerà quando ci guardi dentro?», scrive, augurando al cardinale «una buona dose di senso di responsabilità».
Se la lettera da Treviri è arrivata dopo che Marx (intorno a Pasqua) aveva preso la decisione di dimettersi, potrebbe aver influenzato la scelta delle parole che il cardinale ha usato nella lettera a Francesco.
Negli altri due casi gestiti da Treviri, potrebbe trattarsi non tanto di aspetti legali quanto di comportamenti moralmente discutibili; per le persone colpite, Marx avrebbe messo in secondo piano i loro interessi, avrebbe mostrato poca empatia. In retrospettiva, lo stesso Marx, nella lettera al papa, parla di un processo di apprendimento. Ci vorrà tempo perché si sappia la verità sul ruolo effettivo di Marx: il lavoro della commissione indipendente che, sotto il giovane vescovo mons. Stephan Ackermann, si occuperà di quelle vicende, non ha ancora preso l’avvio.
(adista notizie, n.23 del 19 giugno 2021)