Referendum taglio parlamentari:i cattolici democratici di Agire politicamente votano no

L’associazione di cattolici democratici Agire politicamene vota No al referendum sul taglio dei parlamentari

«L’associazione – si legge in una nota di Agire politicamente – ritiene che non si possa prescindere dal contesto sociopolitico in cui nasce la proposta di modifica, dall’intenzione che l’ha guidata e dalle conseguenze che la modifica comporta, giacché comprometterebbe i principi fondamentali, su cui si fonda la nostra Repubblica e dai quali trae legittimazione il Parlamento stesso.

E’ palese la perdita di qualità che il Parlamento ha subito negli ultimi anni tanto da provocarne un discredito nella opinione dei cittadini che hanno perso la piena coscienza della sua funzione vitale per la democrazia: la composizione delle liste dei candidati, la impossibilità di scelta dei candidati da parte degli elettori, la perdita del rapporto fra i candidati ed il territorio. Da questo contesto nascerebbe la proposta di modifica ma sarebbe piuttosto il momento di impegnarsi in una rivalutazione del Parlamento per renderlo più rispondente alla funzione che gli assegna la Costituzione, a salvaguardia del nostro stesso sistema democratico.

È evidente anche che l’intenzione ispiratrice della modifica nasce da un giudizio preconcetto sulla situazione di privilegio immeritato di cui godrebbero i parlamentari e quindi da una volontà giustizialista di carattere demagogico e populista che ignora l’esigenza di salvaguardare e semmai migliorare la nostra democrazia; inoltre, il provvedimento trae motivazione da considerazioni di esclusiva natura economica, cioè ridurre il costo dei parlamentari: si tratta quindi di una valutazione soggettiva e del tutto incongruente con lo spirito costituzionale, oltreché assolutamente sproporzionato sia per l’effettivo risparmio economico che si realizzerebbe, riducendo il numero dei parlamentari, sia perché lo stesso esito si potrebbe più propriamente ottenere riducendo i compensi loro spettanti. Perciò la modifica si limita a ridurre il numero dei parlamentari senza alcuna preoccupazione di rispettare le proporzioni che devono garantire una adeguata rappresentanza dei cittadini di ciascun territorio e la corretta composizione di importanti assemblee, come quella che elegge il Presidente della Repubblica.

Agire politicamente ritiene che l’esigenza più urgente per la qualità della nostra democrazia sia il recupero della stima nei confronti delle istituzioni e in primo luogo del Parlamento, che oggi viene considerato spregiativamente “la casta”. Tale carattere di “casta” può essere cancellato riducendo eventualmente le provvidenze ed i privilegi che la fanno considerare tale, non certo riducendo il numero dei suoi componenti e confermando così il grave discredito che la rende estranea e addirittura ostile nella opinione dei cittadini.

Infine, la modifica giunge al voto dei cittadini senza aver assolto l’impegno di rivedere le norme che regolano le elezioni, a partire dalle modalità di scelta dei candidati e dalla garanzia di una corretta rappresentanza dei territori. Peraltro, l’esperienza della reale possibilità di accordo fra le componenti della maggioranza che ci governa non ci consente di confidare nella certezza di giungere alla definizione di norme oggettivamente rispettose delle garanzie costituzionali.

Queste motivazioni ci paiono ampiamente sufficienti per esprimerci negativamente sul quesito referendario. Potrebbero costituire una remora a tale giudizio solamente valutazioni di ordine politico contingente: il timore, cioè, di una rottura nei rapporti interni alla maggioranza con conseguente caduta del Governo e creazione dei presupposti per una situazione politica assai preoccupante per la nostra democrazia.

Non crediamo, però, che sia lecito barattare la integrità del nostro sistema democratico con ragioni di opportunità politica contingente che appaiono comunque sproporzionate: è indispensabile, infatti, recuperare una sensibilità costituzionale che ci renda più attenti e gelosi delle istituzioni che reggono la nostra Repubblica nata dal dramma della guerra distruttiva a cui ci aveva portato la dittatura fascista: istituzioni che possono essere rese via via più rispondenti alla funzione per la quale sono state create ma con la principale preoccupazione di assolvere al meglio quella funzione.

Riaffermando il primato della volontà popolare, correttamente espressa, non possiamo non confidare nella capacità della nostra politica di interpretare detta volontà e di trarre le conseguenze dovute dall’auspicato voto negativo, senza consentire che da esso derivi un effetto peggiore per la nostra democrazia ed assolutamente estraneo alla volontà espressa con il voto stesso».

(https://www.adista.it/articolo/64132)

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