“Più bella che intelligente”
di Giovanni Bianco
Intendo svolgere in queste poche righe una prima riflessione, a caldo, sugli effetti dell’apprezzabile pronuncia del Giudice delle Leggi sul “lodo Alfano”, non tanto su quelli tecnico-giuridici, pure molto rilevanti, quanto, soprattutto, sulle conseguenze politiche di breve periodo e sulla complessiva tenuta del sistema costituzionale.
Quanto alle prime, esse, “prima facie”, mi paiono davvero forti e significative, al punto da determinare reazioni convulse e nervose, vere e proprie fibrillazioni e scatti d’ira.
Chi ha seguito ieri “Porta a porta” con occhio attento e critico ha colto questi aspetti immediatamente: il giornalista “di regime” Vespa che con tono preoccupato si rivolge ad Alfano, un vero e proprio accolito del Signor B.: “e ora cosa farete? approverete un’altra legge?”. E poi che dire delle dichiarazioni del Cavaliere, davvero il sintomo di un’immunità perduta, della paura di poter essere processato o condannato come un qualsiasi cittadino: apostrofa Rosy Bindi con aggressiva scortesia, con un “lei è più bella che intelligente” pronunciato come un capo stizzito, un boss risentito, un uomo di potere che non accetta interlocutori dissidenti; dichiara che il Presidente della Repubblica, il saggio Giorgio Napolitano, è un uomo di parte e che la Corte Costituzionale “è di sinistra” (quale Corte, mi vien da dire, quella che non accetta i suoi inviti a cena?).
Qualcuno sarebbe portato ad affermare che “il re è nudo”, ma se non lo è del tutto c’è da chiedersi se finalmente la vicenda politica del Signor B. non abbia imboccato la via del tramonto, se questa pronuncia, come quella di sabato, non possa aprire una nuova e diversa stagione politica.
Per cui, nonostante i forti timori, il sistema di freni e di contrappesi che volle il previdente Costituente del ’48, pervaso dalla “paura del tiranno”, sembra essere solido, quel sistema con cui, come è stato sostenuto a più riprese da diversi ed autorevoli studiosi, e menziono tra tutti Enzo Cheli e Gustavo Zagrebelsky, si vuole rendere difficile, se non impossibile, l’instaurazione di governi dittatoriali o di regimi autoritari, e questo anche grazie alla previsione di un organo di controllo di costituzionalità quale è la Corte Costituzionale.
Ben venga, dunque, la rabbia incontrollabile del Signor B. o d’un Feltri, perchè è l’ulteriore prova, ammesso che ce ne fosse bisogno, del non voler accettare che l’Italia, nonostante le involuzioni degli ultimi anni, è tuttora uno Stato di diritto, nel quale il principio fondamentale dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge è inderogabile.