Memoria, storia, vita. Adista, la nuova sinistra dei “gruppi spontanei” e il ‘68….
«Il tempo, infatti, voi non l’afferrate né lo trattenete, o riuscite a far sostare quella che è la realtà più veloce di tutte, ma lasciate che se ne vada come cosa superflua e che si possa riavere». Lo scrive Seneca, nel De brevitate vitae. Il tempo trascorre, e con esso perdiamo ogni giorno qualcosa di noi. Ma l’essere umano ha la memoria, per ricordare, elaborare, dare senso a ciò che è e ciò che fa. E ha la storia, che sola è capace di ricostruire quel filo rosso che lega assieme avvenimenti e persone; popoli e classi, culture e civiltà; tempi e luoghi lontani; che racconta di vittorie che parevano inimmaginabili e tragiche sconfitte; che celebra i vincitori ma rende al contempo onore ai vinti che hanno combattuto la giusta battaglia.
Dentro questa Storia, con la S maiuscola, c’è anche la storia, rigorosamente minuscola, di Adista, che quest’anno compie 50 anni e che tanti altri intende ancora compierne. Attraverso questo quinto inserto di quattro pagine e gli altri che seguiranno, sino al fatidico mese di novembre, non vogliamo però celebrare noi stessi, esercizio narcisistico che troppe volte caratterizza il contesto atomizzato ed individualistico del nostro vivere presente. Raccontando Adista vogliamo piuttosto ripercorrere con voi che ci avete accompagnato e sostenuto in questi anni le tappe fondamentali attraverso le quali si è evoluta la società italiana e con essa la coscienza ecclesiale e politica di questo Paese, e non solo di esso. Affinché tutti recuperiamo dal nostro passato, dalle nostre lotte, da quelle dei nostri padri, il senso stesso del nostro stare al mondo. Da trasmettere, tramite informazioni, documenti e riflessioni, a chi verrà dopo di noi, per continuare quel lungo cammino di emancipazione e di liberazione che – ostinatamente – noi continuiamo a credere sia La Storia.
Il ’68 è stato un momento spartiacque nella storia recente delle società occidentali; il punto di arrivo e il principio della crisi della golden age, l’apice del processo di modernizzazione e l’inizio dell’uscita dal Novecento. Per quanto riguarda il contesto italiano, le ricerche più recenti hanno messo in rilievo l’incapacità delle forze politiche di governare lo sviluppo e l’effetto della protesta sessantottina sulle lotte operaie dei “lunghi anni Settanta”. Hanno sottolineato il ruolo dei movimenti civili nel favorire la democratizzazione del Paese e hanno perciò valorizzato la protesta come evento terminale di un intero decennio, quello del “miracolo economico”, del quale i giovani italiani, specularmente ai loro coetanei europei e americani, sono stati, nello stesso tempo, i critici più feroci e i migliori interpreti. A lungo gli studiosi hanno ignorato invece l’incidenza del ’68 sul mondo cattolico e, tranne poche eccezioni, hanno liquidato la contestazione dei credenti come una componente minore del “ribellismo”. Eppure, la “contestazione cattolica” ha caratterizzato almeno un decennio della storia del cattolicesimo occidentale: ha spinto Paolo VI a denunciare l’ingresso del «fumo di Satana» attraverso le fessure del post-concilio, ha convinto Joseph Ratzinger, all’epoca professore a Tubinga, che la Chiesa fosse entrata in crisi ed è stato accostato per intensità alla crisi modernista. Come hanno mostrato studi più recenti sul post-concilio, la contestazione religiosa acquista rilevanza nel contesto della modernizzazione degli anni Sessanta. Per i cattolici, fare i conti con il cambiamento ha significato confrontarsi con la secolarizzazione imperante e ripensare la propria presenza in una società sempre meno religiosa. Attraverso l’osservatorio di Adista è possibile ripercorrere quell’anno tumultuoso mettendo a fuoco le parole d’ordine, le battaglie, e le speranze – religiose, politiche e politico-religiose – di quella Chiesa che voleva essere “altra” senza diventare per questo un’altra Chiesa. Innanzitutto occorre tenere presente che la stessa fondazione di Adista nel 1967 a opera di un collettivo in cui figuravano Franco Leonori e, soprattutto, Adriano Ossicini, si inserisce nel clima dell’immediato post-concilio Vaticano II, con tutto il suo carico di aspettative andate rapidamente disattese. Dagli archivi della Fondazione Gramsci di Roma è emerso che l’agenzia, sostenuta finanziariamente dal Pci, si inseriva in un disegno più ampio di coinvolgimento a sinistra del nascente “dissenso cattolico”. Siamo, infatti, nel pieno del dialogo tra intellettuali cattolici e comunisti avviato a livello internazionale per iniziativa della Paulus Gesellschaft e con la partecipazione di personalità italiane quali Mario Gozzini, Cesare Luporini, Giulio Girardi e Lucio Lombardo Radice e internazionali (Roger Garaudy, Karl Rahner, Johann Baptist Metz). Non stupisce dunque che la maggioranza degli articoli pubblicati su Adista nel 1968 abbia al centro la questione del rapporto tra le sinistre tradizionali e quella nuova sinistra cattolica che andava strutturandosi in virtù del contributo della stessa agenzia. Il soggetto principale erano i cosiddetti “gruppi spontanei”.
Nel suo saggio del 1983, ancora oggi uno dei più importanti contributi sul fenomeno del dissenso, Mario Cuminetti parlava della proliferazione dei gruppi come del «segnale più vistoso» del malessere creato dalla gestione moderata del Concilio e del progressivo spostamento di alcuni settori cattolici dall’impegno nella Chiesa a quello politico. Questa seconda affermazione sembra tuttavia parzialmente da rivedere alla luce di un fenomeno in cui – come si comprende dalle analisi di Adista – fede e politica appaiono fin dagli inizi come due elementi strettamente connessi. Le prime tracce dei gruppi risalgono al 1967. Un’inchiesta sul fenomeno condotta, tra gli altri, da Sergio Ristuccia, Franco Ferraresi, Bruno Manghi e Franco Rositi per le Edizioni Comunità della Fondazione Olivetti, segnalava che alla fine del 1968 ne erano attivi più di trecento, localizzati prevalentemente nelle città del triangolo industriale, ma soprattutto in Emilia Romagna e Toscana. Contavano una media di circa diciassette aderenti ciascuno, per lo più giovani, maschi, cattolici e istruiti e si dividevano per aree di interesse. La maggioranza era d’ispirazione cattolica (44%) e proveniva dai fuoriusciti dalla Dc e dalle strutture dell’associazionismo, anche se non mancavano circoli “misti” di cattolici e non credenti oppure di ispirazione comunista e socialista. Secondo gli autori ciò dipendeva dalla crisi dei canali istituzionali di partecipazione politica, sociale e religiosa, ma, nello stesso tempo, dal desiderio di trovare un nuovo modo di “fare politica”. Dal punto di vista ideologico, l’inchiesta indicava che più della metà si identificava con la “sinistra cristiana” e guardava con interesse alla “nuova sinistra”. Sulla nascita del network nazionale Adista ci aiuta a capirne di più.
Il primo atto risale al novembre 1967 con il convegno di Rimini su La fine dell’unità politica dei cattolici. L’incontro era stato preparato dal circolo locale “J. Maritain”, guidato da Antonio Zavoli, uno dei circoli più numerosi e attivi nella regione, con la partecipazione di relatori Luigi Anderlini, del Movimento dei socialisti autonomi, Wladimiro Dorigo, direttore della rivista veneziana Questitalia, Achille Occhetto della Federazione giovanile comunista e Franco Boiardi del Partito socialista di unità proletaria. In vista delle elezioni di maggio, si era discusso, su iniziativa di Lorenzo Bedeschi, della possibilità di presentare alcune candidature cattoliche nelle liste del Pci. Il secco rifiuto dell’assemblea è la prima testimonianza dei caratteri che stava assumendo la “contestazione cattolica”: orientata verso nuovi orizzonti politici e non disposta a lasciarsi assorbire dai partiti, ma soprattutto disobbediente nei confronti delle gerarchie, in primo luogo quella ecclesiastica. Non è certo un caso che la prima vera apparizione pubblica della rete dei gruppi sarebbe avvenuta in un contesto prettamente ecclesiale, ovvero fuori dai cancelli della Domus Marie, dove era in corso l’Assemblea della Cei del febbraio 1968, con tanto di cartelli inneggianti al Concilio e alla fine del voto confessionale. Dopo l’incontro preliminare organizzato in gennaio alla sala Mozart di Bologna (v “Adista” n. 7 del 31/01/1968), il passaggio successivo sarà la convocazione di un convegno, nuovamente a Bologna al Palazzo di Re Enzo il 25 febbraio 1968, dal titolo “Credenti e non credenti per una nuova sinistra”, che ha rappresentato il momento del battesimo dei gruppi come movimento organico alla presenza di circa 2.000 partecipanti rappresentativi di oltre 80 circoli.
Stando alla ricostruzione di Adista, che insieme a Questitalia, svolgeva in questa fase un ruolo di collegamento e di “fiancheggiamento” al bollettino dei gruppi (Collegamenti), la relazione introduttiva era stata affidata a Dorigo, il quale esordiva invitando i gruppi a distanziarsi da qualunque forma di «integrismo», di destra o di sinistra (v. Adista, n. 9 del 29/02/1968). Questa polemica, che aveva per obiettivo principale l’unità dei cattolici nella Dc (con il sostegno dei vescovi), era del resto uno dei cavalli di battaglia dei gruppi che la rivolgevano tanto contro il magistero di Paolo VI e la sua gestione del momento post-conciliare, quanto contro il Pci, colpevole di ricercare la collaborazione con la Santa Sede e il blocco cattolico. Nello Statuto dell’“Assemblea dei gruppi di impegno politico e culturale per la nuova sinistra”, approvato nei mesi seguenti, i gruppi dichiaravano di costituirsi in assemblea permanente con l’obiettivo di collaborare con tutte le forze della «contestazione al sistema neocapitalistico internazionale» – in particolare il movimento degli studenti, di cui Adista aveva iniziato a seguire il percorso a partire dalla prima occupazione della Cattolica di Milano (v. “Adista”, n. 7 del 31/01/1968) – e senza chiamare in causa l’appartenenza religiosa a fondamento di tale scelta. È da sottolineare come si possa già riscontrare quel binomio studenti-operai che caratterizzerà le mobilitazioni del 1968. Tuttavia – e qui un punto centrale – anche se il documento provava a tagliare fuori dall’orizzonte il problema del post-concilio optando per un profilo tutto politico, questa scelta risultava complicata anche solo per la stessa origine religiosa dei gruppi facilmente riscontrabile nella loro denominazione. Più in generale, va tenuto presente che tale contaminazione era un elemento strutturale del clima del periodo, segnato dai primi episodi di repressione ecclesiastica – per esempio, la rimozione forzata del card. Giacomo Lercaro dalla diocesi di Bologna (v. Adista, n. 8 del 15/02/1968), preceduta nel 1967 dall’allontanamento di Raniero La Valle dalla direzione dell’Avvenire d’Italia, denunciato da un opuscolo del gruppo “Presenza” (v. “Adista”, n. 8 del 15/02/1968) – ma anche, come si è detto, dalle discussioni sollevate dall’appello di Ferruccio Parri a candidare il dissenso nelle file della sinistra tradizionale. In una delle puntate precedenti abbiamo raccontato il contributo dato da Adista alla lenta genesi della Sinistra indipendente che avrebbe trovato in Ossicini uno dei suoi primi rappresentanti in Senato. Tra le figure di spicco di questa primissima fase troviamo anche Corrado Corghi, ex-segretario regionale della Dc emiliano-romagnola e esponente di peso della galassia degli spontanei. La sua lettera a Mariano Rumor in cui comunicava la sua decisione di lasciare la Dc, cui sarebbero seguite i successivi abbandoni di Lidia Menapace e dei modenesi Luciano Guerzoni e Filippo Cavazzuti, era pubblicata e commentata su Adista (v. Adista, n. 10 del 15/03/1968). L’agenzia si mostrava interessata anche ai malumori interni alla Fuci e, soprattutto, alle Acli di Livio Labor, che di lì a poco avrebbero rotto il tradizionale “collateralismo” alla Dc. Come si è detto, la priorità per l’agenzia rimaneva però quella di rappresentare uno snodo di collegamento per i gruppi della protesta e a questo proposito è particolarmente interessante la “Nota di servizio” del 28 marzo con cui venivano spiegati propositi e modalità d’azione del gruppo (v. Adista, n. 12 del 28/03/1968). Un secondo momento di passaggio sarà in ottobre con la decisione di passare dalla formula del quindicinale a quella del settimanale: una decisione presa forse non casualmente dopo l’accelerazione dei fatti di maggio, tra le elezioni e lo scoppio della protesta studentesca a livello internazionale.
Per quanto riguarda la prova del voto, a Bologna i gruppi avevano dato una generica indicazione di voto per i partiti della sinistra dei quali ancora si auspicava un rinnovamento. Il tentativo di dare vita al gruppo parlamentare della Sinistra indipendente era riuscito, ma con risultati ben al di sotto delle aspettative e senza coinvolgere veramente la rete degli spontanei. Nel primo fascicolo di giugno Adista dava conto delle riflessioni post-elettorali emerse dalla terza Assemblea Nazionale dei “Gruppi spontanei d’impegno politico culturale per la Nuova Sinistra” di Modena. Dorigo aveva evidenziato la flessione della Dc e salutato con favore le rinnovate speranze per la costituzione di una Nuova sinistra. Il 29 settembre, alla riunione di Reggio Emilia delle “Assemblee di lavoro politico”, sarebbero finalmente esplose le contraddizioni: da una parte Corghi, che intendeva legare lo spontaneismo al rinnovamento del Pci, e dall’altra la linea della maggioranza che sarebbe stata confermata alla successiva assemblea di Rimini dei primi di novembre (v. Adista dell’8/11/1968). Dallo spoglio dei fascicoli non è possibile capire come l’agenzia si collocasse in questa contrapposizione. È certo che non sfuggivano le difficoltà nel tenere insieme una galassia attraversata da una seconda grande lacerazione che divideva i gruppi in toto politici da coloro che ancora puntavano a una riforma della Chiesa e ai quali l’agenzia era evidentemente interessata. Sono da leggere in quest’ottica i numerosi interventi di Adista di fronte allo scoppio del “caso Isolotto” nel mese di settembre e subito prima alle reazioni suscitate dall’occupazione della Cattedrale di Parma e dall’enciclica Humanae vitae sui contraccettivi.
Il passaggio del ‘68, a ridosso della cesura conciliare, è stato importante del resto per la Chiesa cattolica non meno che per l’intera società. Ecco perché forse più che di ’68 occorre parlare di “anni ‘68”, mutuando dalla storiografia francese questa espressione che risulta particolarmente efficace per descrivere il percorso “lungo” dei cattolici: la protesta come evoluzione del progetto di riforma verso un’ipotesi di tipo rivoluzionario e gauchista che si nutriva del mito di Camilo Torres e delle vicende latinoamericane. Come si evince anche dallo spoglio di Adista, se i cattolici hanno contribuito al “momento Sessantotto” con la loro specificità, ma anche condividendo un orizzonte generazionale comune, il contatto con i movimenti e con la galassia della contestazione giovanile e studentesca ha modificato in maniera trasversale l’immaginario dei militanti nelle diverse organizzazioni cattoliche, allargando la prospettiva alle lotte internazionaliste, in primo luogo quella per il Vietnam. Il ‘68 – nel suo carattere movimento anti-autoritario e di delegittimazione delle strutture sociali del dopoguerra (famiglia, scuola, Chiese, partiti, ecc.) – ha rappresentato quindi un momento di forte accelerazione e di radicalizzazione delle attese di riforma della società e della stessa Chiesa sollevate dal Concilio costringendo le “avanguardie” ad andare oltre i paletti fissati dal Vaticano II, di cui si denunciava il “tradimento”. Più specificamente, ha comportato, in forme diverse, il superamento della mentalità che aveva contraddistinto la militanza cattolica del dopoguerra ed è proprio in questa cornice che si deve leggere anche l’emersione dei “gruppi spontanei”. Di questa esperienza, sostanzialmente centrata sulla denuncia della relazioni pericolose tra Chiesa e potere politico democristiano, Adista ha seguito e condizionato gli sviluppi fino alla sua rapida scomparsa già nel 1969. Il principale lascito sarà la prima rete delle comunità di base, della quale ci occuperemo nel prossimo approfondimento.
Cronologia del 1968 cattolico
1 gennaio: discorso del cardinale Giacomo Lercaro contro la guerra in Vietnam.
14 gennaio: i rappresentanti di gruppi spontanei composti da cattolici si incontrano a Bologna.
15 gennaio: contestazione degli studenti della Cattolica in piazza San Pietro a Roma.
12 febbraio: il card. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, dà le dimissioni.
16 febbraio: i presidenti nazionali della Fuci, Mirella Gallinaro e Giovanni Benzoni, inviano una lettera aperta ai professori universitari in cui sostengono le ragioni della contestazione.
3 marzo: il circolo Maritain di Rimini in una lettera aperta chiede la chiusura dell’Osservatore Romano, «politicamente compromesso».
25 febbraio: a Bologna, seicento cristiani dei “gruppi spontanei” si incontrano con Wladimiro Dorigo per costituire i “Gruppi spontanei di impegno politico-culturale per una nuova sinistra”.
21 marzo: terza occupazione della Cattolica. Sgombero e chiusura dell’università.
25 marzo: a Milano, migliaia di studenti tentano di riaprire l’Università, ma sono respinti con la forza dalla polizia. È la “battaglia di Largo Gemelli”.
26 marzo: lo studente cattolico Paolo Sorbi interrompe il predicatore in una chiesa di Trento e con altri giovani dà inizio ai “controquaresimali” sul sagrato del Duomo.
31 marzo: nelle chiese italiane si celebra la “giornata” dell’Università Cattolica, con volantinaggi e contestazioni in varie località. Paolo VI all’Angelus stigmatizza le agitazioni alla Cattolica.
25 aprile: Paolo VI in San Pietro denuncia la sofferenza della Chiesa «per un turbine di idee e di fatti che non sono certo secondo lo spirito buono».
24 maggio: quarta e ultima occupazione della Cattolica, la più lunga: durerà 15 giorni.
13-16 giugno: il Convegno nazionale di Gioventù aclista approva un documento sulla rivoluzione.
24 giugno: Paolo VI condanna la “teologia della rivoluzione”.
31 luglio: Ezio Franceschini lascia il rettorato della Cattolica; al suo posto Giuseppe Lazzati.
21 settembre: contestati i lavori della 39° Settimana sociale dei cattolici italiani a Catania.
22 settembre: la comunità di S. Maria delle Grazie all’Isolotto di Firenze scrive una lettera di solidarietà ai giovani cattolici che stanno occupando la cattedrale di Parma; nasce “il caso Isolotto”.
29 settembre: assemblea dei gruppi cattolici di lavoro politico dell’ex dc Corrado Corghi.
30 settembre: ultimatum del card. Florit a don Mazzi: o ritirare la lettera su Parma o dimettersi.
31 ottobre: l’assemblea dell’Isolotto respinge l’ultimatum di Florit.
1-4 novembre: riunione a Rimini dei gruppi spontanei.
9 novembre: il Consiglio pastorale della diocesi di Ivrea si pronuncia contro la partecipazione azionaria del Vaticano alla Lancia.
27 novembre: esce il “catechismo dell’Isolotto”; due giorni dopo il cardinale Florit ne vieta l’adozione.
4 dicembre: nasce a Milano Avvenire, quotidiano cattolico nazionale sorto sulle ceneri dell’Avvenire d’Italia diretto da Raniero La Valle e considerato troppo progressista. Enzo Mazzi viene rimosso da parroco della parrocchia dell’Isolotto.
5 e 8 dicembre: a Firenze, cortei pro Isolotto. I manifestanti chiedono le dimissioni di Florit.
11 dicembre: manifestazione pro Isolotto in piazza San Pietro a Roma.
25 dicembre: contestata la messa natalizia del cardinale Colombo a Milano. In molte chiese italiane vengono allestiti i “presepi della contestazione”.
(Adista, n.25, luglio 2017)