Meloni tra cesarismo e florivivaismo
di Guglielmo Regozzino
Il consiglio dei ministri del 3 novembre – alla vigilia cioè dello scherzo telefonico dei due comici russi Vovan (Vladimir Kuznetsov) e Lexus (Alexey Stolyarov) – in una sola ora ha varato tre provvedimenti: il disegno di legge costituzionale per l’elezione diretta del presidente o della presidente del consiglio, la governance del “Piano Mattei” e […]
“Ha detto ‘Brondo Melona, gome stai?’ Non potevo non crederci”. Sulla prima pagina della Repubblica di oggi, 4 novembre 2023, compare una caricatura di Giorgia Meloni che rievoca le parole del sorprendente dialogo tra lei stessa, numero uno del governo italiano e il suo curioso interlocutore africano, messe in scena – parole inventate e premier che le ripete – dall’autore della vignetta e della presa in giro, Francesco Tullio Altan. Su questo si dirà, forse, più tardi. C’è ben altro.
- Il 3 novembre 2023, ore 11,42, alla vigilia dunque della Repubblica di Altan, Giorgia Meloni, coinvolgendo il suo governo, espone un documento che prevede una forte riforma costituzionale. Si tratta di questo, anche se è di certo ben noto: “ELEZIONE DIRETTA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. Introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri e razionalizzazione del rapporto di fiducia (disegno di legge costituzionale)”. L’intento è quello di “consolidare il principio democratico, valorizzando il ruolo del corpo elettorale nella determinazione dell’indirizzo politico della Nazione; favorire la coesione degli schieramenti elettorali; evitare il transfughismo e il trasformismo parlamentare”. Il punto principale, dei cinque brevi cenni della futura legge della Nazione Italia, è il quarto che intendendo evitare ogni pericolo di transfughismo, così recita al punto 4° : “affida alla legge la determinazione di un sistema elettorale delle Camere che, attraverso un premio assegnato su base nazionale, assicuri al partito o alla coalizione di partiti collegati al Presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi parlamentari, in modo da assicurare la governabilità;”. In molti hanno cercato di indovinare quanti voti sarebbero stati necessari per sommarvi il premio di maggioranza per raggiungere il 55% delle due Camere. Per fare un esempio: nel caso di Camere particolarmente litigiose, con partiti ostili tra loro tanto a destra che a sinistra e una maggior partito con il 25%, il premio di maggioranza, per raggiungere il 55% dei seggi previsto dalla legge, potrebbe essere del 30%? Nel caso poi di due maggioranze diverse alla Camera e al Senato, ci sarebbe autoeletto un presidente del consiglio diverso dal primo, nell’altra Camera e anch’egli con un premio al 55%? Quindi due presidenti del consiglio nello stesso tempo?
- Un aspetto significativo del Comunicato Stampa n° 57 che contiene la futura legge portante della Costituzione italiana – quella in cinque punti, auspicata da Meloni, che determina l’avvenire e i poteri del presidente del consiglio – è che tale legge in fieri non compare da sola nel consiglio dei ministri di venerdì 4 novembre, per esservi approvata dal governo, ma è accompagnata da tre altre disposizioni, più o meno importanti, tutte significative e da diverse misure minori, talvolta però esecutive. La prima delle altre importanti ha per titolo “Governance del Piano Mattei / Disposizioni urgenti per il “Piano Mattei” per lo sviluppo in Stati del Continente africano (Decreto legge)”. Il cosiddetto “Decreto Mattei” consiste nell’elargizione di denaro e altri vantaggi a taluni paesi africani non indicati per avere in cambio libertà di azione in merito all’”approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche”. Si può pensare che il buon Enrico Mattei – visto che di lui si tratta – sussulterebbe nel sapere che il suo nome è usato come copertura per sfruttamento e speculazione coloniale.
Se Mattei è poco più di un’etichetta, più consistente è il quarto e ultimo punto del proponimento governativo: “CONCORDATO FISCALE PREVENTIVO / Disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale (decreto legislativo – esame preliminare)”. Possiamo immaginare che l’inserimento di questo quarto punto sia dovuto al puntiglio del secondo alleato di Meloni nel governo: Matteo Salvini e la sua Lega. Ci si può immaginare un dialogo tra l’uno e l’altra simile a questo: “Vuoi proprio fare il presidente a vita? Ci sto, ma in cambio dobbiamo segnare una mia vittoria sulle tasse.” (Come disse il gatto alla volpe.)
- Abbiamo segnalato l’esistenza di quattro argomenti nella discussione ministeriale di venerdì 3 novembre, trascurando la miscellanea finale delle leggine o delle nomine di qualche prefetto o funzionario: il succo del Consiglio dei ministri consisteva in quattro proposte/decisioni su Presidenza del consiglio, Piano Mattei, Accertamento tributario; manca ancora un altro argomento, il terzo nella graduatoria governativa: si tratta di uno spunto a carattere agricolo. “FLOROVIVAISMO / Delega al Governo in materia di florovivaismo (disegno di legge – esame definitivo)”. Nel testo è citato il ministro Francesco Lollobrigida e le sue beneauguranti iniziative agricole. A prima vista si tratta – il florivivaismo – di un’iniziativa minore se confrontata alla riforma dell’assetto stesso del potere statale, dell’eventuale politica africana pseudo matteiana: migratoria, cooperativa, affaristica, imperiale; nonché all’altro caso delle tasse e degli abbuoni. Forse, però, siamo noi che non ne sappiamo abbastanza dei meccanismi del potere e la possibilità di parlare con una parte dell’elettorato è interessante per qualcuno al governo: i casi della vita, per non dire i casi della politica hanno delle regole che non tutti – noi per esempio – sono tenuti a conoscere.
La riunione di governo che ha portato a così tante belle novità non è durata a lungo. La fine risulta essere alle 12,54; era, come si è detto, cominciata alle 11,42, sicché il governo della trasformazione epocale, dello sbarco in Africa, dell’abbuono delle tasse (con un’aggiunta di prefetti e florovivaisti) è durata poco più di un’ora.
- Un’ora ben spesa, verrebbe da dire. Ma torniamo per un attimo alla telefonata di “Toto truffa” e di “Fantozzi contro tutti,” personaggi favolosi e scenette assai divertenti del cinema comico italiano che sono tornati in mente a Marco Travaglio, interrogato da Lilli Gruber a La 7 sulla insopportabile vicenda della Presidente del Consiglio dei ministri presa in giro da un improbabile dignitario africano. La concomitanza delle date – il governo italiano che si dà un’altra struttura ideata come più efficace e adatta ai tempi e ai nuovi poteri e la rivelazione della truffa antimeloniana, tale da gettare ridicolo e di conseguenza sfiducia, su una persona presuntuosa come il primo ministro italiano. Alcuni hanno tentato di buttare tutto in ridere; così avrebbe dovuto fare anche Giorgia Meloni e sarebbe apparsa come una persona che dopo tutto sa stare agli scherzi. Invece è stato messo alla porta qualche alto papavero, che si è preso la colpa dell’accaduto. Non solo, ma si è anche fatto trapelare un discorso sui servizi segreti, su Mosca come estrema organizzatrice della teletruffa. Ma vale la pena di buttare tutto in tragedia? Vale la pena di attribuire tanta efficienza al nuovo Kgb, o come si chiama? Forse, in questo caso, per restare alla cultura della tradizione italiana (pardon, della Nazione), si finisce per fare una toppa peggiore del buco, come dire: pezo el tacòn del buso. (sbilanciamoci.info , n.680 del 7.11.’23)