Ma questo impedimento è illegittimo

referendumlegittimoimpedimentodi Cinzia Capano

Il legittimo impedimento è un diritto di tutti i cittadini sancito dal’ art. 420 ter del codice di procedura penale. Chiunque abbia un impedimento legittimo ha diritto di chiedere al giudice il rinvio del proprio processo ed il giudice ha l’ obbligo di concederlo quando l’ impedimento sia provato ed il rinvio non sia di pregiudizio allo stesso processo ed agli interessi delle altre parti coinvolte. Quel che la legge che si vuole abrogare ha inserito è, quindi, il diritto “speciale” del presidente del consiglio e dei suoi ministri ad ottenere il rinvio della causa in virtù del loro ruolo più che in relazione alla rilevanza del loro legittimo impedimento.

La Corte Costituzionale ha già provveduto, pronunziando la parziale incostituzionalità’, ad eliminare la assoluta automaticità’ contenuta nella legge tra funzione rivestita e diritto al rinvio del processo espungendo dal catalogo dei legittimi impedimenti tutti quelli, come ad esempio le varie attività’ preparatorie, che difficilmente avrebbe potuto essere oggetto di verifica del giudice e ribadendo la competenza del giudice a valutare la rilevanza e congruità’ del legittimo impedimento. Tuttavia, la permanenza nell’ordinamento di questa normativa rappresenta un vulnus alla pari dignità’ ed all’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge che deve essere eliminato, non solo per i suoi effetti pratici quanto per quelli simbolici, quale quello di consentire che vi sia un “primus inter pares” piuttosto che una effettiva pari dignità dinnanzi alla legge.

Credo sia opportuno richiamare il concetto di pari dignità, oltre a quello di uguaglianza, poiché esso chiarisce che l’impedimento a comparire in udienza del cittadino più umile deve avere le stesse possibilità di essere preso in considerazione di quello del grande statista proprio perché davanti alla giurisdizione essi ed i loro impegni hanno pari dignità’ e rilevanza ed al giudice si chiede di valutarne la congruità ai fini del bilanciamento con l’interesse pubblico alla sollecita definizione del processo garantita dall’art. 111 della Costituzione. I sostenitori del legittimo impedimento hanno tentato in tutti i modi durante la discussione parlamentare, di alterare questo principio ripari dignità sostenendo che esso fosse finalizzato alla tutela della serenità nell’esercizio delle funzioni di governo ed anche che tale esigenza avesse una protezione costituzionale, riconosciuta in una sentenza della Corte Costituzionale.

Ma le cose non stanno così e la sentenza della Corte che ha dichiarato incostituzionale il lodo Schifani, precursore del tentativo disperato di impedire la celebrazione dei processi del premier, ha in realtà affermato tutt’altro. Non è affatto vero che nella nostra Costituzione esista un tale diritto, è in quella americana che si pensa ad un diritto alla felicità. Ma lì la felicità che sta a cuore è quella dei governati e non già quella dei governanti. La serenità nella funzione di governo in Italia viene costituita da un sistema di contrappesi tra poteri previsto dalla Costituzione. Il diritto alla serenità, pertanto, non poteva essere assolutamente scritto nella citata sentenza della Corte costituzionale .In un passaggio la Corte affermò,invece, che ” la situazione cui si riconnette la sospensione disposta dalla norma censurata è costituita dalla coincidenza delle condizioni di imputato e di titolare di una delle cinque più alte cariche dello Stato ed il bene che la misura in esame vuol tutelare deve essere ravvisato nell’assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche. Si tratta di un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale».

Il fatto stesso che la sentenza sul lodo Schifani dica che si tratta di un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, vuol dire una cosa diversa da quella che si tratti di un diritto costituzionalmente protetto, ma che la serenità ha una protezione solo strumentale e può essere tutelata con una legge ordinaria, che sia in armonia con i principi dello Stato di diritto , tra cui primeggia la uguaglianza innanzi alla legge. In definitiva, l’esigenza alla serenità puo’ essere protetta come lo era già con l’articolo 420-ter del codice di procedura penale già vigente, e come tornerà ad esserlo in caso di vittoria del referendum. Una vittoria che avrebbe il merito di cancellare insieme alla legge anche il tentativo di instaurare questa nuova figura di ” legge ponte costituzionale”.

Una legge ordinaria che anticipa gli effetti della legge costituzionale, ad efficacia limitata nel tempo e destinata a perdere efficacia una volta che sia intervenuta la modifica costituzionale. È come dire che è possibile, in Italia, cambiare gli articoli della Costituzione con una specie di procedura d’urgenza. È un po’ come applicare anche alla Costituzione la decretazione d’urgenza e immaginare una legge costituzionale che funzioni come la legge di conversione del decreto-legge. Insomma, nasce il decreto-legge costituzionale, con cui evidentemente si tenta di far vivere per 18 mesi nell’ordinamento una legge ordinaria contraria al dettato costituzionale. So che chi ha proposto questa formula transitoria ha tentato di limitare gli effetti negativi d di altre devastanti proposte di leggi ad personam, come il cosiddetto processo breve poi divenuto prescrizione breve, ma questa legge inserisce un vulnus nel nostro stesso sistema delle fonti e modifica la loro gerarchia; un rimedio ancor peggiore del male. Anche per questo è importante votare si.

(www.democratica.it , n.8 del 2011)

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