L’Aquila: il Premier mente, Tremonti taglia, la Rai censura. Ma la diocesi sta con i cittadini in rivolta

di Giampaolo Petrucci

La scure dei tagli si è abbattuta impietosa anche sulla città terremotata, stroncando definitivamente le poche e ancora incerte speranze di ripresa. E contro la manovra finanziaria del ministro Tremonti, che intende cancellare i benefici finanziari di cui gode l’area colpita dal sisma il 6 aprile 2009, il 16 giugno scorso sono scesi in piazza circa 20mila cittadini (10mila secondo la questura), al grido di “Noi delusi, non pazzi”. Un ottimo risultato di partecipazione – plaudono i comitati cittadini che hanno promosso il corteo – se rapportato al totale di circa 70mila abitanti, molti dei quali ancora alloggiati presso strutture alberghiere lontano dalla città o sulla costa. A sfilare, nei tre chilometri di serpentone, i sindaci terremotati di ogni schieramento, i sindacati, gli enti pubblici e privati, le associazioni, il mondo del volontariato, le categorie produttive e alcuni parlamentari abruzzesi. Tra gli altri, il sindaco Massimo Cialente, con la fascia tricolore in mano in segno di protesta; il neopresidente della Provincia dell’Aquila, Antonio Del Corvo (eletto tra le file del centrodestra), il capogruppo del Pdl alla Regione Abruzzo, Gianfranco Giuliante. La protesta si è poi spostata a Roma, il 24 giugno, in piazza Navona (di fronte al Senato) e a viale Mazzini (presso la sede Rai): 300 terremotati circa, guidati dal sindaco Cialente, che ha ribadito l’abbandono del cratere da parte del governo. Alla seduta di protesta del Consiglio comunale aquilano, allestita in piazza Navona, hanno partecipato anche alcuni parlamentari, tra cui Anna Finocchiaro, Franco Marini, Elio Lannutti e Stefano Pedica.

Macerie e Nutella

A L’Aquila “c’erano tutti quelli che non vogliono essere più presi in giro”, ha dichiarato Stefania Pezzopane (ex presidente della Provincia ed ora vicepresidente del Consiglio provinciale) in una dura lettera in occasione della manifestazione: “I disperati senza più casa, senza lavoro, senza una città ed un tessuto sociale, senza più fabbriche, aziende e negozi, con un centro storico ancora coperto di macerie, nonostante gli annunci”. La denuncia della Pezzopane si è fatta ancora più aspra quando ha ricordato – unendosi ad coro di proteste che ha investito il Paese intero nei giorni successivi alla manifestazione – che i tg di Rai1Rai2 hanno censurato l’evento: “I tg e i quotidiani del premier, o da lui stesso assoggettati ai propri piani, hanno l’immoralità di raccontare che a L’Aquila va tutto bene: la ricostruzione è stata un successo che ci invidia il mondo e chi non è d’accordo è un ingrato ed un sabotatore”. A scomparire dall’informazione nazionale sarebbe il lato oscuro della ricostruzione: le oltre 32mila persone ancora “assistite” – i dati del sindaco Cialente parlano di 3.500 aquilani ancora in albergo e 25mila sostenuti dal contributo per l’autonoma sistemazione; quasi 1.500 hanno affittato una casa, in accordo con la Protezione Civile, mentre altri 614 sono alloggiati presso la caserma della Scuola della Guardia di Finanza – le 1.500 aziende chiuse, i 3mila posti di lavoro andati in fumo, un aumento dell’800% della cassa integrazione, le macerie ancora in strada, la rabbia e la disperazione dei cittadini che gridano al fallimento della “ricostruzione” berlusconiana. Viene messa a tacere, infine, la richiesta dei manifestanti aquilani di adottare provvedimenti economici che consentano all’economia cittadina di uscire dal baratro: lo sblocco dei fondi per la ricostruzione; il congelamento delle tasse, dei mutui e dei prestiti per altri 5 anni; garanzie per i disoccupati; provvedimenti per rilanciare il tessuto economico locale; una tassa di scopo per avviare la ricostruzione.

Proprio in seguito alla manifestazione aquilana, ha cominciato a montare la polemica contro l’emittente pubblica. Su Facebook, ad esempio, è partita la campagna “No Tg1 Day”, che chiede di boicottare, il prossimo 1 luglio, il tg diretto da Augusto Minzolini. Quella de L’Aquila, si legge nella presentazione, è stata “una delle manifestazioni più forti e significative degli ultimi anni. Eppure il Tg1 e il Tg2 hanno ignorato la notizia. Solo Tg3La7Tg5Sky hanno trattato l’argomento. Per Augusto Minzolini invece la manifestazione aquilana è stata ritenuta meno interessante di un servizio dedicato nientemeno che alla Nutella. Per il tg2 questa volta non c’è stato spazio per i terremotati perché bisognava parlare assolutamente dei danni derivanti dagli interventi estetici”.

In seguito all’oscuramento, il portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando, ha chiesto le dimissioni del direttore del Tg1: “È inaudito che i cittadini che pagano il canone debbano continuare a vedere questo scempio dell’informazione. Per Berlusconi, come per Minzolini, ormai gli aquilani, abbandonati a loro stessi, non fanno più notizia e, dato che protestano, vanno censurati”. E ha concluso: “Minzolini, dopo aver epurato i colleghi a lui scomodi, ha infangato la memoria di 308 morti e dei loro familiari, eliminando le loro voci”. Al contrario, il presidente della Provincia de L’Aquila, Del Corvo, ha subito espresso alla Rai piena solidarietà: “La visibilità di cui si deve nutrire L’Aquila non è legata alle telecamere”.

La Curia si mobilita

Di particolare rilievo, l’adesione della Chiesa aquilana al corteo. I pastori sono accanto alla loro gente, ha dichiarato il vescovo ausiliario mons.Giovanni D’Ercole intervistato da Avvenire il 12 giugno scorso: “I terremotati affrontano una seconda estate con i problemi di tutti gli italiani (la mancanza di lavoro, le tasse, il mutuo da restituire) moltiplicati, però, dalla tragedia che li ha travolti. Trascurare le loro attese rischia di trasformare la speranza in protesta”. D’Ercole, che era già stato criticato per aver partecipato alla “protesta delle carriole”, ha guidato al corteo una piccola delegazione nominata dall’arcivescovo, mons.Giuseppe Molinari, e composta da don Claudio Tracanna (portavoce dell’arcidiocesi), don Ramon Mangili (codirettore della Caritas diocesana) e don Juan Vanegas (delegato dell’arcidiocesi per i Problemi sociali e del Lavoro). In coda alla manifestazione, verso le 18 del pomeriggio, l’arcidiocesi ha organizzato anche una celebrazione, presieduta dallo stesso arcivescovo, presso il tendone della parrocchia di Pile, quartiere alle porte de L’Aquila. “Siamo in un momento in cui la nostra città sta combattendo una lotta importante – ha detto Molinari – perché si tratta della vita o della morte della nostra città. Siamo qui riuniti per pregare perché la preghiera non è rinuncia alla lotta, ma occasione per chiedere a Dio la forza che ci occorre per affrontare i tanti problemi”. Mons. Molinari e mons. D’Ercole hanno infine invitato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il suo braccio destro Gianni Letta ad  incontrare gli esponenti delle istituzioni locali e della Chiesa per discutere dei problemi che ancora attanagliano L’Aquila e i paesi del cratere e per ribadire il loro secco no al ripristino delle tasse. Sono infatti diversi mesi che L’Aquila non rientra nei pensieri di Berlusconi: dopo lo scandalo che ha coinvolto il capo della Protezione Civile e la “cricca”, infatti, il presidente del Consiglio non ha neppure più messo piede nella città terremotata.

La partecipazione attiva della Chiesa alla protesta cittadina sembra segnare una nuova fase nelle relazioni tra l’arcidiocesi e il governo. In precedenza, infatti, durante l’emergenza sisma e prima all’avvento in Curia del vescovo ausiliario, mons. Molinari aveva sempre manifestato una totale e spesso acritica solidarietà nei confronti del primo ministro, sostenendolo pubblicamente anche in occasione delle più ambigue campagne mediatiche di Berlusconi a L’Aquila. Come accadde, ad esempio, nel caso della consegna delle prime ‘casette’ di Onna, il 16 settembre 2009, alla quale seguirono indignazione e polemiche (v. Adista n. 93/09).

(Articolo pubblicato su “Adista notizie”, n.55 del 3 luglio 2010)

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