La necessità dell’alternativa della piazza
di Giovanni Bianco
Finalmente domani si svolgerà l’attesa manifestazione per la libertà di stampa.
L’evento deve essere salutato con entusiasmo perchè anzitutto significa che nel nostro Paese, nonostante tutto,esiste ancora una democrazia.
Il che dovrebbe essere scontato, ovvio e lapalissiano, però con l’aria pesante degli ultimi mesi è bene essere realisti e cauti, pur se non esagerati e sempre pessimisti.
I fatti non volgono necessariamente al peggio, c’è un’opinione pubblica critica, una stampa libera che non si lascia intimidire, c’è ancora il coraggio delle idee ed il non saper accettare, ci sono le forze politiche ed i movimenti di minoranza.
Tuttavia sorge spontanea una domanda: perchè tanto clamore per una manifestazione per la libertà di stampa se essa, come ha scritto oggi su “La Repubblica” Roberto Saviano, “da noi non è compromessa come in Cina, a Cuba, in Birmania o in Iran”?
Certamente in Italia, come ha puntualmente ricordato il presidente della federazione della stampa (fnsi), Roberto Natale, il clima è particolare, di minaccia, il Signor B. (per usare una sigla arcinota di Franco Cordero) o Cavaliere ha esortato gli imprenditori a non investire in pubblicità sui giornali catastrofisti, cioè non allineati e critici, ha dileggiato l’evento in questione, parlando di “farsa”, utilizza i quotidiani di maggioranza, di proprietà del medesimo Signor B., quale strumento di pressione, quale mezzi per operazioni intidimatorie di pessimo gusto, anche per troncare carriere o portare in tribunale quotidiani di spessore che sono fermi nella loro opposizione.
Dunque, una manifestazione che probabilmente vent’anni fa non avrebbe avuto lo stesso sapore ed il medesimo pathos, ma i toni laidi di un Feltri, nel libro paga del Cavaliere, una serie di provvedimenti, quale il ddl sulle intercettazioni, ed il penoso attacco ad “Anno zero”, programma ieri addirittura processato a “Porta a porta”, ne hanno inevitabilmente caricato i toni.
Ci si troverà in piazza per la circostanza di essere tuttora liberi cittadini, che possono liberamente decidersi ad un’azione, e non esseri umani, per riprendere il lessico dantesco, che “in libertà non fora” (par.X,89), cioè che non possono agire liberamente.
E, soprattutto, si manifesterà per affermare il diritto di un giornalista di poter informare secondo coscienza e senza la miserevole spada di Damocle di essere messo alla gogna per aver esortato il signor B. ad una condotta di vita più sobria.
Quindi, dopo la calda estate potrebbe esserci l’autunno caldo, della partecipazione protestataria per i diritti civili e, si spera, per quelli sociali, ed ogni momento pubblico in cui si potrà fondatamente dissentire sarà salutato con simpatia e speranza, proprio perchè, nonostante gli anatemi dei detentori del potere politico e del Signor B., il sistema democratico muove “dal basso”, come si è avuto modo di scrivere consiste nel “controllo delle masse sugli apparati”.
E pure perchè, in definitiva, deve essere pienamente rimosso il pericolo dell’avvento di un regime neoautoritario, che mira anzitutto a far passare leggi ed atti con forza di legge per la protezione dei suoi interessi di bottega a l’alterazione del pluralismo in tutte le sue diverse accezioni.
Quel rischio che nell’ottocento ravvisava, tra i molti, un democratico avveduto quale Alexis de Tocqueville, che scriveva che “…in tutti i paese civili, a fianco di un despota che comanda, si trova quasi sempre un giurista che legalizza e dà sistema alle volontà arbitrarie e incoerenti del primo… Bisogna riferirsi ad entrambi nel contempo per capire il tutto”.