Elezioni 2011: lo sconfitto e il vincitore
di Antonio Brunetto
E quando meno te l’aspetti, il corpo elettorale decide di mandare in onda il tanto atteso film, la cui proiezione era stata annunciata molte volte, non trovando però mai collocazione nel palinsesto.
Il dato politico emergente dalle elezioni di medio termine appena celebrate è di lapalissiana evidenza: il sistema di potere berlusconiano, assieme al suo appeal, si è sgretolato, e senza preavviso. Si, perché il quadro politico consegnatoci dalle urne, non aveva trovato alcun pronostico in qualsivoglia analista politico. Hai voglia a dire che la manifestazione del 13 Febbraio delle donne (la cui valenza politica era pressoché nulla, strumentalizzata da chi del gentil sesso ne fa un uso ancor peggiore, se possibile, di chi si voleva contestare, e svilita dalla presenza di molte stesse donne la cui principale virtù, per così dire, non è certo nè la sobrietà, né il rispetto per il proprio corpo), o la manifestazione del 12 Marzo in difesa della Costituzione e della Scuola pubblica (questa sì, splendida), costituivano un segnale premonitore. Nient’affatto. Le dimensioni della sconfitta hanno sorpreso anche i commentatori più preparati ed avveduti.
La disfatta di Berlusconi è totale ed inappellabile. Non va dimenticato che l’uomo è imprevedibile ed ha già affrontato altre batoste. Memorabile quella rimediata alle Regionali del 2005, quando finì 14 a 2 per il centro-sinistra, ma poi, qualche anno dopo, è rientrato nei cuori degli elettori. Ma questa sconfitta è diversa, porta con sé un vento che non si può non avvertire, tanto forte è. È come se la gente non lo sopportasse più, come se la gente si fosse stancata di quest’anziano leader che fa dei suoi problemi un affare di stato, e, parallelamente, dei reali dilemmi sociali che interessano tutti un fastidioso lamento patito da incapaci e disturbatori, da liquidare con battute e populistiche ricette.
Berlusconi deve dimettersi. È il paese intero che glielo ha chiesto. Da Milano a Cagliari, da Napoli a Trieste. È stato lui stesso a fare di queste elezioni un test per il suo governo, a caricarle di significato politico nazionale. Addirittura ha indetto un referendum su di lui. Ne è venuto fuori un clamoroso kappaò. Come consigliere comunale ha raccolto meno della metà delle preferenze avuti 5 anni fa. La sua candidata a sindaco ha incredibilmente mancato il bersaglio, perdendo, ed oltretutto in modo pessimo. Il premier deve fare un passo indietro, considerato anche la centrale importanza città meneghina, capitale morale del paese, e cuore del blocco sociale del berlusconismo.
Milano è la sua città natale, ma il premier ha sempre dichiarato l’amore per un’altra città che ora gli ha voltato le spalle: Napoli. Qui, la sconfitta assume dimensioni catastrofiche. Il candidato (debole) del centro-destra è stato di fatto umiliato da Luigi De Magistris, bravissimo a destreggiarsi in questa nuova avventura.
Il responso elettorale è il peggiore possibile per Berlusconi. Non può sottacersi come ad aggravare la sua debacle, e renderla bruciante, vi sia la carta d’identità dei neo-sindaci. Letizia Moratti non ha consegnato Palazzo Marino ad un moderato del PD, ad un alto-borghese legato ai poteri forti. Berlusconi avrà come sindaco un uomo iscritto a “Rifondazione Comunista”(sic!). E nella città partenopea, a sfilare in Piazza del Plebiscito con la fascia tricolore non sarà un “Berlusconi di sinistra”, non sarà , cioè, un uomo alla Calearo, incidentalmente candidato col centro-sinistra, ma, udite udite, un ex P.M. !!! Oltre il danno, la beffa!
Anche alla luce della fiducia che la gente ha riposto, convintamente, in un uomo di sinistra, e, trionfalmente, in un ex magistrato, il premier deve lasciare Palazzo Chigi. Un briciolo di dignità politica, solo questo occorre.
Ma chi è il vincitore?
Non il PD, incapace di esprimere sul territorio personalità convincenti, ridotto ad appoggiare i candidati ora della sinistra radicale, ora dell’ala giustizialista della coalizione.
Non il terzo polo, che nonostante le dichiarazioni dei suoi leader, sedicenti “decisivi”, non rappresenta per i cittadini una interessante proposta politica.
Il vincitore ha un nome ed un cognome: Nichi Vendola. Il governatore pugliese ha confermato il suo fiuto, il suo saper bene interpretare i sentimenti del popolo, ha ribadito il suo acume politico, ha palesato la sua “cifra”.
Giuliano Pisapia è Sindaco di Milano per una sua intuizione.
A Cagliari l’azione politica svolta è identica a quella effettuata nel Capoluogo lombardo: l’ex Presidente della Commissione Antimafia si fionda in loco, annusa il clima, legge la realtà per quella che è (attitudine sconosciuta agli uomini del PD), individua la personalità adeguata, elabora una strategia appropriata e vincente: a questo punto sfida alle primarie il candidato PD, lo batte, e infine trionfa sull’avversario di centro-destra alle Elezioni. C’è voluto il coraggio del Governatore pugliese per interrompere il dominio del centro-destra, che amministrava la città da ben 17 anni. Con la sua temerarietà, Vendola ha puntato tutto su un ragazzo classe 1976 (!), Massimo Zedda, oggi primo Sindaco rosso nella storia di Cagliari.
Anche nel successo di Napoli non è estranea l’opera politica del “leader con l’orecchino”. Non è un mistero di come costui abbia espresso sostegno formale al candidato PD, ma come, in realtà, il suo cuore ed i suoi voti (soprattutto) siano stati indirizzati a Luigi De Magistris.
Per uno che di mestiere fa il Presidente della Regione Puglia, andar a “pescare” ( e che prelibatezze!) a Milano anzitutto, nel Capoluogo sardo poi, ed in altre minori realtà locali infine, vuol dire vincere una partita difficile fuori casa. In definitiva vuol dire affermare la propria leadership in potenza sull’intero territorio nazionale.