Il rottamatore da rottamare
Renzi, dunque, al primo turno delle primarie del centrosinistra ha ottenuto un risultato più che soddisfacente. Candidato sicuramente espressione di settori moderati dell’area progressista, ha suscitato non pochi dubbi e perplessità sia in una parte consistente del Pd sia nell’intera sinistra. E’ stato spalleggiato da settori non trascurabili dei poteri forti e persino dalla stampa e dai media del centrodestra.
Per lui ha simpatia anche il Signor B., che qualche anno addietro, dopo una visita del sindaco di Firenze ad Arcore, ha augurato ai suoi avversari politici una classe politica modellata sull’ “esempio Renzi”, cioè ha implicitamente auspicato la “berlusconizzazione” della sinistra e del Pd.
Ora, dinanzi a tanto fervore ed entusiasmo per questo candidato, pure per la percentuale di voti conseguita, c’è da riflettere con senso critico ed adeguata capacità di analisi.
Ieri lo hanno continuato a fare due donne coraggiose e ferme nei loro convincimenti, la Camusso e la Bindi, chiedendosi se Renzi sia compatibile con gli ideali e gli scopi dei progressisti. Ritengo che si tratta di dubbi fondati, soprattutto se si pone l’accento sulle idee espresse dal sindaco di Firenze in tema di rapporti economico-sociali, così intrise di “liberismo poliarchico” e competitivo, così in antitesi con il concetto di Stato sociale, in grado di conciliare l’interventismo pubblico nell’economia con il pluralismo, particolarmente confutabili in tema di salvaguardia dei diritti dei lavoratori.
Insomma, c’è da interrogarsi su quali siano gli intenti di Renzi, se quest’ultimo, così “nuovista” e “rottamatore” (per riprendere il suo “pensiero” più noto), non sia soltanto una delle più controverse espressioni dell’attuale crisi della politica e della partecipazione, in una fase di nuovo vigore del populismo, che è in irriducibile contrasto con il modello di democrazia partecipativa evincibile dalla Costituzione vigente.
E’ facile replicare affermando che il sindaco di Firenze si è fatto paladino di un’esigenza di cambiamento e rinnovamento, anche nel suo partito. Ma con quali sostegni ed in sintonia con quali gruppi di pressione?
E’ stato osservato che Renzi pone fondate questioni nel dibattito in atto sul futuro del Pd. Con quale rotta e quale meta?
Sollevare siffatto quesito non vuol dire demonizzarlo, ma soltanto chiedersi se il suo “progetto” possa dirsi di centrosinistra, o sia soltanto un’accozzaglia di proposte, talune piuttosto confuse, che cerca di spostare al centro l’asse portante della coalizione progressista. Questo con tutte le conseguenze che ne derivano, tra cui anche un rapporto non lineare e conflittuale con il mondo del lavoro ed i sindacati, specie con la Cgil.
Fin qui questo candidato così “leggero”, ed utile allo schieramento conservatore per creare confusione, non ha certamente dato prova di compatibilità con quelli che dovrebbero essere i tratti salienti di una coalizione riformista che possa dirsi tale in modo convincente e non approssimativo, anche accogliendo ed aggiornando i preminenti valori della migliore tradizione socialdemocratica europea.