Trump impone la tregua. Teheran: già ripreso il piano nucleare.

di Nello Scavo

Più delle ondivaghe dichiarazioni dei leader, a confermare che la guerra dei dodici giorni per ora non andrà avanti è stata la completa riapertura dello spazio aereo dalle coste orientali del Mediterraneo fino al Caucaso Meridionale.

«Meglio indebolire e lasciare in sella un nemico che conosci, anziché infilarsi in un campo minato». La reazione di una fonte dell’intelligence europea a Gerusalemme riassume le ultime folli ore del Grande gioco mediorientale.

Donald Trump chiamato a recitare la parte dello sceriffo che ordina a Israele di rimettere la pistola nella fondina e all’Iran di non provocare oltre misura. «Hanno entrambi violato il cessate il fuoco», dirà il tycoon con i modi del maestro elementare che rimprovera i marmocchi litigiosi. Il giorno prima c’era stata la vendetta di Teheran contro gli Usa in Qatar, dopo il bombardamento americano degli impianti nucleari. Prima però gli ayatollah avevano avvertito il nemico a stelle e strisce, affinché nessuno si facesse male. Poco dopo Trump aveva annunciato il cessate il fuoco, prevedibilmente violato all’alba da una provocazione iraniana per testare la sincerità del tycoon.

Nelle ore precedenti all’entrata in vigore del cessate il fuoco, quattro persone sono state uccise da missili iraniani che hanno colpito un edificio residenziale a Beer Sheba, nel sud di Israele. Funzionari iraniani hanno parlato di nove persone uccise da un attacco a un edificio residenziale nel nord dell’Iran.

I caccia israeliani non hanno fatto in tempo a decollare per rispondere alla violazione, che “The Donald” aveva intimato a Netanyahu di farli rientrare, al più scaricando qualche ordigno su obiettivi secondari: alcuni impianti radar. Ed è stato lo stesso presidente americano a lasciare intendere che in questi giorni non c’era altro scopo che fermare il programma di arricchimento nucleare. Ancora una volta smentendo se stesso: il giorno prima aveva evocato il “regime change” a colpi di bombe, per estromettere gli ayatollah e consegnare Teheran a forze nuove.

«Nessuno si farà male, il cessate il fuoco è in vigore!», ha scritto il presidente dopo che aveva fatto sapere di avere chiesto a Israele di non sganciare altre bombe: «Se lo fate è una grave violazione». In viaggio verso il vertice Nato in Europa il tycoon ha dichiarato ai giornalisti di essere stato deluso da entrambe le parti, per avere entrambe violato il cessate il fuoco. «Devo fare in modo che ora Israele si calmi», ha detto il presidente, che ha poi accusato Netanyahu e Khamenei di non sapere più come uscirne. Tel Aviv ripete di non avere ancora finito il lavoro, implicitamente minacciando di essere pronti a riprendere i raid se l’Iran direttamente, o attraverso i proxy come gli Houthi nello Yemen, volesse ricominciare con le provocazioni. L’Iran ha negato di aver lanciato missili dopo il cessate il fuoco, stabilito per le 6 del mattino.

Tel Aviv a sua volta ha sostenuto di essere stata costretta a intervenire dopo avere intercettato sui radar un lancio di missili dal territorio iraniano. A Teheran lo stop alle armi è stato accolto in un misto di sollievo per il presente e preoccupazione per il futuro. Se in Israele si contano 28 vittime, gli attacchi nella guerra dei dodici giorni hanno fatto più di 500 morti e quasi 4mila feriti in Iran, secondo le autorità sanitarie del regime, che non hanno fatto sapere quanti siano i civili e quanti militari colpiti. Da diverse città sono però giunte in queste giornate numerose immagini di residenti estratti senza vita sotto le macerie, mentre decine di persone venivano portate in ambulanza nei reparti di emergenza.

Il futuro resta un‘incognita. Trump ha ribadito di non voler vedere il sistema di governo iraniano rovesciato: «Non lo voglio. Vorrei che tutto si calmasse il più rapidamente possibile. Per un cambio di regime ci vuole il caos e, idealmente, non lo vogliamo vedere». Musica per le orecchie della guida suprema Ali Khamenei, a cui Israele dava la caccia ma che potrà far capolino dal bunker dopo avere ottenuto la promessa che non ci saranno altri raid aerei per la sua eliminazione. Per Trump la cosa più importante è che «l’Iran non avrà un’arma nucleare».

In Israele come a Teheran è tempo di celebrare i funerali delle vittime, ricostruire gli edifici e mettere al sicuro il potere. «Abbiamo assistito ad attacchi contro aree residenziali, centri scientifici, istituti di ricerca, strutture sanitarie e civili, quindi ci troviamo di fronte a un importante compito di ricostruzione», ha dichiarato alla televisione di Stato la portavoce del governo, Fatemeh Mohajerani. Il presidente Pezeshkian ha annunciato iniziative per rimettere in piedi il Paese e, sottinteso, il programma nucleare e decretato la «fine della Guerra dei 12 giorni». Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha detto «che la ripresa della cooperazione dell’Iran con l’Agenzia Onu potrebbe portare a una soluzione diplomatica». L’Iran nega di voler dotarsi di armi nucleari. Tuttavia, ha arricchito l’uranio a livelli che non hanno alcuna applicazione civile. Il capo dell’Organizzazione per l’Energia Atomica dell’Iran, Mohammad Eslami, ha subito affermato di volere «andare avanti nel programma di arricchimento», tanto più che almeno 400 chili di uranio sono stati trasferiti al sicuro prima dei bombardamenti Usa.

Se sull’energia atomica è difficile distinguere tra propaganda e realtà, altri programmi di sicuro non cambieranno. Uno dei raid aveva bersagliato la cinta del carcere di Evin, dove il regime detiene prigionieri politici, dissidenti, attivisti, oppositori.
Le Ong hanno parlato di «vittime», per il regime (in tono sibillino) nessuno sarebbe «riuscito a fuggire», e per anticipare che piega prenderanno le cose, i media iraniani hanno confermato che le autorità hanno deciso il «trasferimento» dei detenuti. I piani per il nucleare sono stati rallentati, ma quelli per la repressione non saranno cancellati. E nel silenzio le “purghe” sono già iniziate, proprio mentre riapre lo spazio aereo. As usual.

(avvenire.it , 24 giugno 2025)

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