Toccare i muri

di Raniero La Valle

È appena uscito un libro molto bello di padre Antonio Spadaro sulla rivoluzione di papa Francesco nella politica mondiale (Antonio, Spadaro, Il nuovo mondo di Francesco, come il Vaticano sta cambiando la politica globale, Marsilio, Venezia). È un’interpretazione del pontificato non in rapporto alla riforma della Chiesa (che il papa dice di non voler fare, perché a farla sarà il Signore una volta rimesso al centro di essa), ma in rapporto alla storia stessa del mondo, all’ora della sua crisi. Dato che il papa ha detto una volta che “La Civiltà Cattolica” è un’interprete fedele del suo pontificato, questo libro scritto dal suo direttore va preso molto sul serio.
Prima di tutto vi si trova la conferma che questo è un pontificato da interpretare, ben al di là delle semplificazioni di chi lo avversa o lo esalta senza davvero conoscerlo; è da interpretare perché si manifesta come un unicum rispetto a tutti i pontificati precedenti (le “cose mai viste”) e nello stesso tempo esprime la verità più profonda del ministero petrino; ma è anche un’interpretazione che non si può dare per esaustiva e conclusa, perché questo non è un pontificato di progetto, ma di cammino, non si realizza come identità, ma come processo.
Vista in questa luce, è decisiva l’interpretazione del pontificato, quale si dà nel libro di Spadaro, come di “una sfida all’apocalisse”, che vuol dire contare sulla misericordia e resistere alla catastrofe togliendo ogni fondamento alla fascinazione religiosa per lo scontro finale inteso come resa dei conti tra Bene e Male, dove la “religione” nelle sue forme integraliste e conservatrici starebbe dalla parte del bene. Sfidare l’apocalisse vuol dire l’uscita ignaziana dalla religione intesa come una scelta tra Dio e il mondo, e una totale adesione alla scelta di Dio nel mondo. Ciò comporta riconoscere e mettere in dialogo tutti i germi di bene e le realtà positive, senza negare il conflitto, ineliminabile nella storia, ma senza mai dare niente e nessuno come perduto per sempre. Tra le due opzioni possibili nel rapporto col mondo violento di oggi “attraversato da un fiume di miseria”, l’opzione di Francesco non è pertanto quella di affrettarne la fine in vista di un altro “mondo” promesso; l’ opzione sarebbe piuttosto «quella di essere “muro di contenimento”, forza frenante, ultima difesa prima della catastrofe verso cui ci conduce il potere che domina nel sistema della globalizzazione selvaggia che governa sregolando i rapporti, garantendo immunità e sicurezza solo al denaro, rendendo arbitra la guerra». E qui l’analisi di padre Spadaro sembra raggiungere quella dell’appello fatto risuonare da “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”, per una resistenza diffusa, una forza frenante, un “katécon” che arresti la corsa verso il genocidio; ma questa antitesi al collasso in papa Bergoglio egli la vede realizzarsi nella prassi del vangelo, in una visione spirituale che riconosce Dio all’opera nel mondo, ciò “che porta ad accettare i piccoli passi, i processi, l’autorità mondana, i colloqui, le trattative, i tempi lunghi, le mediazioni”.
Questa è l’opzione di Francesco, che vuol dire diplomazia, vuol dire politica, ma anche annunci e gesti profetici, come quello di toccare i muri della divisione poggiandovi la mano, come ha fatto col muro di Auschwitz, col muro di Betlemme, e quasi toccando il muro al confine del Messico, e quello tra le due Coree, e a Sarajevo… E quel toccare i muri è come per guarirli, per curarne le ferite, come faceva Gesù quando toccava con le sue mani i malati.
Nel libro si parla anche degli sforzi che il papa sta facendo per un incontro con la Cina, “una grande nazione – ha detto una volta Francesco – che apporta al mondo una grande cultura e tante cose buone… Io amo il popolo cinese, gli voglio bene”. E un’altra volta: “Poi c’è il dialogo politico, soprattutto per la Chiesa cinese, con quella storia della Chiesa patriottica e della Chiesa clandestina, che si deve fare passo passo, con delicatezza, come si sta facendo. Lentamente. Ma le porte del cuore sono aperte. E credo che farà bene a tutti un viaggio in Cina. A me piacerebbe farlo”.
Sul dialogo con la Cina papa Francesco è ora oggetto dei più duri attacchi, lo accusano di svendere la Chiesa, ma neanche con la Cina la polemica contro il papa cresce di qualità. Invece il sito antipapista e zelante dell’”Espresso”, gestito da Sandro Magister, dice che i fautori di papa Francesco, anche per quanto riguarda il rapporto con la Cina, erano cattivi già cinquant’anni fa: infatti già allora amavano la Cina, e a prova di ciò esso pubblica un testo, edito dalla Libreria Editrice Fiorentina, in cui due noti cattolici di allora, Giampaolo Meucci e Raniero La Valle, raccontavano con empatia di una visita fatta in Cina quando ancora c’era Mao. Curiosamente il titolo di questo lancio del sito dell’ “Espresso” scambia questo testo con un inesistente diario di cinquant’anni fa del vescovo argentino Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, che sarebbe stato ora “scoperto”, dopo che a sua volta questo monsignore ha fatto un viaggio in Cina nei mesi scorsi, riferendone in modo lusinghiero. In ogni caso, a parte la svista del titolo, il testo fiorentino pubblicato ora con grande scandalo dal sito dell’ “Espresso” è interessante, primo perché si tratta del resoconto di un viaggio turistico, che allora nessuno faceva, e non, come si sostiene, di una “infatuata diaristica di tanti famosi intellettuali, scrittori, uomini di Chiesa recatisi in Cina sul finire della Rivoluzione culturale” e, secondo, perché mostra non che quell’atteggiamento di attenzione alla Cina fosse allora sbagliato, ma che la Chiesa è oggi indietro di mezzo secolo nel suo rapporto con la Cina, ritardo che appunto papa Francesco sta ora colmando. È stato perciò molto utile che il sito dell’ “Espresso” abbia riesumato quel racconto di un antico viaggio, anche se ne ha pubblicato una versione un po’ caricaturale, e perciò quei testi vengono riprodotti ora nel sito http://www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/ .

(14 febbraio 2018)

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