Ritardi, armi spuntate, incubo Grecia e la moneta unica torna in bilico

Torino 2006 - 2 Eurodi Ettore Livini

Il vecchio fondo salva-Stati viene ridimensionato, il nuovo non è ancora pronto. Si teme il default di Atene. Draghi costretto a muoversi in un campo minato: stretto tra le richieste dei Paesi in crisi e i falchi tedeschi. L´Europa rischia di arrivare in ritardo all´appuntamento con la battaglia decisiva per la salvezza dell´euro. Atene è sull´orlo del crac ormai da due anni. Ma in 24 mesi Bruxelles non è riuscita a mettere assieme un arsenale adeguato alla potenza di fuoco della speculazione. Il Fondo salva stati (Efsf) è allo stato un cannone con poche munizioni. E la sua efficacia è stata ridotta ulteriormente ieri dal taglio del rating da parte di S&P. L´Esm (European Stability Mechanism) – destinato a raccogliere la sua eredità da luglio – è ancora una scatola vuota. Il rischio è che un evento improvviso come il default della Grecia – le Cassandre guardano con preoccupazione alla scadenza di 14,4 miliardi di bond ellenici il 20 marzo – possa cogliere il Vecchio continente in contropiede. Scatenando l´attacco finale alla moneta unica prima ancora che l´Europa sia riuscita a mettere in campo il suo esercito.
Due armi spuntate
Efsf e Esm sono la fotografia più plastica dei ritardi della politica comunitaria nella partita. La Germania e i paesi del nord non vogliono mettere troppi soldi sul piatto per salvare le cicale continentali fino a quando i loro conti non saranno in sicurezza. Morale: i fondi salvastati sono due incompiute. L´Efsf nasce con 780 miliardi di garanzie Ue che avrebbero dovuto consentirgli di spendere 440 miliardi per difendere l´euro. Il declassamento di Francia e Austria però rischia di ridimensionare a 300 miliardi la sua disponibilità. Di più: oltre 46 miliardi della sua dotazione sono stati usati per i salvataggi di Irlanda e Portogallo, 100 andranno alla Grecia. E i 150-250 miliardi residui servirebbero a poco se l´effetto domino della crisi travolgesse la Spagna o l´Italia.
L´Esm, in teoria, potrebbe sparare qualche cartuccia in più. Gli Stati dovrebbero capitalizzarlo con 80 miliardi, regalandogli una capacità di intervento sui mercati di 500 miliardi. Ma il suo decollo, a rate, è previsto da luglio. Quando la frittata dell´euro potrebbe essere cosa già fatta. Mario Monti non a caso chiede da tempo di accelerare il varo dei due fondi e di potenziare di molto il loro arsenale.
Le mosse della Bce
L´Europa politica, insomma, latita. Quella monetaria fa quello che può. Mario Draghi è costretto a muoversi su un campo minato, stretto tra le richieste d´aiuto dei paesi in difficoltà e i falchi della Bundesbank. La Bce ha provato a sparigliare le carte tagliando due volte i tassi di interesse e “regalando” alle banche 489 miliardi per sbloccare la drammatica crisi di liquidità sul mercato. L´operazione ha funzionato solo a metà: gli istituti di credito sono tornati a comprare titoli di stato alle aste italiane e spagnole aiutando il calo dei rendimenti. Ma non prestano soldi a imprese e cittadini. I depositi sui conti correnti delle banche presso la Bce registravano ieri un saldo attivo record di 493,4 miliardi. Come dire che tutti i quattrini girati loro da Supermario sono parcheggiati presso l´Eurotower dove rendono solo lo 0,25%. Francoforte è stata costretta allora a riprendere gli acquisti di titoli dei paesi più deboli sul mercato. La scorsa settimana sono triplicati a 3,7 miliardi portando a 217 miliardi i Btp italiani e i Bonos iberici rastrellati da Draghi. Una strategia che fa già storcere il naso a Berlino.
L´opzione Fmi
Bruxelles ha provato a chiamare al suo fianco nella battaglia per l´euro il Fondo Monetario, già intervenuto in aiuto di Grecia, Irlanda e Portogallo. Ora però la Ue vorrebbe un salto di qualità, grazie a 150 miliardi girati all´Fmi grazie a prestiti bilaterali delle banche centrali continentali. Lo scopo “politico” è convincere gli Stati Uniti e i Bric a fare la loro parte nella crisi dei debiti sovrani mettendo a disposizione nuovi fondi per disinnescare il rischio di una recessione globale. Peccato che anche qui i tempi siano stretti e l´Europa (guarda un po´) sia in ritardo: i finanziamenti per l´organizzazione guidata da Christine Lagarde non sono ancora stati varati.
Scadenze a rischio
A preoccupare Bruxelles e Washington sono le scadenze dei prossimi due mesi. Il dossier più pericoloso è quello di Atene. Le banche hanno rotto i negoziati con la Grecia per il taglio al 50% dei loro crediti con il paese. Senza un´intesa in tempi rapidissimi (ci vuole almeno un mese per implementare lo swap sui titoli di stato dopo l´accordo) il governo ellenico rischia di non avere i soldi per ripagare i 14,4 miliardi di bond in scadenza il 20 marzo. Il mercato guarda con una certa preoccupazione anche alle aste dei prossimi due mesi di Italia e Spagna. Se i tassi dovessero impennarsi la situazione potrebbe avvitarsi su se stessa. E l´Europa, orfana di armi credibili, si troverebbe a combattere la madre di tutte le sue battaglie a mani nude.

(“La Repubblica”, 17 gennaio 2012)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *