Rifiuti Usa

di Tonio dell’Olio

Che dopo 20 anni di “presenza” straniera, le truppe della coalizione abbandonino l’Afghanistan è cosa nota e risaputa, ma in questi giorni circolano alcune immagini che sono diventate l’icona del risultato di quella pluriennale occupazione. È la discarica infinita di rifiuti della base aerea di Bagram, quartier generale delle forze statunitensi. Sono tonnellate di rifiuti e rottami metallici tra i quali la povera gente si aggira alla ricerca di poter recuperare qualcosa da riutilizzare o rivendere. Sembra la vera metafora di una guerra protrattasi tanto a lungo e che ora si lascia alle spalle una scia di rifiuti, ovvero di sporcizia, di tante risorse spese per garantire i 100.000 soldati Usa che sono passati da lì. La situazione sociale e politica, come quella dello smaltimento dei rifiuti, è tutt’altro che risolta. Gruppi armati che hanno rialzato la testa, collaboratori (autisti, traduttori, inservienti) che tremano per gli effetti delle vendette da parte dei fondamentalisti, un governo fantoccio che si aggira su un panorama spettrale come una discarica, gente che fugge, donne che temono ritorsioni a suon di bombe per il solo fatto d’essersi affrancate dalla schiavitù. Insomma un fallimento, ovvero una discarica costata un fiume di denaro e, ancora di più, tantissime vite umane. Quelle risorse avrebbero potuto segnare la ricostruzione del Paese diffondendo benessere. Pane invece che bombe. La risposta migliore ai flauti incantati dei Talebani. Gli abitanti dell’Afghanistan non avrebbero avuto dubbi su da che parte stare.

(mosaicodipace.it , 7 luglio 2021)

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