La guerra contro Dio del regime iraniano
di Tonio Dell’Olio
Ormai Javad Rouhi, 35 anni, non riesce più a parlare né a camminare, ed è diventato incontinente. È affetto da una grave malattia mentale ma non è questa la causa del suo stato. Rouhi è stato brutalmente torturato in un carcere iraniano con l’accusa di aver partecipato all’incendio di una caserma e di aver dato fuoco anche a una copia del Corano. Il 3 gennaio è stato condannato a morte per “guerra contro Dio, corruzione sulla Terra e apostasia” cui si aggiunge l’accusa specifica di “incitamento a combattere e uccidersi a vicenda”. Javad Rouhi non ha avuto la possibilità di difendersi perché il codice iraniano stabilisce che chi è processato con quelle accuse non merita (non ha diritto a) un avvocato difensore. Più che prove sul suo conto, la “giustizia” ha raccolto la sua confessione dopo torture pesanti subite in un centro di detenzione gestito dai Pasdaran. Quando un regime ha bisogno di accanirsi in un modo così brutale persino contro una persona con disabilità mentale, manifesta un segno di debolezza enorme. Il regime iraniano ha i giorni contati anche perché esattamente le stesse accuse mosse a Javad Rouhi possono essere rivolte a chi esercita brutalmente il potere da quelle parti: “guerra contro Dio, corruzione sulla Terra e apostasia”.
(mosaicodipace.it , 20 gennaio ’23)