Elezioni Usa, perchè la vittoria di Biden cambierà i negoziati sulla Brexit
di Enrico Franceschini
Il premier britannico Boris Johnson perde con Donald Trump il partner che lo esortava a liberarsi dell’Unione Europea e ad abbracciare un disinvolto rapporto commerciale con gli Usa
Dalla cosiddetta “relazione speciale” fra Stati Uniti e Gran Bretagna sono sbocciati cicli politici che hanno influenzato tutto l’Occidente e buona parte del mondo: Thatcher-Reagan, il neoliberismo; Clinton-Blair, la “terza via” riformista della sinistra; Johnson-Trump, il populismo. Ora l’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca potrebbe innescare una nuova stagione attraverso l’Atlantico. O come minimo portare al tramonto, dopo Donald Trump, anche il leader populista che ne sembra il sosia europeo: Boris Johnson.
“Non c’è niente di più patetico di un ex-presidente”, diceva John Quincy Adams, sesto presidente americano. Niente di più patetico, tranne forse “l’imitazione di un ex-presidente”, come ha scritto ieri l’Observer, alludendo a un primo ministro conservatore che qualcuno ha ribattezzato “il mini-Trump”. Continuare ad atteggiarsi a Trump britannico, dopo che Trump è uscito di scena, ragiona il giornale domenicale londinese, sarebbe controproducente: nessuno vuole avere un perdente come modello. Quel che è peggio per lui, Johnson perde il partner che lo esortava a spingere al massimo l’acceleratore della Brexit, liberarsi dalle catene dell’Unione Europea e abbracciare un disinvolto rapporto commerciale con gli Usa.
Per il Regno Unito, la Brexit era già un problema. La crisi economica scatenata dalla pandemia da Covid lo ha reso ancora più grave. Ma se a questo si aggiunge la presidenza Biden, il cocktail può diventare esplosivo. Durante la campagna presidenziale, il candidato democratico ha avvertito chiaramente: se la Brexit minaccia la pace in Irlanda, il paese di cui è originaria la famiglia di Biden (e da cui milioni di immigrati sono arrivati in America), non ci sarà alcuna possibilità di un patto di libero commercio con la Gran Bretagna.
La minaccia più seria alla pace irlandese, raggiunta nel 1998 con la mediazione di Washington, sarebbe il “no deal”, l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue senza alcun accordo: un’ipotesi ancora possibile, a qualche settimana dal termine obbligato della trattativa fra le due parti, che deve concludersi in qualunque modo entro la scadenza già fissata del 31 dicembre.
Perciò a Londra si diceva che Johnson avrebbe aspettato il risultato delle presidenziali Usa per decidere se approvare le concessioni necessarie a un accordo con Bruxelles. Per la stessa ragione adesso si dice che Downing Street sarà costretta ad autorizzare un compromesso ad ogni costo pur di giungere a un’intesa con la Ue. “La Brexit con il no deal e Biden alla Casa Bianca farebbero sentire il Regno Unito molto isolato nel mondo”, ammonisce il Financial Times. Il dubbio è se anche una Brexit con un accordo basterà a rafforzare la “relazione speciale” fra due Paesi “divisi dalla stessa lingua”, come li chiama una vecchia battuta, e ora anche da due leadership radicalmente diverse.
Boris Johnson si è affrettato a fare le congratulazioni a Biden. Ma in passato il candidato democratico non ha nascosto l’antipatia verso il premier britannico, giudicandolo “un clone di Trump”. E come indica Tommy Vietor, ex-portavoce di Barack Obama, la nuova amministrazione americana “non dimenticherà i commenti razzisti di Johnson su Obama e la sua servile devozione nei confronti di Trump”. In difficoltà su tutti i fronti, dalla pandemia alla Brexit, il leader conservatore dovrebbe abbandonare l’immagine di spregiudicato populista per ricrearsene una nei rapporti con il nuovo inquilino della Casa Bianca. Il coronavirus gli aveva già fatto passare la voglia di scherzare. Adesso, di fronte a Biden, il primo dei populisti d’Europa è per così dire nudo.
È presto per dire se Joe Biden troverà a Londra, forse nel leader laburista Keir Starmer (in testa di cinque punti nei sondaggi), un partner in grado di aprire un altro ciclo in Occidente: la ricetta per battere il populismo, il ritorno alla serietà e alla solidarietà in politica. Ma come già ironizza qualcuno sui social media, “dopo un biondo populista, potrebbe caderne un altro”. Di certo la posizione di Boris Johnson è diventata di colpo più precaria e complicata. Attraverso l’Atlantico non è più il tempo delle battute di spirito.
(repubblica.it , 9 novembre 2020)