Da Ventotene a Lampedusa:un New deal e una cittadinanza comune del mediterraneo

di Nicola Vallinoto

Scrivo queste righe lasciando Lampedusa il giorno in cui l’isola commemora i 368 morti nel naufragio del peschereccio del 3 ottobre 2013 mentre la politica italiana ed europea presente a Lampedusa (Laura Boldrini, Federica Mogherini, Martin Schulz e diversi parlamentari europei) si interroga su come porre fine a questa tragedia.

Fino ad oggi la politica istituzionale italiana ed europea ha cercato di mettere dei cerotti alle ferite senza andare a curare le cause delle migrazioni di massa dal continente africano. Guerra e fame colpiscono i popoli della sponda sud del Mediterraneo i quali sono costretti a trovare una via di fuga, seppur tortuosa e pericolosa, per avere una speranza di vita, e non dico migliore, semplicemente una speranza. Gli europei non possono stare a guardare: devono porre rimedio alle cause sia per senso di responsabilità che per mera necessità.

Abbiamo una responsabilità regionale in quanto gli USA hanno cessato di esercitare una leadership mondiale sotto la spinta della crisi dei mutui sub-prime e dell’ascesa di nuovi attori del processo di globalizzazione. Siamo in un mondo multipolare e l’Europa può, anzi deve, esercitare un ruolo costruttivo e di aiuto verso i popoli della sponda sud con una politica di vicinato degna di tale nome.

Dobbiamo muoverci anche per necessità: tra qualche anno l’UE non avrà più forza lavoro e dovrà aprire le sue porte a immigrati qualificati e non. Alcune proiezioni ci dicono che tra pochi anni serviranno decine di milioni di nuovi posti di lavoro.

Invece di lasciare morire nel Mediterraneo migliaia di migranti (già 3 mila dall’inizio del 2014 e 25 mila dal 2.000) perchè non allestire punti di raccolta cogestiti dall’Unione Europea e dall’Unione Africana vicino ai centri nevralgici (dove ci sono le guerre) nei quali sia possibile richiedere asilo politico per coloro che ne hanno diritto e di trasportarli in Europa con voli charter e con una equa distribuzione tra tutti i 28 paesi dell’UE. E’ una questione di diritto ma c’è anche un risvolto economico: in tal modo si evitano di spendere gli stessi soldi a posteriori e di ingrassare il traffico illecito di esseri umani.

E poi c’è la grande questione della giustizia sociale, della dignità, e della democrazia dei popoli della sponda sud del Mediterraneo. L’Unione Europea deve affrontare una doppia sfida: una interna ed una esterna.

Per la prima deve uscire dalla crisi dei debiti sovrani. Abbiamo visto che anche la Francia non riesce a rispettare i parametri di Maastricht segno evidente che le sole politiche di rigore non sono sufficienti a portare la nave europea fuori dalle secche dell’austerità. E allora, visto che i governi non sanno indicare la via di uscita, prendiamo spunto dall’iniziativa dei cittadini europei “New Deal 4 Europe” (1) che chiede un piano europeo straordinario per creare nuova occupazione (e di qualità) nella direzione di uno sviluppo che sia ambientalmente e socialmente sostenibile. Tale piano deve essere finanziato con risorse proprie europee provenienti dalla tobin tax e dalla carbon tax, tassando, quindi, chi specula e chi inquina.

Per la sfida esterna l’Unione Europa deve sostenere il percorso solo abbozzato dalle primavere mediterranee creando le condizioni per uno sviluppo autonomo e democratico delle regioni del Maghreb e del Mashrek.

I partecipanti al festival Sabir (2) riuniti a Lampedusa dal 1 al 5 ottobre chiedono a gran voce un nuovo patto sociale, economico e ambientale tra i popoli delle due sponde del Mediterraneo ovvero un New Deal mediterraneo dove l’UE mette sul piatto della bilancia un piano di investimenti pubblici e le conoscenze tecnologiche.

L’unico modo per emancipare la regione è di creare progetti condivisi nei diversi ambiti (ricerca, università, energie rinnovabili, agricoltura ecologica) con investimenti pubblici volti a gestire il bene pubblico e condiviso per eccellenza: il Mar Mediterraneo.

A gestire il bene comune deve porsi una rinnovata Comunità mediterranea che metta al centro una cittadinanza comune del Mediterraneo.

Lampedusa è una isola di “confino” come Ventotene. Durante la tragedia della seconda guerra mondiale a Ventotene un gruppo di antifascisti ha scritto il Manifesto per un’Europa libera e unita (“Manifesto di Ventotene”) che ha offerto una via di uscita ai nazionalismi europei. Analogamente da Lampedusa, teatro della tragedia dei migranti in fuga dalla guerra, oggi può nascere una Carta per un Mediterraneo libero e unito (“Carta di Lampedusa”) che indichi una via di uscita per riscattare la dignità e la democrazia dei popoli mediterranei.

Nicola Vallinoto

(1) L’iniziativa dei cittadini europei “New Deal 4 Europe”

(2) Il programma del Festival Sabir di Lampedusa

(http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/, 6 ottobre 2014)

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