Un vescovo dell’altro mondo
di Raniero La Valle
E che cos’altro deve essere un papa se non un confessore della fede? Questo ha detto Francesco nella sua prima omelia ai cardinali nella cappella Sistina: di essere tutti lì, vescovi, preti, cardinali, papa, per nient’altro che per professare la fede in Cristo, e questo crocefisso. Ed ecco allora che si scompaginano tutte le previsioni e le speculazioni della vigilia, su ciò che avrebbe scelto il Conclave, se un papa dell’una o dell’altra fazione della Curia, se un papa diplomatico o politico, uno che avrebbe riportato la disciplina nel clero o che avrebbe risolto il problema dello IOR. Ecco che arriva un papa che di fronte a una Chiesa tormentata ed in crisi, e dopo tante riforme sognate e fallite dice: ricominciamo dalla fede.
Ed allora si capisce perché si è presentato al balcone non come il nuovo Sommo Pontefice dato al mondo, ma come il nuovo Vescovo dato alla comunità diocesana di Roma, si capisce perché ha indicato, come suo primo collaboratore, il cardinale vicario di Roma e non il segretario di Stato; si capisce perché al papa che lo aveva preceduto si è rivolto come al “vescovo emerito” di Roma, e si capisce perché prima di benedire il suo popolo, ha chiesto al suo popolo di benedirlo, e si è inchinato davanti a lui: un gesto che poteva pure essere mostrato per televisione in tutto il mondo, ma che raggiungeva la sua verità solo in quel silenzio, in quel guardarsi, in quel rapporto fisico immediato, in quella piazza, in quella città, del vescovo con i fedeli della sua Chiesa.…
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