Ricostruire il Paese. Oggi come ieri i giovani devono vincere la sfida

di Alfredo Reichlin

Fu la capacità di mobilitare le energie profonde del popolo la nostra bandiera. Italia e giustizia sociale. Il voto francese può aiutarci a cambiare. Non abbiamo a che fare con una guerra perduta né con una dittatura fascista eppure il passaggio a cui siamo giunti è cruciale per l’avvenire della democrazia. È necessario un grande rinnovamento, bisogna rialzare la testa come allora. Sono passati quasi 70 anni -una intera epoca storica – dalla liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista.

Io ricordo bene quella giornata che segnò l’avvento di una nuova Italia. Un mondo soprattutto di giovani prendeva in mano il destino di un Paese coperto di macerie, ferito da migliaia di morti, umiliato dalla sconfitta in una guerra ingiusta e sciagurata, occupato da eserciti stranieri. È in queste condizioni che i grandi partiti popolari, i rappresentanti delle masse contadine ed operaie che fino allora erano state escluse dalla vita pubblica dello Stato post-risorgimentale, presero la guida dell’Italia e la portarono alla riscossa.…

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Lettere dai partigiani. “Il 25 aprile dei ragazzi”

di Paola Soriga

Le loro storie sono la nostra memoria. Le storie dei nostri nonni, che ci hanno raccontato quando magari non avevamo voglia di ascoltare, e che adesso non sappiamo dire quanto ci dispiace non potere più ascoltare. Le storie dei nostri nonni o dei nonni che ci siamo scelti, arrivate con una parola, con un libro, con una canzone. Come quella di Mario Bottazzi, partigiano romano, che sabato scorso, al liceo Avogadro di Roma, è stato contestato da un gruppo di studenti neofascisti, e per questo, proprio perché il tempo non è passato, dopodomani 25 aprile, dopo due anni di manifestazione a Porta San Paolo, i partigiani hanno deciso di tornare a sfilare. Per le strade.

La suggestione di un mondo che non conosco se non attraverso le parole a me l’hanno data, a diciassette anni, i CSI. La scoperta di Beppe Fenoglio nei testi di La terra, la guerra, una questione privata. Della guerra, del fascismo, della Resistenza, sapevo quello che avevo studiato e letto e guardato a scuola e quello che avevo sentito in casa.…

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Il tramonto dell’utopia

di Francesco Comina

Sono passati 20 anni dalla morte di padre Balducci. La storia è cambiata profondamente. Il vagito della comunità mondiale da lui tanto atteso si è presto trasformato in un pianto disperato. Ma ai piedi del faro non c’è luce.

A vent’anni dalla morte di padre Ernesto Balducci (25 aprile del 1992) è prima di tutto un senso di tremenda nostalgia che accompagna i volti e i luoghi della sua memoria. Quasi uno spaesamento per una storia che è schizzata così velocemente su traiettorie che nemmeno il fuoco della profezia poteva immaginare. Tutto si è consumato troppo in fretta. Il Novecento si è chiuso nel peggiore dei modi. Gli ultimi dieci anni sono stati il tradimento dei precedenti quaranta. La guerra è tornata al centro della politica, la conquista delle libertà individuali è diventata neoliberismo spinto (oggi subiamo gli effetti della speculazione finanziaria e la politica è davvero ancella dell’economia) e la Chiesa è rientrata nel recinto della normalizzazione sognando l’antico, quando la messa di faceva in latino e la Democrazia cristiana raccoglieva nel suo imbuto il gregge di Dio.…

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Ecco la trasparenza: un euro a voto e cinque per mille

di Piero Fassino

La politica richiede costi ma è sbagliato arroccarsi nella difesa dell’esistente. È necessario darsi regole e modalità di sostentamento anche scontando una riduzione dei rimborsi

Il finanziamento della politica è uno di quei temi “sensibili” che segna il rapporto tra cittadini, partiti e istituzioni. E in tempi in cui quel rapporto è fragile e critico, le modalità con cui la politica è finanziata diventa un sensore particolarmente significativo. Per questo credo che i partiti debbano avere la lucidità di sottrarsi alla tentazione di chiudersi a riccio, di arroccarsi in una difesa di sé che avrebbe come unica conseguenza di dare ulteriore fiato all’antipolitica, accrescendo ancora di più la distanza tra partiti e società. Non è in discussione – almeno per me – la assoluta necessità di garantire alla attività politica risorse pulite e trasparenti per il suo esercizio. Al pari di qualsiasi attività umana anche la politica comporta costi e richiede risorse per pagarli. Ma tanto più in tempi in cui a ogni persona e ad ogni famiglia si chiedono sacrifici non irrilevanti (dall’allungamento dell’età pensionabile alla tassazione sulla casa), i partiti hanno il dovere di darsi regole e modalità di finanziamento sostenibili e compatibili, anche scontando una inevitabile riduzione delle risorse fin qui ottenute.…

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Welfare e donne

di Giuliana Ferraino

Norma contro le dimissioni in bianco e una sperimentazione dei congedi di paternità obbligatori per tre anni, finanziata del ministero del Lavoro. Sono le due novità uscite ieri dall’incontro tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro. Insieme all’accordo raggiunto sulla data: i nuovi ammortizzatori sociali, uno dei pilastri della riforma, entreranno in vigore, a regime, dal 2017, come avevano chiesto le parti sociali al ministro del Welfare, Elsa Fornero, che invece aveva proposto il 2015 come data d’inizio. E’ un fatto non da poco. Significa che si avrà una fase transitoria, con un’applicazione graduale dei nuovi strumenti di sostegno al reddito in caso di perdita del lavoro. La sperimentazione dei congedi di paternità obbligatori «è un modo per far cambiare la mentalità: la maternità non è un fatto solo di donne. Bisogna conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia», ha spiegato il ministro Fornero. Ma è il capitolo sugli ammortizzatori sociali a rappresentare un cambiamento «rivoluzionario», almeno per il nostro Paese: invece di difendere il posto di lavoro, con il nuovo sistema di ammortizzatori si punta a proteggere il lavoratore.…

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Se i partiti, Pd tra tutti, viaggiassero con i pendolari

Al votodi Guido Melis

Le primarie infelici del Partito democratico rimandano al nodo della crisi stessa della politica, in Italia e forse anche altrove. Parlo del partito politico contemporaneo, del partito “moderno principe”, così come si è formato ed è venuto evolvendosi nel corso del secolo scorso; e parlo naturalmente della sua crisi, della progressiva delegittimazione, della deriva che gradatamente lo ha trasformato, da elemento di coagulo dal basso di interessi significativi qual è stato nella sua parabola ascendente, in articolazione esterna, dall’alto, di reti istituzionali che non sono più percepite come pienamente corrispondenti alla domanda dei cittadini. Il coperchio della pentola a pressione sociale.

C’è stato un tempo che il partito rifletteva fedelmente la società divisa in classi, o quanto meno scissa in interessi, contrapposti o comunque chiaramente identificabili: ne assumeva le ragioni profonde, le faceva proprie, le sintetizzava nella politica, trasferendole poi, filtrate, nella sfera alta delle istituzioni.

Quel tempo è finito quando le società contemporanee dell’Occidente hanno perduto la loro spina dorsale classista; quando nel singolo individuo, sempre più monade socialmente isolata, si sono condensate alla rinfusa identità sociali disparate e talvolta fra loro contraddittorie: lavoratore, e non sempre a salario e a posto fisso, ma al tempo stesso consumatore; eventualmente piccolo proprietario di una casa, e contemporaneamente fruitore di servizi pubblici, e magari percettore di pensione, e insieme piccolo risparmiatore, e assicurato, e certamente inserito in reti familiari larghe (e perciò coinvolto nelle problematiche di altri soggetti a lui collegati).…

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Il conformismo di Libertà e Giustizia

Facinorosi sovversividi Michele Prospero

Non sembra esserci ancora, tra le forze intellettuali e i movimenti della società civile, la piena consapevolezza dei rischi involutivi, davvero spaventosi, che corre la democrazia in Italia. Il comunicato che «Libertà e Giustizia» ha diramato l’altro giorno è un preoccupante segno dei tempi tempestosi che possono travolgere le istituzioni, senza incontrare argini efficaci. Se una delle espressioni più note della cosiddetta società civile riflessiva non trova di meglio che parlare di un «malloppo» da sottrarre ai partiti, naturalmente tutti dipinti come potenziali ladroni, è meglio non immaginare il livello di altre metafore. E dire che, solo qualche settimana fa, l’associazione si era espressa con ben altri termini (e toni) sui problemi della crisi e della riforma della politica. Ora, al posto della pacatezza dell’analisi, affiora una repentina inversione di marcia che suggerisce di adottare uno sbrigativo linguaggio agitatorio. Il cuore del breve documento di «Libertà e giustizia» è infatti racchiuso nel brano seguente. «Tutti i partiti sono diventati delle scatole che valgono solo per la merce che contengono: i soldi dei cittadini».…

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L’etica della cura salverà la politica maschile?

Banca etica a tutta un altra città 2010di Franco Monaco

Confido nella vostra comprensione. Sono un po’ un alieno, maschio e, cosa ancor più grave, di formazione cattolica tradizionale. Sono qui solo in ragione dell’amicizia che mi lega a Franca Chiaromonte e Anna Maria Carloni. Con il proposito di ascoltare e, se possibile, di imparare. Non è convenevole di rito. Mi è chiaro infatti che, dentro il vasto e plurale movimento delle donne, voi avete una vostra peculiarità e un percorso originale nel quale non oso neppure provare ad inserirmi. Solo qualche osservazione sparsa e disordinata. Pur dall’esterno e a distanza, mi riesce di percepire la fecondità politico-culturale del contributo del movimento delle donne. Se non sbaglio, tre stelle polari della loro, della vostra riflessione, tre dimensioni coessenziali e compresenti e tuttavia diversamente dosate dentro un equilibrio dinamico lungo le fasi del movimento, sono rispettivamente: l’uguaglianza, la differenza, la reciprocità. L’uguaglianza non solo, come è ovvio, in dignità ma anche nelle opportunità e nel concreto esercizio di precisi diritti; la differenza di genere senza tuttavia subordinazione né rigida partizione di ruoli sociali; la reciprocità intesa come partecipazione a una umanità più ricca da parte di uomini e donne insieme, nel rispetto e nella valorizzazione delle rispettive autonomie.…

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La sinistra italiana aspetta il vento di Hollande

di Lucia Annunziata

Nelle urne francesi che si aprono domenica avvertiremo anche un assaggio di elezioni in Italia. François Hollande, unico leader di sinistra rimasto in Europa a dire «qualcosa di sinistra», è ufficialmente l’occasione che la sinistra italiana aspetta, il movimento del pendolo che fa cambiare gli equilibri di forza, una nuova locomotiva europea, cui molti Paesi, a iniziare proprio dall’Italia, potrebbero attaccare i loro vagoncini.

Con il suo programma di vigorosa spesa pubblica e ridistribuzione delle risorse, partendo da una patrimoniale ad ampio spettro, Hollande è oggi la speranza per il Pd, ma anche per il Sel e molte altre forze, di poter fare in Europa, coperti dalla Francia, quella battaglia che la sinistra non può fare in Italia, per senso di responsabilità e per timore di dividersi.

Solita illusione (e quante volte la sinistra italiana l’ha coltivata nei confronti dei colleghi francesi)? O stavolta qualche spazio c’è perché si apra effettivamente un nuovo gioco in Europa? Le risposte sono molteplici, e dipendono da molte componenti, non ultime le evoluzioni possibili dentro il governo Monti, arrivato a dover scegliere, pressato dagli eventi, un profilo più politico di quanto abbia tenuto nei suoi primi cinque mesi.…

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La Commedia Nera di Dario Fo

dario fodi Corrado Stajano

Quante volte ci siam detti «ci vorrebbe Dario Fo», lui sì saprebbe rappresentare con le sue fabulazioni ridanciane le vergogne, l’ignoranza, la volgarità, il disprezzo per i deboli, l’odio per la cultura e per la storia, il governare fuorilegge di questi anni che ci ha portato sull’orlo del baratro. Il libro che uscirà domani, Il Paese dei misteri buffi, di Dario Fo e Giuseppina Manin (Guanda) sembra esaudire quel desiderio conscio o inconscio. È nato dalle conversazioni tra il Premio Nobel e la giornalista del «Corriere della Sera» che, insieme, dopo aver fatto affiorare alla mente memorie di uomini e cose, fatti e misfatti, hanno creato una traccia di narrazione e l’hanno scritta un po’ uno un po’ l’altra, con un’intesa naturale e fruttifera.

I toni sono lievi e ironici, il riso è naturalmente protagonista. Spesso amaro, la rivolta liberatoria del cittadino dalle mani nude e dalla coscienza limpida. «Terribile e awful è la potenza del riso: chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire», scrive Leopardi nello Zibaldone.…

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