Il virus dell’odio etnico

Ethnic!di Adriano Prosperi

Non è solo a Bruxelles che l´Italia è sotto esame. Esiste un altro esame che riguarda il tasso di civiltà del paese. E chi ci esamina sono i 5 milioni di abitanti che non sono ancora giuridicamente italiani e che cominciano a desiderare di non diventarlo perché temono non sia possibile convivere con noi. I nodi sono venuti al pettine tutti insieme: e tutti insieme vanno affrontati. Con singolare coincidenza il tentato pogrom di massa di Torino e la sparatoria del ragioniere nazista di Pistoia rivelano una diffusione del virus razzista e dell´odio etnico in un´Italia senza attenuanti, l´Italia ricca, colta e civile delle due città che furono le capitali storiche dell´Italia risorgimentale: Torino e Firenze. Anche in questo caso il Paese è costretto a prendere brutalmente coscienza di qualcosa che è accaduto quasi sotto pelle, strisciando, riempiendo goccia a goccia gli interstizi sociali della convivenza, le maniere di pensare, i comportamenti, le pratiche istituzionali. Chi ricorda ancora il decreto Maroni sull´”emergenza nomadi” del 2008?…

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La Cei guarda ancora a destra

di Lino Prenna

L’unità dei cattolici in un partito o, almeno, l’unità sui valori è la finalità, più o meno dichiarata, del percorso aggregativo avviato dalla Cei, a Roma nel maggio scorso [v. Adista nn. 51, 57, 60, 65 e 70/11] e giunto, per ora, a Todi, con l’incontro del 17 ottobre [v. Adista nn. 76 e 78/11]. A voler parlare per metafore sulla distanza che separa la città eterna dalla città di Jacopone, si direbbe che non è andato molto lontano! Ma anche l’esito effettivo dell’incontro è apparso al di sotto delle attese suscitate dallo stesso cardinal Angelo Bagnasco, nella prolusione al Consiglio Permanente dei vescovi, il 26 settembre scorso, quando aveva detto che, nonostante il permanere di lentezze, chiusure e intimismi, «sembra che una tensione si vada sviluppando»; anzi, aveva aggiunto, «sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica». (v. Adista n. 71/11).

Che fine farà questo soggetto è difficile a dirsi.…

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Mediazione non negoziabile

di Giorgio Tonini

L’intervento del presidente dei vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco, al convegno delle associazioni cattoliche sul futuro politico dell’Italia a Todi lo scorso 17 ottobre, ha riproposto il concetto di «principi non negoziabili» come criterio di orientamento nelle opzioni politiche dei credenti: un criterio che era parso eclissarsi con l’uscita di scena del cardinale Camillo Ruini. Dopo una lunga trattazione dei problemi economici e sociali del Paese, svolta alla luce dei principi di libertà, solidarietà e sussidiarietà, propri dell’insegnamento sociale della Chiesa, il cardinale Bagnasco ha osservato: «Ma la giusta preoccupazione verso questi temi non deve far perdere di vista la posta in gioco che è forse meno evidente, ma che sta alla base di ogni altra sfida: una specie di metamorfosi antropologica. Sono in gioco, infatti, le sorgenti stesse dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino.…

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La fine della seconda Repubblica

2009-12-05 at 16-09-52di Gianni Cuperlo

Dimissioni del governo, ma solo dopo il voto sulla legge di stabilità. E’ l’ultimo escamotage del Cavaliere, la mossa disperata di chi messo spalle al muro pensa di rompere il muro a testate. Per noi, invece, è l’avvio di un ciclo nuovo. Il che solleva il nodo di fondo: come le opposizioni si preparano al dopo. Non solo a un possibile governo di transizione o a una campagna elettorale ravvicinata, ma a quella ricostruzione del paese di cui ha parlato Bersani a San Giovanni. E allora non bisogna perdere tempo. Dobbiamo tirare un filo alternativo. Perché, nel breve, potremmo anche dover votare provvedimenti duri e severi, ma tanto più peseranno moltissimo le scelte e gli indirizzi futuri. Insomma l’idea dell’Italia che ci impegniamo a costruire dopo la destra.

Sapendo – e questa è la premessa – che l’epicentro della crisi che ha sconvolto il mondo e rischia di travolgerci è nello sviluppo sregolato della finanza in economia, ma soprattutto in una crescita immorale delle diseguaglianze.…

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Io so.L’Italia non merita i suoi misteri

23 maggio 1992 / 23 maggio 2007di Walter Veltroni

Io so che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono stati uccisi solo dalla mafia.

Io so che lo Stato, o pezzi di esso, ha collaborato, coperto, deviato.

Io so che l’attentato dell’Addaura fu organizzato da “ menti raffinatissime”, che volevano togliere di mezzo quel magistrato scomodo per tutti.

Io so che qualcuno mandò lì , per salvare Falcone, due ragazzi, due agenti dei servizi leali allo Stato. Si chiamavano Antonino Agostino e Emanuele Piazza.

Io so che non è stata solo la mafia ad ucciderli, l’uno massacrato con sua moglie e l’altro sciolto nell’acido, nelle campagne di Capaci.

Io so che Scarantino ed altri si sono accusati di aver assassinato Borsellino e che per questo hanno fatto quasi venti anni di carcere. Ma non è vero, non sono stati loro.

Io so che pezzi dello Stato hanno costruito una falsa verità sull’assassinio di Borsellino e che hanno guidato i falsi pentiti nelle loro bugie. Perché?

Io so che Giuseppe Gullotta, muratore di Alcamo, è stato per venti anni in carcere innocente accusato di aver ucciso due carabinieri nel Gennaio del 1976.…

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Ritorno della politica

martedì.di Raniero La Valle

Più che un cambio di governo, è stata la fine di un regime. Se il regime non fosse finito, non si sarebbe potuto fare alcun governo Monti, e non ci sarebbe stato altro che andare alle elezioni a combattere all’arma bianca mentre l’Italia, inghiottita dal gorgo dei mercati, avrebbe rischiato di andare a fondo. Infatti era un dogma del regime caduto che il capo eletto dal popolo non potesse essere sostituito altro che dal popolo, che la maggioranza come un solo uomo dovesse sostenere il governo per l’intera legislatura, che qualunque tentativo di dar vita a una nuova maggioranza e a un nuovo esecutivo dovesse essere bollato come un golpe. L’interpretazione berlusconiana della democrazia era quella di un regime del capo, che grazie all’investitura o all’unzione dei cittadini, incorporava in sé tutto il popolo, ne ricapitolava in se stesso la sovranità, faceva di questa sovranità un potere superiore ad ogni altro potere, e si considerava sciolto da ogni legge: un potere “sciolto”, cioè assoluto.…

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Conflitti d’interesse e poteri forti

di Tito Boeri

Un primo risultato il governo Monti lo ha già ottenuto: lo spread fra i titoli decennali italiani e spagnoli si è ridotto al solo cambiamento di governo. Guardare al divario fra il rendimento dei Btp e i Bonos serve per tener conto della dimensione europea della crisi e degli interventi della Bce, comuni ai due paesi. Da quando Monti è stato nominato senatore a vita, la percezione del rischio dell´Italia sui mercati è migliorata. il divario tra Italia e Spagna che aveva raggiunto 142 punti base, è diventato ieri negativo. Questo significa che i mercati adesso ritengono la Spagna più a rischio dell´Italia. Il miglioramento complessivamente è stato di più di 150 punti, come dire che senza cambiamento di governo avremmo dovuto vendere i titoli di Stato a tassi superiori all´8 per cento, ben oltre la soglia di guardia. Queste dinamiche degli spread (e dei Cds, le assicurazioni contro il ripudio del debito) ci dicono anche che le valutazioni dei mercati rimangono selettive, continuano a tenere conto degli sviluppi nei singoli Paesi, anche se il rischio di crisi dell´intera area dell´Euro è aumentato ora che la crisi ha coinvolto paesi della dimensione di Italia e Spagna e sta lambendo la Francia.…

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Ricostruire nuove reti comunitarie

Procuratie nuove.di Guido Melis

Della coppia di concetti proposta dal nostro tema di oggi (“Beni comuni”), più del sostantivo mi interessa l’aggettivo: “comuni”. E’ una parola impegnativa, sulla quale conviene riflettere.

Cominciano dall’ovvio. Un processo molecolare, diffuso, ha investito in questi ultimi anni la nostra società, anche nelle dimensioni periferiche (come è stata ed è quella sarda). Pur essendo un processo complesso, dotato di articolazioni e variabili anche significative a seconda delle latitudini e delle aree geografiche, credo che si possa riassumere questo fenomeno con due parole: la rottura della comunità. Oppure – detto in altro modo – la frammentazione prima, la dispersione poi di quelle che erano un tempo le reti della solidarietà sociale e comunitaria.

Queste reti sono nel nostro paese molto antiche, e tenaci. Hanno retto per secoli e forse – nel celebrare l’unità nazionale – dovremmo insistere di più sulla loro “tenuta”. Sono le reti della famiglia, innanzitutto; e poi della famiglia allargata; e della comunità del piccolo paese; della parrocchia; della provincia italiana; e poi delle identità regionali; e le grandi reti di solidarietà tra le classi sociali sfruttate; quelle dell’associazionismo laico e religioso; e le reti degli interessi concreti organizzati su scala interregionale.…

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Ostacolo ai soccorsi

di Raniero La Valle

La catastrofe delle Cinque Terre (ma anche in Toscana) è una perfetta rappresentazione di quel genere letterario simbolico (e anche apocalittico) che attraverso la descrizione drammatizzata di un evento minore racconta una storia molto più reale e più vasta, o già accaduta o ancora da accadere. L’allegoria dell’alluvione delle Cinque Terre, a saperla leggere, rinvia al rischio che tutto il Paese faccia la stessa fine, travolto dal fiume in piena di una economia impazzita, abbandonato a se stesso da una politica insensata e investito dai detriti di grandi ricchezze trasformate in mine vaganti e intralci ai soccorsi. Il disastro della Liguria non è infatti per niente una catastrofe naturale. Certo, ha piovuto. Ma il territorio era stato appaltato a un’economia selvaggia, controlli e regole erano saltati, a Monterosso una piscina definita “opera di pubblico interesse” era stata piazzata sugli scogli a picco sul mare, i torrenti erano stati interrati e i fiumi trasformati in discariche, la sabbia portata via per le costruzioni autostradali, il lavoro della difficile terra era stato abbandonato, perché “produrre un quintale di vino alle Cinque Terre costa come cento quintali in Romagna”: non è da ieri, dice lo scrittore Maurizio Maggioni sul quotidiano genovese, ma sono vent’anni che Monterosso non esiste più.…

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Al di sopra della legge, il bene della persona. Una professione di fedeltà a Dio e al mondo

io resisto...I resist...di Claudia Fanti

Cos’è l’essere umano, rispetto ai suoi simili? Un nemico, un lupo, come riteneva Plauto e dopo di lui Hobbes? Oppure un dio, come invece sosteneva Cecilio Stazio e, sulla sua scia, Ludwig Feuerbach? Ha ragione il biologo Richard Dawkins, l’autore de Il gene egoista, secondo cui non siamo altro che «robot semoventi programmati ciecamente per preservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni», oppure lo psicologo evoluzionista Michael Tomasello, per il quale invece siamo «altruisti nati»? Il teologo Vito Mancuso opta però per un’altra risposta ancora, per quanto suoni oggi, ammette, piuttosto illusoria, se non buonista: l’essere umano, per i suoi simili, è, semplicemente, «un fratello», un fratello con cui capita assai spesso anche di litigare, ma a cui si è comunque uniti da «qualcosa di più grande». Parte da qui la riflessione condotta da Mancuso attorno al suo libro “Io e Dio” (Garzanti, pp. 488, euro 18,60) e a quello di Alberto Maggi “Versetti pericolosi” (Fazi, pp.…

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