Unità e Costituzione

di Raniero La Valle 25 aprile 2010 a Montichiari (BS) Questa Assemblea si svolge in una situazione molto diversa da quella in cui eravamo quando l’abbiamo convocata, non foss’altro perché a tutte le ferite si aggiunge ora quella che siamo in guerra, e in un modo che ha fatto precipitare il governo al grado più basso della sua autorevolezza e credibilità sia interna che internazionale. Le rivelazioni fatte l’altra sera in TV da Edward Luttwak, frequentatore abituale della Casa Bianca, secondo cui i grandi capi dell’Occidente, Obama, Cameron, Sarkozy, cercano di parlare il meno possibile con Berlusconi, anche al telefono, perché temono il discredito che ne deriverebbe per loro e il danno politico che ne avrebbero nei confronti dei loro Parlamenti e dei loro elettorati, dovrebbero far scattare l’allarme rosso e provocare il più presto possibile, se c’è ancora carità di patria, l’uscita di scena di Berlusconi e di tutto il suo can can. Perciò perfino se la guerra fosse giusta, il 3 maggio si dovrebbe votare contro in Parlamento perché con un governo così non si può fare.…

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Flessibili per la guerra

di Raniero La Valle Guerrilla Se c’era una cosa che funzionava meglio quando c’era l’Unione Sovietica, era l’ONU. Paradossalmente si realizzava lì un equilibrio di poteri, come quello che dovrebbe funzionare in ogni democrazia, e anzi in ogni Stato di diritto. Forse non c’era una grande governabilità della comunità internazionale, ma almeno con l’impulso o con l’avallo dell’ONU la guerra non si poteva fare, perché il veto dell’uno o dell’altro dei Membri permanenti del Consiglio di Sicurezza l’avrebbe impedito. Veramente nel giugno 1950 l’ONU autorizzò la guerra di Corea, ma solo perché l’Unione Sovietica aveva disertato il Consiglio di Sicurezza (l’Aventino!) per protesta contro l’assegnazione del seggio permanente alla Cina nazionalista di Chiang kai shek invece che alla Repubblica popolare di Mao. Dopo di allora non ci fu più nessuna guerra patrocinata dall’ONU, e la guerra del Vietnam gli Stati Uniti se la dovettero fare da soli. Da quando è finita l’Unione Sovietica, e “i grandi” sono stati tutti d’accordo, è stata invece un’orgia di guerre: il Golfo, i Balcani, l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, come se mai nello Statuto dell’ONU ci fosse stata l’interdizione del flagello della guerra e la proibizione non solo dell’uso della forza ma perfino della minaccia di usarla, tanto meno per cambiare un regime.…

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Un voto per mandare a casa il re dell’illegalità e della volgarità

di Vittorio Emiliani

Ha ragione Romano Prodi: la volgarità è il tratto dominante della politica sotto Berlusconi. Volgarità nel linguaggio da barzellettiere. Volgarità nelle battute su uomini di Stato che, come Obama, lo sovrastano. Volgarità nell’approccio con ogni tipo di donna: dal premier scandinavo che, dice lui, fu “costretto”a corteggiare, all’ultima escort reclutata per i suoi festini da gente volgare come lui. Volgarità nelle definizioni riservate alle opposizioni e alle “toghe rosse”. Volgarità nelle conferenze stampa, non importa se internazionali. Volgarità nelle vanterie “machiste”come se fosse bello, giovane, alto, biondo e con gli occhi azzurri. Una volgarità che deborda, dilaga, contagia il Paese. La musa ispiratrice della linea “dura” è quella Daniela Santanchè la quale, allorché militava nella Destra, disse con inusitata finezza: «Silvio è pazzo di me perché non gliel’ho data, lui le donne le concepisce soltanto in posizione orizzontale». Mussolini era consigliato dalla Sarfatti.Lui dalla Santanchè. È la stessa che, tornata alla sua corte, ha perorato un condono ad hoc per quella Campania che, con Calabria e Sicilia, è la regione più devastata dagli abusi.…

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La tentazione dei leghisti

di Gad Lerner

Ma siamo proprio sicuri che i leghisti milanesi, turandosi il naso, si recheranno compatti alle urne per votare Letizia Moratti? Lo sapremo fra quarantotto ore. Nel frattempo il dubbio serpeggia fra i clan rivali di un Pdl trascinato a forza su posizioni estremiste da Berlusconi, non appena intuito il rischio di rompersi l´osso del collo proprio nella sua capitale; a presidio della quale s´è ritrovato una sindachessa più fragile e impopolare del previsto Le perplessità di Umberto Bossi sulla ricandidatura della Moratti furono sempre dichiarate in pubblico. E nei giorni scorsi sono state ribadite con un duplice avvertimento al partner di governo: sia ben chiaro che, presentandosi capolista a Palazzo Marino, Berlusconi ha scelto di legarsi mani e piedi alla sorte di lady Mestizia; dunque il mancato conseguimento di quota 50% al primo turno, determinerebbe una “situazione difficile”. La Lega, con ragione, descrive il ballottaggio a Milano come una grave incognita; non solo per l´incertezza del suo esito, ma anche per il deterioramento nei rapporti interni alla coalizione che ne conseguirebbe.…

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L’offerta dell’impunità

di Giovanni Valentini 2008.08.10-003 Al Molo Beverello Nella furia propagandistica di una campagna elettorale a colpi bassi, avvelenata da un´escalation di violenza ideologica e verbale, l´ultima sortita di Silvio Berlusconi a Napoli è insieme un´offerta d´impunità, un voto di scambio e un´istigazione a delinquere. A caccia di un facile consenso popolare, il presidente del Consiglio abroga in pratica l´abusivismo edilizio e garantisce la legalizzazione dell´illegalità. E con ciò, abdica alle sue responsabilità di governo, dimettendosi nei fatti da premier che deve – appunto – guidare il Paese, indicare gli obiettivi e quindi orientare la vita della comunità. Da capo dell´esecutivo a capopopolo, in vista di un turno elettorale che assume il significato e il valore di un referendum sulla sua figura, il leader del populismo mediatico ricorre così al più logoro armamentario politico per promettere quello che non può neppure promettere: la violazione autorizzata della legge. Una sorta di salvacondotto collettivo, un condono generalizzato, insomma un “lodo Berlusconi” per annullare gli abusi e revocare le demolizioni.…

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Diritto di vivere, diritto di morire

di Adriano Sofri Incontro con Mina Welby - Cinquefronti, 4 settembre 2010 Ci sono incipit memorabili, come questo nei titoli d’agenzia di ieri: “Il Parlamento accelera sul fine vita”. Svelti, si muore. Cioè, si vota. In realtà era un falso movimento, la simulazione di un’inversione dell’ordine del giorno fra la borsa e la vita: ma la borsa – il “Documento di economia e finanza”- conserva la precedenza, e la vita può aspettare, fino a maggio inoltrato almeno. Votare di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio, ma questi ce l’hanno. Ieri, per stare al gioco, Berlusconi ha inoltrato una lettera aperta ai suoi deputati. Chiunque gliel’abbia scritta, ha fatto in modo che trasparisse il carattere apocrifo del testo. C’è anche un appello ultraweberiano a conciliare l’etica della convinzione con quella della responsabilità, “come sempre” e una propria convinzione assai poco favorevole alla legge. Il risultato fa sobbalzare. Recita la lettera: “Sul ‘fine vita’, questione sensibile e legata alla sfera più intima e privata, non si dovrebbe legiferare e anch’io la penserei così se non ci fossero tribunali che, adducendo presunti vuoti normativi, pretendono in realtà di scavalcare il Parlamento e usurparne le funzioni”.…

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Il populismo che si nutre di ignoranza

di Barbara Spinelli TIME Magazine; Person of the Year, Greg´s Art and My Photo Online Quando Obama vinse le elezioni, nel 2008, furono molti a esser convinti che una grande trasformazione fosse possibile, che con lui avremmo cominciato a capire meglio, e ad affrontare, un malessere delle democrazie che non è solo economico. La convinzione era forte in America e in Europa, nelle sinistre e in numerosi liberali. La crisi finanziaria iniziata nel 2007 sembrava aver aperto gli occhi, preparandoli a riconoscere la verità: il capitalismo non falliva. Ma uno scandaloso squilibrio si era creato lungo i decenni fra Stato e mercato. Il primo si era ristretto, il secondo si era dilatato nel più caotico e iniquo dei modi. Lo Stato ne usciva spezzato, screditato: da ricostruire, come dopo una guerra mondiale. Le parole di Obama sulla convivenza tra culture e sulla riforma sanitaria annunciavano proprio questo: il ritorno dello Stato, nella qualità di riordinatore di un mercato impazzito, di garante di un bene pubblico minacciato da interessi privati lungamente dediti alla cultura dell´illegalità.…

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Una commedia da tre soldi

di Franco Cordero

Ha dell´allucinatorio il voto con cui la Camera berlusconiana qualifica reato ministeriale l´oggetto della causa postribolare pendente a Milano e intima al Tribunale d´astenersene: vale uno zero giuridico, perché i trecentoventi o quanti siano non hanno il potere che s´illudono d´esercitare; è come se un questore emettesse condanne penali o, arrogandosi funzioni ultraterrene, l´Olonese presidente del Consiglio distribuisse indulgenze à valoir nell´ipotetico purgatorio. Scene d´una sgrammaticata commedia da due soldi, i cui attori improvvisano. Se la res iudicanda sia reato comune o ministeriale, lo diranno i giudici: data una condanna, l´appellante ripropone la questione; qualora soccomba anche lì, gli resta il ricorso in Cassazione. I cervelloni credono d´avere sferrato un colpo da maestri: «dichiariamo improcedibile l´accusa» (il clou esoterico sta nel predicato), «così il Tribunale, spalle al muro, deve ammettersi incompetente o sollevare un conflitto d´attribuzioni e tutto rimane sospeso». Ogni sillaba manda il suono delle monete false. Gli onorevoli straparlano, ossequenti al regime egomaniaco. Ipse dixit: è ai ferri corti col «brigatismo giudiziario», tale essendo nel suo universo deforme l´idea che la legge vincoli anche l´impunito ricchissimo; castigherà le toghe proterve, bisognose «d´una lezione»; e i famigli rabberciano norme à la carte.…

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L’ America e l’alleato riluttante

di Renzo Guolo John Hancock Tower

Berlusconi sa di non potersi permettere un rifiuto a Obama. L’Italia si allinea nel peggiore dei modi: senza una scelta autonoma o una valutazione strategica. Alla fine, l’alleato riluttante non può permettersi un rifiuto. Convinto com’è, il presidente del Consiglio, che in questa fase politica sia meglio non avere troppi nemici in riva al Potomac. O, quanto meno, una silenziosa ostilità di Washington. Se pezzi di establishment si saldassero anche con l’avallo americano, il fronte interno, già in movimento, potrebbe diventare troppo pericoloso. Così, dopo mille ambiguità e cambi di posizione, dal rammarico per le sorti del Rais sino agli aerei che volano ma non bombardano, l’Italia si allinea agli altri paesi d’Occidente. Ma lo fa nel peggiore dei modi. Non per scelta autonoma, frutto di ponderata valutazione strategica. Non per convinzione, per difendere gli insorti. Ma per il richiamo dell’alleato di sempre. Esempio, ancora una volta, dell’occasionalismo della politica estera del governo e della strutturale arrendevolezza di Berlusconi, come già hanno rivelato i file di WikiLeaks, nei confronti di Washington: giusta o meno sia la causa.…

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Il nichilismo al potere

Italia in mano ai pmdi Carlo Galli

Ieri la Camera – tra le proteste di una cittadinanza che si sente tradita dal Palazzo – ha approvato una legge vergognosa, l´ennesimo provvedimento ad personam per salvare Berlusconi dai suoi processi e farne un soggetto superiore alla Legge. Se, secondo il premier, è ‘surreale´ la sua presenza, da imputato, in tribunale, va detto che davvero davanti alla giustizia emerge con chiarezza il rapporto peculiare che il Cavaliere instaura fra politica e realtà. Che certo e´ surreale, ma in senso opposto a quello che egli propone: nel senso, cioè, che per il premier la politica è la decostruzione della realtà, il rovesciamento della sua architettura. E nel provvedimento sulla ‘prescrizione breve´, in questa misura di autodifesa distruttiva, si rendono evidenti le implicazioni più generali – e più fatali – dell´essenza nichilistica e paradossale della destra al governo, che si concentra nella persona di Berlusconi. Quell´essenza si presenta con una serie impressionante di inversioni delle logiche politiche di una moderna democrazia, di rovesciamenti dei suoi apparati concettuali.…

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