17 marzo. Quando il Paese si divide sulla festa dell’Unità d’Italia
Il 17 marzo 1861 il parlamento sabaudo proclamò Vittorio Emanuele II re dell´Italia unita. Oggi, la destra al governo – assai diversa da quella, guidata da Cavour, che governava allora – ne fa una festa nazionale, in occasione del 150° anniversario dell´unità del Paese. Il provvedimento, in sé non sbagliato, suscita però l´aspra polemica dei leghisti e dei sudtirolesi – i primi lo contestano su base politica, discutibile, e finanziaria (mancherebbe la copertura economica della legge); i secondi su presunta base nazionale (austriaca), assurda e inammissibile (come ha detto il Capo dello Stato) –. Ma soprattutto il provvedimento incontra l´ostilità manifesta del mondo imprenditoriale, preoccupato perché un giorno di festa in più sarebbe un colpo per il nostro già disastrato Pil. Di qui, le proposte intermedie di farne una “solennità”, il che renderebbe possibile lavorare e studiare, in clima, però, patriottico (ma la legge è legge, ormai) –. La verità è che membri importanti delle élites del Paese non sanno più distinguere la politica dall´economia e, uomini a una dimensione, riducono la prima alla seconda, ignari del fatto che una società non è solo un insieme di produttori, ma è una storia, una consapevolezza, una – per quanto ambigua sia la parola – identità, che ha bisogno di legittimarsi anche nel profilo simbolico.…
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