Viltade o gesto di grande coraggio? Il mistero di Celestino V, “povero cristiano”
“Io, Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale”. E’ il grande precedente (non senza similitudini col gesto di Benedetto XVI) dell’abdicazione di un Papa. La storia della Chiesa ne ricorda altri cinque (Clemente I, Papa Ponziano, Papa Silverio e Benedetto IX e Gregorio XII), ma come vedremo, si tratta di situazioni completamente diverse. Quella del monaco molisano Pietro Angeleri, eletto al soglio Pontificio il 29 agosto 1294 col nome di Celestino V e dimessosi il 13 dicembre dello stesso anno) è la vicenda che lo stesso padre Lombardi (dimentico degli altri casi) ha ricordato questa mattina come “unico precedente”. Anche per la Chiesa di allora fu una storia sensazionale tanto che lo stesso Dante ne parla nella Divina Commedia collocando Celestino V all’Inferno nel girone degli ignavi (“coloro che vissero senza infamia e senza lodo…”) e ricordandolo così: “Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto”.
“Viltade”, dunque nel (controverso) giudizio dantesco, forse più collegato alle beghe politiche di quel tempo che a una reale condanna di Celestino V. Fatto sta che il povero Piero Angeleri, da allora si porta dietro la nomea di “quello che fece il gran rifiuto”. Un giudizio molto più attento (e positivo) venne dal romanzo di Ignazio Silone “L’avventura di un povero cristiano” (1968) che racconta l’intera vicenda restituendo a Celestino V l’onore e descrivendolo come una grande personalità capace, con il suo clamoroso gesto, di denunciare la molte e gravi storture della Chiesa di quei tempi. Coraggio, dunque, non ignavia, secondo Silone, fu alla base della scelta di Celestino V che lasciò il soglio di Pietro (con tutti gli onori e le ricchezze che, allora comportava) per dimostrare il suo disprezzo per il potere ingiusto, esagerato e, spesso, inquinato, del Papato di allora. Pietro Angeleri nacque (probabilmente) nel 1209 a Isernia o a Sant’Angelo Limosano. Aveva undici fratelli ed era figlio di un contadino. Dopo un periodo in un’abbazia benedettina, Pietro si recò a Roma dove riuscì a compiere i suoi studi e venne ordinato sacerdote. Nel 1241 lasciò la Città eterna e si rifugiò sul monte Morrone e, più tardi, sui contrafforti inaccessibili della Maiella dando vita, per diversi anni, a un duro eremitaggio. Fondò anche un ordine monastico (“I frati di Pietro da Morrone”) e si fece la fama di un uomo davvero santo. Il 4 aprile del 1292, morì Papa Niccolò IV e il conclave, formato da 12 cardinali delle più nobili famiglie romane, si riunì per eleggere il successore. Ma l’accordo, nonostante le numerose riunioni in sedi diverse, non arrivava e una tragica epidemia di peste costrinse allo scioglimento del consesso cardinalizio. Ci volle più di un anno prima che il Conclave potesse riprendere, ma nel marzo del 1294 il successore di Niccolò IV non c’era ancora. Il Conclave era riunito a Perugia e il Re di Napoli, Carlo d’Angiò, che aveva bisogno dell’esistenza di un Papa per averne l’avvallo su certe operazioni bellico-politiche in Sicilia, si presentò in armi tra i cardinali mettendoli pesantemente sotto pressione. Un gesto di estrema gravità, ma le critiche all’indecisione dei cardinali venivano da più parti e lo stesso Pietro da Morrone profetizzò castighi per la Chiesa se non si fossero sbrigati a eleggere il 192esimo successore di Pietro. La profezia venne riferita al cardinale decano Latino Malabranca Orsini, allora vescovo di Ostia e gli fece scattare l’idea di proporre il nome del famoso e veneratissimo eremita, al soglio pontificio. Così, in capo a qualche mese, il 5 luglio 1294, Pietro da Morrone venne eletto Papa. Tre vescovi dovettero salire fino al suo rifugio sulla Maiella per comunicargli l’elezione. In un primo momento, Pietro rifiutò, poi si piegò alle pressioni e decise di obbedire. Il suo non fu un grande pontificato. Celestino V si rivelò troppo poco abile nelle questioni politiche e troppo condizionato da Carlo d’Angiò. Nominò una dozzina di cardinali (nessuno romano) per riequilibrare il Concistoro, ma, probabilmente, si rese ben presto conto che la sua vicenda papale veniva continuamente strumentalizzata dall’una e dall’altra parte. Così, senza dir nulla a nessuno (un po’ come Ratzinger) maturò la sua decisione e, nel Concistoro del 13 dicembre, lesse la bolla che abbiamo riportato all’inizio. A differenza di oggi, la Chiesa non la prese bene e Celestino V divenne una personaggio scomodo da eliminare. Cercò di fuggire nel suo eremo sul Morrone e poi in Grecia, ma venne raggiunto dagli sgherri del nuovo Papa, Bonifacio VIII (Benedetto Caetani) e venne rinchiuso in una fortezza della famiglia Caetani a Fumone in Ciociaria. Lì morì il 19 maggio 1296. Venne santificato nel 1313 da Papa Clemente V. La sua salma, sepolta all’Aquila, nella basilica di Collemaggio, venne trafugata il 18 aprile 1988 e ritrovata pochi giorni dopo nel cimitero di Cornelle e Roccapassa. Non sono mai stati scoperti gli autori dello strano gesto.
Ed ecco gli altri cinque precedenti (sui primi due non ci sono certezze storiche) . Clemente I: quarto vescovo di Roma, dal 92 al 97. Abdicò, probabilmente, perché arrestato nelle persecuzioni. Permise, così, l’elezione del suo successore, Evaristo. Morì martire, gettato in mare con un’ancora al collo nel 99 o 100. Papa Ponziano (21 luglio 230 – 28 settembre 235): Ponziano dovette abdicare perché deportato in Sardegna durante una persecuzione voluta da Massimino Trace. L’abdicazione permise ai cattolici romani di eleggere un successore con i pieni poteri nella persona di Papa Antero. Papa Silverio (1 giugno 536 -11 novembre 537). Silverio fu costretto ad abdicare dall’imperatrice Teodora che costruì contro di lui false accuse a proposito di un accordo segreto con gli invasori Goti. Venne arrestato e portato in esilio a Licia. Anni dopo venne riconosciuto innocente. Benedetto IX (21 ottobre 1032 – 13 gennaio 1045): E’ uno di quei Papi che la Chiesa, forse, preferirebbe dimenticare. Quando venne eletto, si dice avesse appena 12 anni. Visse in modo dissoluto, vendette e ricomprò il suo ufficio e lasciò il papato, a quanto pare, per sposarsi. Gregorio XII (30 novembre 1406 – 4 luglio 1415): eletto nel 1406 nel pieno della vicenda degli antipapi avignonesi. Ad Avignone, infatti, nello stesso tempo, era stato eletto Benedetto XIII. I due papi si erano accordati perché alla rinuncia dell’uno corrispondesse anche quella dell’altro con l’obiettivo di ridare unità alla Chiesa. Lo scontro, invece, andò avanti per anni con Concili convocati dall’uno e dall’altro che dichiaravano il rivale “spergiuro, scismatico e devastatore della Chiesa”. La questione si chiuse quando, con accordi faticosissimi, entrambi arrivarono effettivamente alle dimissioni ottenendo in cambio (il mondo è sempre lo stesso) il mantenimento dei cardinali da ciascuno nominati.
(www.repubblica.it , 11 febbraio 2013)