Uno sfregio più grave dei Buddha di Bamiyan

di Paolo Matthiae

Ormai si è superato ogni limite. Un agghiacciante video del-l’Is documenta la distruzione sistematica delle sculture assire e partiche di Ninive e di Hatra conservate nel Museo Archeologico di Mosul in Iraq, e dei monumentali tori androcefali dei grandi palazzi reali della cittadella di Ninive, Parco archeologico allestito fin dagli Anni ‘70 del secolo scorso nella periferia orientale della stessa Mosul. Opere di incalcolabile valore storico ed artistico degli anni della massima fioritura dell’impero d’Assiria del VII secolo a. C. e del maggiore centro del mondo partico dell’Iraq settentrionale sono state abbattute e poi polverizzate a colpi di mazza.
La nuovissima barbarie che infierisce spietatamente contro il patrimonio culturale dell’Iraq e dell’intera umanità sta andando al di là di ogni più tetra previsione. Dopo la distruzione di parti delle splendide mura di Ninive dell’età di Sennacherib (704-680 a. C.), sono oggi le eccezionali testimonianze scultoree di una delle massime espressioni artistiche del mondo preclassico che sono oggi definitivamente perdute. Chi pensava che la distruzione dei Buddha di Bamiyan in Afghanistan fosse un limite insuperabile deve oggi angosciosamente ricredersi: ora è la volta di capolavori dell’arte assira di Sennacherib e di Assurbanipal a essere ridotti in polvere.
Intellettuali iracheni hanno detto giustamente che una simile barbarie non si era mai vista in quella straordinaria terra di civiltà che è la Mesopotamia da quando i Mongoli di Hulagu, conquistando Bagdad capitale dell’impero abbaside nel 1258, come dissero testimoni attoniti, fecero tingere il Tigri di rosso per il sangue di decine di migliaia di abitanti della sventurata città e di nero per l’inchiostro di migliaia di codici distrutti delle biblioteche di una delle più dotte città del Medioevo. La storia tristemente si ripete in ogni senso perché altre notizie riferiscono della distruzione recente di manoscritti antichi di ogni tipo, arabi, siriaci, greci, della Biblioteca di Mosul. Sono eventi spaventosi e irrimediabili che lasciano senza parole. L’Unesco, come in altri casi, si sta prodigando perché il patrimonio culturale di Siria e di Iraq non venga disperso da scavi clandestini forsennati e organizzati per alimentare il voracissimo mercato internazionale di antichità, ma ormai la misura è colma.
Deve essere l’Onu a proclamare solennemente che distruzioni intenzionali di questo genere non sono tollerabili e deve condannare queste azioni orrende come un crimine contro l’umanità, perché è la memoria della civiltà umana universale ad essere umiliata ed annientata.

(“La Repubblica”, 27 febbraio 2015)

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