Persona e diritto alla salute
Fra i caratteri incontestabilmente originali e innovatori della nostra Costituzione –ammirati e invidiati anche da teorici, studiosi e costituenti stranieri – vi è certamente il diritto alla salute.
Non si tratta, infatti,solo di un principio programmatico, ma di un vero e proprio fondamentale diritto dell’individuo cui corrisponde un interesse della collettività. Un diritto alla salute universale e azionabile da ciascuno per cui la Costituzione all’art. 32 «garantisce cure gratuite agli indigenti»
Merito di Giovanni Bianco, professore di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Sassari, è quello di aver descritto gli ostacoli all’affermazione della salute come diritto non solo riconosciuto ma fruibile,anche grazie alla giurisprudenza della Corte Costituzionale,da soggetti diversi dai cittadini italiani.
Si è passato, infatti,da un’esigenza generale di sanità pubblicariconosciutanella Roma repubblicana e imperiale (dalla costruzione degli acquedotti alla bonifica dei territori, dalla pulizia delle strade e dei luoghi pubblici all’assistenza medica ai poveri) allasalute come interesse pubblico dello stato liberale; da una timida affermazione del diritto nello stato post-liberale alla salute come diritto fondamentale della Costituzione repubblicana.
L’ampiezza e l’assolutezza della tutela della salute hanno fatto sì che questa esigenza fosse estesa anche ai rapporti fra privati, fino a configurare, come sottolinea Bianco, «il fondamento di un diritto soggettivo del lavoratore»alla salute e alla sua integrità psicofisica.
Come risulta evidente dagli scritti non solo di costituenti come Mortati e di autorevoli studiosi come Pietro Rescigno, Stefano Rodotà e, più di recente, Massimo Luciani, Gustavo Zagrebelsky e Antonio Baldassarre -autori cui Bianco fa frequenti e fruttuosi riferimenti –fondamentale è stata la dialettica fra la libertà della persona nella gestione della propria vita e del proprio corpo e l’obbligo di natura pubblicistica alla conservazione della salute individuale.
Né manca un’analisi puntuale e articolata del contributo della giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione alla precisazione del contenuto dell’obbligo dello Stato alle prestazioni positive, talora molto costose, a favore dei cittadini e più in generale di chiunque ne abbia bisogno.
L’individuazione dei limiti che i vincoli del budget pubblico imporrebbero sia alle prestazioni gratuite che a quelle a pagamento – che in ogni caso copre solo in parte i costi delle prestazioni – hanno occupato a lungo la giurisprudenza non solo della Corte Costituzionale e della Cassazione, ma anche della giurisprudenza comune. La conclusione è stata che i limiti budgettari non possono in nessun caso consentire che venga intaccato il contenuto essenziale del diritto alla salute.
Posizioni talora anche molto distanti fra loro sono emerse nella stampa, in televisione e nei nuovi media a proposito dell’aborto, delle questioni bioetiche e del biodiritto,«che riguardano l’intero arco di vita delle persone» fino al tema controverso del «morire con dignità».
A questi interrogativi,che pongono in luce la difficoltà di definire il limite del potere discrezionale del legislatore e le oggettive difficoltà dei giudici di colmare i vuoti legislativi, l’Autore risponde con un auspicio che trova le sue radici nella Costituzione repubblicana.
La centralità della persona non può significare «negazione del ruolo dello Stato, ma coesistenza del potere di quest’ultimo con la salvaguardia e l’autonomia di scelta del singolo».
(“Le monde diplomatique” de “Il Manifesto”, settembre 2018, pag.22)
Recensione a Giovanni Bianco, Persona e diritto alla salute, Cedam collana giuridica, 2018