Non solo la musa di Kafka

di Wlodek Goldkorn

Un gruppo di uomini delle SA (i paramilitari nazisti; ndr) ha condotto un gruppo di ebrei verso un albero, li ha costretti a salire sui rami e a “fare gli uccellini”. Sotto c’erano uomini armati, sopra uomini adulti e barbuti, giovani donne e ragazzi sedevano sui rami e al grido: “Come fa l’uccellino?” rispondevano: “Pio pio pio!”».
La scena si svolge a Vienna nel 1938, pochi mesi dopo l’Anschluss dell’Austria alla Germania. A raccontarla è Milena Jesenská, in un articolo: “In cerca della terra di nessuno”.

Jesenská è nota come la donna amata da Franz Kafka, nonché traduttrice dei suoi romanzi in ceco. O come compagna di prigionia a Ravensbrück (dove morì nel 1944) di Margarethe Buber Neumann, intellettuale tedesca, consegnata da Stalin, assieme a un gruppo di comunisti, a Hitler, a suggello del patto tra i due dittatori nel 1939. Ma Milena Jesenská è stata prima di tutto una grande giornalista, capace di unire al racconto dei fatti un’analisi innovativa e profonda. Ora alcuni dei suoi testi più importanti vengono pubblicati da Castelvecchi in un intenso libro intitolato, appunto, “In cerca delle terra di nessuno” (traduzione di Chiara Rea, postfazione di Marcella Filippa, pp. 89, euro 12).

Gli articoli, scritti tra il 1938 e il 1939 per la rivista “Pritomnost”, rivelano una donna che anticipa, in forma giornalistica, molti dei temi di cui avrebbero poi scritto la filosofa Hannah Arendt e il filologo Victor Klemperer. Della prima c’è l’analisi degli ebrei come popolo paria, del lento ma inesorabile lavorio dell’ordine totalitario nell’animo degli umani. A Klemperer la accomuna la riflessione sul nuovo e intraducibile linguaggio al servizio del regime. Una riflessione, quella di Jesenská, più attuale che mai.

Milena Jesenska, In cerca della terra di nessuno, Feltrinelli, 2014

(http://ilmiolibro.kataweb.it/, 12 settembre 2014)

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