La lettera a un partigiano di Don Primo Mazzolari

di Primo Mazzolari

Don Primo Mazzolari sostenne la Resistenza nelle campagne della bassa mantovana e cremonese: dopo il 1945 condannò la violenza e il persistere degli odi e colse la necessità di una pacificazione tra le opposte parti, rifiutando però di mettere sullo stesso piano la Resistenza e il fascismo: come dimostra lo scritto che proponiamo in queste colonne, tratto dal volume di Primo Mazzolari, La Resistenza dei cristiani (a cura di Giorgio Del Vecchio; Edb, pagine 124, euro 15,00).

Quasi non ti riconosco, tanto ti sei fatto amaro e sfiduciato. Dov’è il tuo bel coraggio, e quel tuo vedere ilare e sicuro che ti rendeva amabilissimo nei bivacchi e trascinante nell’azione? Le grandi amarezze nascondono delle grandi delusioni e mettono alla prova i nostri grandi amori; ma se uno vi resiste e si mantiene fedele egualmente alle persone o alle cause che sembrano venirgli meno, egli ama veramente. Hai dato alla Patria due anni d’Africa, diciotto mesi di Russia e altrettanti di montagna dopo esserti miracolosamente salvato dai tedeschi l’8 settembre. La tua famiglia ha patito le più ignobili vessazioni, e anche dal lato del cuore avesti più tormento che conforto. Tua moglie non riusciva a capire la tua passione. Le pareva di venir posposta e se ne sentiva umiliata, quasi il suo affetto non bastasse a trattenerti, anche se l’altra non era una creatura di carne. Non conto le privazioni di quella vita, le molte volte che l’hai giocata in azioni disperate; noto piuttosto che non ti par vero d’averne visto la fine e di essere un ritornato.

La difficoltà di acclimatarti fra noi, di ritrovarti nel tuo mondo di una volta, questo disagio che ti fa malcontento e ombroso, un po’ è l’effetto dell’aria respirata lassù e dell’alta tensione spirituale, cui ti sei dovuto elevare per durarla in quel magnifico e brutale sforzo. Alcuni resistettero involgarendosi, facendosi roccia per non sentirsi; ma i più si sublimarono come te in un’ascesi, che, se aveva anche compiti disumani, riusciva a farli accettare come dolorose e momentanee necessità, condannate in precedenza dalla coscienza rimasta integra e delicata, e scontate subito da un interiore tormento, che non poteva neanche mostrarsi per non veder cedere chi, vivendoci accanto, spiava ogni scolorimento del vostro volto. Come tutto si era fatto piccolo e insignificante in confronto della libertà! E com’era tenero e puro l’amore della tua terra, e come soffrivi del suo asservimento, e quali fremiti di vergogna e di sdegno per quei rinnegati che, patteggiando con gli oppressori, si contendevano di essere abbietti! E tutto senza odiare. Per servire fino all’immolazione le grandi cause, non è necessario odiare l’uomo. La tua devozione ardeva così pura che nelle giornate serene, dalle vette alpine ove ti rifugiavi per salvare l’anima più che la vita, nel guardare giù verso i piani lombardi, ti prendeva la stessa tenerezza che avevi sentito per tua moglie quando ti disse che era mamma.

La brigata portava un nome e un’insegna di partito, ma niente ti prendeva di quel «particolare». Tu eri il «partigiano» della libertà di tutti, lottavi e soffrivi per tutti gli italiani. Il tutto era divenuto la tua parte, come in una chiamata religiosa. Se di quel particolarissimo qualche cosa, oltre lo slancio e il disinteresse, ti rallegrava, era il fatto che uomini di ogni classe, che fino ad allora avevano professato dottrine che sembravano non tener conto della Patria, se la prendevano talmente a cuore e con tale devozione, che ogni giorno si disponevano a morire per essa. E questo si compiva sotto i tuoi occhi stupefatti d’intellettuale, che potevano stabilire un paragone sicuro tra la purissima devozione dei nuovi compagni e il tradimento o la viltà di coloro che dell’amore di patria se n’erano fatto un lustro, un pretesto, un monopolio. Fra tante tristezze e disgrazie, l’adozione della Patria da parte del popolo è l’avvenimento consolante della nostra storia. Proprio coloro che non avevano nessun motivo di attaccamento e di riconoscenza, slargarono verso di essa, quasi all’improvviso, il cuore e le braccia per proteggerla e salvarla. Ora che gli umili sono saliti verso un’idea di Patria, che può essere amata da tutti perché è un bene di tutti e non sta contro nessuno neanche con quei di fuori, il Risorgimento è compiuto. Cos’era valso raggiungere questo o quel confine naturale, quando la Patria non aveva ancora raggiunto il cuore del popolo? E tu hai visto come sa amare il popolo, a differenza degli altri che calcolano quasi sempre. E quando si ama così, perdutamente, la realtà si dilata, perde i suoi connotati volgari per assumere quelli del nostro amore. Se l’Italia non ti fosse apparsa in questa luce, non avresti potuto resistere. Pur sapendo che al ritorno ti aspettava una grossa prova, ho favorito la tua espansione. Un’anima larga, comunque la si paghi, è sempre un patrimonio.

Adesso che accusi il colpo di un mondo che non ti pare più quello che hai visto lassù, vengo per riparare. Ma non posso dirti: – Vedi male –, perché tu crederesti ai tuoi occhi, più che alla mia parola. La realtà, comunque sia, un uomo come te la deve guardare in faccia. Chi guarda può capire: chi capisce diviene ragionevole. Questa povera gente che hai d’intorno e che t’indigna, ha patito molto; ma invece di aprirsi nel dolore, come è accaduto a te e a molti tuoi compagni della montagna (nessuno le fu vicino, nessuno la soccorse con la parola e l’esempio!) si fece dura e spietata nel suo avvilimento. Un solo desiderio: che la guerra finisse per rifarsi delle umiliazioni patite e dei piccoli piaceri perduti. Questo ti spiega come molti la facciano a gomiti per arrivare primi (quando in un paese si muore di fame chi osa parlare di primi posti?), e presentino lunghe liste di meriti, e pretendano e minaccino perché non ricevono. Essi non sanno o vogliono dimenticare che nessuno può avere perché nessuno è in grado di dare; che non c’è più niente da dare se prima non l’abbiamo guadagnato col nostro lavoro. Ecco quello che tutti i partiti dovrebbero far capire; invece si contendono i malcontenti e li infuriano in luogo di farli ragionare. I partiti hanno ragione d’esistere in quanto si propongono e cercano di risolvere nel modo più utile al bene comune i problemi della vita nazionale. Ma questo è un impegno troppo serio e di poca soddisfazione, mentre il farsi una clientela tra gli insoddisfatti e curarla con promesse folli e sospingerla non verso una vera rivoluzione ma alla guerra civile, rappresenta una tattica redditizia per chi si sente perduto in campo strategico. Così viene continuato lo spirito fascista col conseguente mestiere di mangiarsi l’un l’altro […].

La vendetta è distrazione, ubriacatura, non salvezza. La tua indignazione giustamente si raddoppia perché proprio coloro che maggiormente gridano, tu non ricordi di averli incontrati lassù, né sai dove fossero e con chi tenessero quando in Italia si moriva di fame, di freddo, d’eroismo. Parecchi hanno grugno e pelo di eroi del mercato nero, se non proprio di spia. Trovo umano che chi, come te, non ha conti da presentare, perché è disposto a soffocare perfino i ricordi se i ricordi avanzassero pretese, si chieda avvilito se valeva la pena. Figliuolo, questa domanda che t’insinua il pentimento di quello che hai fatto per il tuo Paese, finisce per essere anch’essa un conto, un’esigenza. Lo so che è una nobilissima esigenza e che non si traduce in moneta né in altro tornaconto: però, è un voler vedere subito i frutti del proprio lavoro, mentre il vero amore non si volta indietro e sa attendere con pazienza. Gli altri possono pensare quel che vogliono del tuo sacrificio, irriderlo se vogliono, ma tu sai che l’hai dato per la salvezza di tutti. È naturale che quando le cose vanno come vanno l’aver dato sembri una follia; ma vi sono follie che bisogna moltiplicare perché senza di esse non avrebbe senso questa vita. Nell’Orto degli Olivi Cristo ha superato la stessa angoscia, rimettendo la propria volontà nella volontà del Padre: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta». Non è la strada che hai seguito fin qui? Non hai anche tu camminato in una volontà più alta e più forte della tua? Non ti rimane dunque che condurre a compimento questa volontà che dev’essere fatta prima di ogni altra e, se occorresse, contro ogni altra volontà.

(avvenire.it , 25 aprile 2025)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *