La forza delle donne nell’opporsi al male della Shoah

di Roberto Righetto

Sono le “Antigoni del Vangelo”, quelle capaci di opporsi a violenze, discriminazioni e dittature. Come Sophie Scholl, che nella Germania di Hitler fondò la Rosa Bianca contro il nazismo

E venne l’ora delle “Antigoni del Vangelo”: donne che nel corso del ‘900 e in questo secolo sono state capaci di esprimere una forza d’animo e una resistenza morale in grado di opporsi a violenze, discriminazioni e dittature. Non tutte solo grazie alla loro fede cristiana. Alcune certamente sì: da Sophie Scholl, che con il fratello Hans creò il movimento Rosa Bianca nella Germania nazista pagando con la vita la sua opposizione, a Dorothy Stang, che ha combattuto contro l’oppressione dei più poveri in Brasile, è stata assassinata nel 2005 e celebrata da papa Francesco nel Sinodo sull’Amazzonia. Altre hanno lottato in nome dei diritti umani, della libertà e della giustizia, come Milena Jesenska, Margarete Buber-Neumann, Nadejda Mandelstam, Stefania Shabatura e la giustamente celebrata Etty Hillesum. Ma tutte a buon diritto fanno parte del volume Les Antigones de l’Evangile di Denis Lensel, pubblicato oltralpe dalle edizioni Artège con la prefazione di Anne-Marie Pelletier. La quale subito precisa come l’amica di Kafka, la nuora di Buber e la vedova di Mandelstam «non si sono mai formalmente dichiarate cristiane, ma le loro biografie lasciano affiorare una prossimità incontestabile». Allo stesso modo, se è sbagliato annettere frettolosamente Etty Hillesum al cristianesimo, rispettando in tal modo il suo cammino spirituale svoltosi al margine della Chiesa, va riconosciuto che esso «l’ha condotta a cogliere in maniera fulminante il Dio cristiano».

L’autore, che è giornalista e saggista, dedica un capitolo della sua ricerca a Margarete Buber-Neumann e Milena Jesenska, sulla cui vicenda è bene soffermarsi. Entrambe vennero deportate nel campo nazista di Ravensbrück, ove si conobbero e divennero amiche progettando di scrivere insieme un libro sui totalitarismi gemelli intitolato L’età dei campi di concentramento, che doveva raccontare i parallelismi fra nazismo e comunismo. Cosa che non accadrà perché Milena non riuscì a sopravvivere agli stenti imposti dai carnefici di Hitler. Tutt’e due corsero enormi rischi per salvare innocenti destinati alla morte.

La vicenda di Margarete è paradossale: arriva al campo di Ravensbrück nel 1940 dopo aver subito le angherie dei gulag sovietici. Detenuta in Kazakistan, era quasi morta di fame. Come accennato, era stata prima nuora del filosofo ebreo Martin Buber, poi vedova di Heinz Neumann, ex dirigente dell’Internazionale comunista arrestato a Mosca per ordine di Stalin durante il Grande Terrore del 1937. Fermata a sua volta, fu condannata a cinque anni di campo di lavoro e deportata nel campo di concentramento di Karaganda. Commenta Lensel raccontando la sua vicenda: «I detenuti vivono lì, tra i rifiuti… Le donne trasportano sacchi che pesano fino a un quintale… Il rifiuto di lavorare è punibile con la morte. Ci sono molti informatori: “Qui non possiamo fidarci nemmeno dei muri”, dice un compagno di prigionia. Ammalatasi, Margarete tossì sangue e si riprese solo con difficoltà. (…) Vive però momenti di grazia inaspettati: un giorno, una guardia a cavallo corre moltissimi rischi per portare pane e zucchero a un gruppo di detenuti affamati. Mentre scava sotto il sole cocente, vedendola esausta, un giovane lituano scambia con discrezione i suoi solchi con lei. Restando in disparte, due suore ortodosse cantano inni religiosi: ricordando frammenti di educazione cattolica, Margarete canta per loro un inno alla Vergine Maria». Poi, accade l’impensato: nell’agosto del 1939, in seguito al famigerato patto Molotov-Ribbentrop, Hitler e Stalin si scambiano i prigionieri politici e Margarete viene consegnata alla Gestapo per essere deportata a Ravensbrück. Qui ha luogo l’incontro sorprendente con Milena. «Un essere libero tra gli umiliati», così la descriverà. Intellettuale anticonformista ed esuberante, era nota per essere stata traduttrice e intima di Franz Kafka. A Praga, dopo l’invasione nazista del 1938, fece parte della Resistenza nascondendo e aiutando a fuggire all’estero ebrei e ufficiali. Ma un anno dopo venne arrestata e anch’essa finì a Ravensbrück. «Fu lei la prima – rileva Lensel – a progettare un libro sulla somiglianza dei due sistemi totalitari, con le loro imprese parallele di riduzione in schiavitù di milioni di esseri umani». Quel libro sarà scritto da Margarete nel dopoguerra.

A Ravensbrück le due amiche riescono con impudenza e coraggio a salvare vite umane: Margarete come segretaria-interprete del supervisore capo delle Ss Johanna Langefeld, Milena come impiegata nell’infermeria del campo. Riescono a impedire che diversi bambini finiscano nelle grinfie dei medici che fanno gli esperimenti eugenetici. Ma Jesenska viene accusata e torturata. Si ammala gravemente. In infermeria recita un Padre Nostro e muore poco dopo, il 17 maggio 1944. Ravensbrück era il lager delle donne, inizialmente non troppo severo, poi sempre più terribile sino a diventare anch’esso un campo di sterminio.

(avvenire.it , 23 gennaio 2025)

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