Imparò da un poeta i segreti del narratore

“Piazza d´Italia”di Cesare Segre

Verso il 1974, Luciana Stegagno Picchio mi fece leggere il dattiloscritto di un suo allievo lusitanista, proponendomi di scriverne la presentazione; fui subito colpito dall’opera (Piazza d’Italia, Bompiani, 1975), perché evocava un ambiente paesano e autobiografico, quello apuano, di passioni potenti (siamo al centro del movimento anarchico) e di altrettanto potente affabulazione. Si seguiva, ma per capovolgerlo con uno straniamento di tipo fiabesco, il filone della stampa popolare. Poi Tabucchi prese altre strade, passando dal terragno al cosmopolita, con percorsi che dall’Europa vanno sino all’Asia, seguendo in qualche modo gl’itinerari dei navigatori portoghesi, grandi conquistatori nell’epoca d’oro. E Lisbona e il Portogallo, patria della sua Zé, erano per lui un riferimento implicito; uno dei suoi libri più belli, Requiem. Un’allucinazione, 1992, lo scrisse direttamente in portoghese.

Mentre oscillava tra un editore e l’altro (Feltrinelli e Sellerio soprattutto), Tabucchi parve cambiare spesso tematica e persino stile. Eppure c’era in lui una forte coerenza: si trattava di sottoporre il mondo delle apparenze al «gioco del rovescio», rivelando significati misteriosi e moventi segreti. E allora ciò che poteva sembrare artificioso e iperletterario toccava d’improvviso verità storiche e morali. Per quanto sia inconsueto, direi che il narratore Tabucchi fu molto influenzato da un poeta, il massimo del Novecento portoghese, quel Fernando Pessoa di cui tradusse le opere principali, rendendole popolari da noi. Solo un poeta poteva insegnargli a toccare con tanta sagacia i movimenti misteriosi degli animi (la morte di Pessoa è raccontata con finezza in Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa, 1994). E non dimentichiamo, fra i tramiti «poetici» di straniamento, il sogno: altro modo per scoprire, talora crudelmente, il rovescio del mondo ( Sogni di sogni, 1992). Si noti che il sogno è uno dei mezzi con i quali i nostri cari scomparsi vengono a visitarci; ed è guidato da sogni che Tabucchi insegue le persone che furono importanti per lui.

Ho detto prima iperletterario. E davvero i suoi libri sembrano scritti apposta per lettori raffinati, che riconoscono ogni allusione, a gara con l’autore, e per i quali ogni citazione è musica. Ma, stranamente o forse no, da Tabucchi sono stati tratti film di pura narrazione, come Notturno indiano (1989) o Sostiene Pereira (1995).

(www.corriere.it, 26 marzo 2012)

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