E’ tutta colpa di Berlinguer?
A trent’anni dalla morte del segretario del PCI ecco un romanzo che racconta in chiave autobiografica la generazione degli anni “60, l'”ultima impegnata”, come la definisce l’autore, e attraverso di essa la storia del nostro paese, con gli eventi nazionali e internazionali che ne hanno influenzato i percorsi. Francesco Serra mette al centro di è Tutta colpa di Berlinguer un’Italia attiva che ancora credeva nei partiti e nell’utilità della politica. Quando, insomma, alle elezioni votava il 93% degli Italiani, e non il 58% come oggi. Oggi che, sfiduciati, disamorati, rassegnati o arrabbiati, gli Italiani sembrano aver rinunciato a rincorrere i propri ideali, o addirittura ad averli, assuefatti ormai a quell’Italia di “corruzione ed evasione fiscale” contro cui si batteva Berlinguer (e “di P2”, aggiungeva lui, ma ora non se ne parla più).
In questo romanzo l’affresco del nostro paese, con gli eventi che hanno segnato trent’anni della nostra storia, si intreccia al susseguirsi di scene vissute, alla vita di Lupo, del cugino Sergio che lo iniziò all’attivismo militante, ai primi amori adolescenziali e poi a quelli più maturi, e ai nuovi temi (l’omosessualità, il femminismo) che si scoprivano e affrontavano giorno dopo giorno. E ne emergono sentimenti, emozioni, rabbia, frustrazioni. E così, come risucchiati in un buco spazio-temporale, anche noi riviviamo quei ricordi, i tempi in cui, ancora frastornati dal golpe in Cile che uccise Allende, cantavamo con gli Intillimani, con borse di Tolfa, poncho e tessere della FGCI in tasca, quando ci esaltavamo per la rivoluzione cubana del Che, o rimanevamo sconvolti dal corpo di Aldo Moro nel bagagliaio di una macchina, dalle immagini della stazione di Bologna dopo l’esplosione della bomba, o del terremoto in Irpinia. E si leggeva Hegel, Marx, Pasolini, discorrendo di Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer. E ancora, la guerra del Golfo, piazza Tienanmen, il muro di Berlino.
Un tuffo nel nostro passato recente, per ricordare, rivivere le sensazioni di allora e anche capire il perché di oggi. Con tante domande che ancora cercano una risposta ma con qualche punto fermo. Perché Lupo, che visse quella stagione con passione e convinzione, alla morte di Berlinguer capisce che “Con Berlinguer tante cose se ne erano andate per sempre, ma non quella voglia di giustizia e quel bisogno di sentirmi partecipe della vita che ormai facevano parte del mio DNA”.
(I libri di ilmiolibro.it , 5 giugno 2014)