Appunti per Scola.Laicità e democrazia

di Salvatore Rizza

Quando si parla di laicità, oggi è necessario ricollegarsi ai temi della democrazia, con il suo seguito di libertà, uguaglianza, rispetto, reciprocità e solidarietà. Non è possibile, infatti, disgiungere questi temi dalla laicità, che si identifica soprattutto con la declinazione della democrazia.
La laicità è la secolarizzazione del potere – di qualunque potere – e questa è la premessa della democrazia. Il cammino verso la democrazia e, quindi, verso la laicità, è sempre irto di difficoltà ed è un processo che va incontro a brevi fermate e a tentativi di cadute, ma è un processo irreversibile. Ci sono voluti quasi tre secoli per affermare i principi della democrazia e, nello stesso tempo, maturare i principi della laicità. Mettere insieme declino della laicità e qualità della democrazia non è una forzatura, poiché c’è un rapporto diretto tra le due qualità della società: un rapporto storico biunivoco e talmente forte che ne rende paralleli i destini. Qualcuno ha scritto che ci sono alternative (quali?) alla laicità. Noi crediamo che alla laicità, come alla democrazia, non ci siano alternative. La laicità è inclusiva e non appartiene a nessuno perché è di tutti, credenti e non credenti. Pluralismo e dialogo ne sono la condizione.
Il rapporto/scontro tra il potere religioso e il potere politico aveva caratterizzato l’epoca moderna e aveva dato significato al termine laicità. Verso la metà dell’800, un grande pensatore, Alexis de Tocqueville, aveva capito il problema e si era adoperato, attraverso l’espletamento del suo ruolo politico, per portare a realizzazione il suo proposito. Pur essendo ateo, sostenne l’opportunità di utilizzare la religione come deposito di valori indispensabili a rafforzare il liberalismo, offrendo uno sbocco verso una società solidale. Tornato dagli Stati Uniti, dove si era recato per studiare i meccanismi della nascente democrazia in quel Paese, cominciò ad ideare un piano di azione. Non era sicuro che fossero mature le condizioni per affermare una liberal-democrazia cristiana: temeva che le Chiese, e in particolare la Chiesa cattolica, non fossero disposte a rinunciare al loro temporalismo e al loro potere di interferenza nei confronti dell’ordinamento sociale e politico. Temeva inoltre che la spinta verso l’uguaglianza omologasse la società cancellando le differenze, le istituzioni intermedie e le comunità locali. In forza del suo ruolo politico, ministro degli Esteri, alla caduta della Repubblica Romana e con il ritorno di papa Pio IX a riprendere il potere temporale nello Stato Pontificio, tentò di convincerlo a modernizzare lo Stato pontificio con istituzioni liberali e democratiche. L’impresa di Tocqueville fallì e si dimise dall’incarico, come racconta Eugenio Scalfari in Per l’alto mare aperto (Einaudi, 2010).
I tempi non erano maturi, ma rimase il suo pensiero, oggi attuale, ad indicare il modello di una società repubblicana e democratica, dove tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge e, soprattutto, abbiano opportunità di realizzare i loro talenti, difendere i loro interessi e dove la Chiesa possa contribuire a fortificare la coscienza morale e affermare i suoi principi religiosi, senza interferire nella politica e nella legislazione. Sulla base di queste idee oggi, pur rimanendo sullo sfondo il contrasto e rappresentando ancora la ragione ultima del conflitto, la laicità ha affinato ed arricchito la sua semantica, divenendo esplicitamente segno, sostanza e metodo di democrazia. Non che lo scontro si sia rarefatto o sia stato assorbito. Fondamentalmente la presa e l’esercizio del potere rimane al centro, ma la modalità in cui il potere viene reclamato, dall’una o dall’altra parte, viene letta secondo il codice dell’esercizio della democrazia. In altri termini, la laicità coincide con la capacità di confrontarsi in maniera rispettosa e libera, affermando e ribadendo ciascuno l’insieme dei valori di riferimento senza che essi diventino assoluti da difendere con le armi e da imporre alla parte avversa. Sul versante di questa lotta, l’accusa che reciprocamente viene lanciata è quella di “essere o non essere democratico”.
Né la Chiesa e i credenti, né i cosiddetti laici possono rinunziare a fare entrare nel discorso pubblico i valori di riferimento: questo, infatti, costituisce l’occasione di un arricchimento reciproco. Quello che invece l’esigenza democratica richiede è che tale «discorso pubblico avvenga in un atteggiamento di reciproco apprendimento» (Habermas), utilizzando lessico, grammatica e sintassi comprensibili a tutti. Si tratta, per dirla in termini semiologici, di utilizzare codici comunicativi condivisi per consentire la comprensione del messaggio, senza pregiudicare il giudizio personale  e la condivisione libera dei destinatari del messaggio.
Nel mondo globalizzato, multiculturale e multireligioso gli scontri di civiltà sono sorpassati e si avverte l’esigenza di ritrovarsi insieme e, laicamente, discutere, confrontarsi, dialogare.

* Università Roma Tre

(“Adista Segni Nuovi”, n.47 del 2012)

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