Moderati

di Carlo Galli

(Dal lat. modus: misura, norma, regola, termine)
Coloro che ispirano il loro agire all’equilibrio, alla ponderatezza e  rifuggono violenze, eccessi ed estremismi.

In politica la moderazione è un metodo, ovvero una prassi di tolleranza, prudenza, misuratezza; è la capacità di conciliare i contrasti, la ricerca della concretezza e la diffidenza per l’astrattezza dogmatica. In questa accezione, moderati si trovano in tutto lo spettro politico, dalla destra alla sinistra, e sono caratterizzati essenzialmente dalla propensione alla mediazione.

Ma la moderazione è anche una posizione politica di Centro, un liberalismo conservatore, eppure non reazionario, che all’occorrenza sa farsi propugnatore di novità, ma sempre rifiutandole posizioni estreme. Nel  Risorgimento i moderati sono stati di fatto il  Centro che ha espresso le posizioni dei liberali (cattolici e laici) e gli interessi della borghesia, in concorrenza rispetto ai mazziniani, democratici e repubblicani (e in seguito anche ai socialisti). Moderati sono stati quindi, tra gli altri, Gioberti, D’Azeglio, Cavour, modelli di un moderatismo élitario e attivo, contrapposto sia al minimalismo sia al massimalismo, che fa le rivoluzioni perché non le facciamo altri, più radicali.

Secondo  un’accezione negativa del termine, molto frequente, “moderato” è però anche chi è inerte e amorfo, poco coraggioso e mediocre, privo di fisionomia e attento solo a sé e per nulla al bene comune, pieno di ataviche paure e di  pregiudizi, conformista, filisteo e benpensante, ma anche trasformista e capace di ogni scaltrezza e di ogni compromesso per barcamenarsi. In questa accezione passiva i moderati, il gran ventre piccolo-borghese della società italiana, furono un tempo il serbatoio elettorale della Democrazia Cristiana (partito moderato di Centro, capace però di essere anche attivo e innovativo, che alla sua base quasi tutta moderata in senso passivo offriva il “progresso senza avventure”) e, oggi, lo sono del moderatismo attivo di quelle élites (guidate da Monti) che salgono in politica per riequilibrare il Paese e per rimediare ai guasti generati da Berlusconi. Il quale in politica era sceso facendo appello ai moderati (in senso passivo) e giocando sulle loro paure (cioè le tasse e i ‘comunisti’), pur essendo egli stesso tutt’altro che un moderato, e anzi un estremista privo di misura e poco amico delle norme, che ha estremizzato la politica italiana e che si è alleato con ogni estremismo purché non di sinistra (ad esempio, la Lega).

I moderati passivi, infatti, ogni tanto corrono il rischio di infatuarsi di chi, per nulla moderato, ne conosce bene vizi e debolezze e se ne serve per le proprie avventure (di solito finite male).

Che i moderati passivi siano in futuro rappresentati da moderati attivi ed elitari, e non da estremisti e da populisti, sarebbe già un passo avanti per la politica italiana. Un passo ulteriore sarebbe poi che fra le virtù politiche non si elencasse solo la moderazione ma ad essa si affiancassero anche il coraggio, la generosità, il progressismo, l’apertura mentale e sociale. Infatti i moderati, anche quelli attivi, a furia di cercare di non sbilanciarsi troppo, e di collocarsi nel giusto mezzo, corrono il rischio, come diceva Manzoni, di fissarlo proprio in quel punto dove loro sono già arrivati, e dove stanno comodi.

(www.repubblica.it , 30 dicembre 2012)

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