Un Paese allo specchio nella bomba alla stazione

di Davide Conti

La strage fascista della stazione di Bologna del 2 agosto 1980 rappresenta, come in un complesso racconto autobiografico del Paese, elementi e fasi storiche diverse che pure hanno drammaticamente caratterizzato la direzione e il senso del decennio ‘70-‘80, ovvero quegli «anni del tritolo» pregni di complicità statali (per questo abrasivi nella memoria pubblica delle istituzioni) che prima precedettero e poi si sovrapposero a quelli «di piombo» (più comodamente raccontati dalla retorica celebrativa ufficiale).

All’interno di quella vicenda ritroviamo in prima fila i fascisti vecchi e nuovi dell’epoca. Tutti provenienti dal Msi ovvero da quel partito che secondo l’attuale Presidente del Consiglio ebbe «un ruolo molto importante nel combattere la violenza politica e il terrorismo» e nel «traghettare verso la democrazia milioni di italiani usciti sconfitti dalla guerra». Quel Msi dalla cui radice origina il partito postfascista al governo che oggi attraversa per la prima volta l’anniversario della strage.

NELLE SEDI MISSINE degli anni Settanta si erano formati i terroristi dei Nuclei Armati Rivoluzionari: Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva come autori della strage) e Gilberto Cavallini (condannato in primo grado).…

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Mons. Bettazzi, beato costruttore di pace

di Enrico Peyretti

Oggi abbiamo pianto in molti, ma subito abbiamo sorriso, alla notizia mattutina della morte di Luigi Bettazzi, vescovo costruttore di pace, quindi beato, come dice Gesù in Matteo 5,9. Abbiamo sorriso come certamente ha fatto lui, valicando il colle dalla vita limitata alla vita piena. Sapeva unire ai problemi più gravi, anche drammatici, il sorriso serio, che alleggerisce la paura e sostiene la speranza attiva.

Forse pochi lo conoscono da più tempo di me: dal 1956 o 57, cioè da circa 65 anni, quando era vice-assistente nazionale della Fuci, e io tra i dirigenti centrali, poco più che ventenne. Via via nei decenni, tanti hanno visto fiorire in lui le qualità che allora cominciavamo a riconoscere. Negli ultimi circa 15 anni ha sempre partecipato agli incontri annuali che una dozzina di noi, allora nella Fuci e rimasti collegati in vari impegni, abbiamo realizzato in varie parti d’Italia, da Messina a Torino, Firenze, Roma, ecc. Lo chiamiamo il gruppo “Fuci 60”.…

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Le mani sul cinema, la conquista del Centro

di Cristina Piccino

Con un «grande augurio» agli allievi – «che sono un’eccellenza del nostro Paese» – Marta Donzelli si è dimessa ieri dalla presidenza del Centro Sperimentale di Cinematografia.

Con lei si sono dimesse anche le due consigliere d’amministrazione Cristiana Capotondi e Guendalina Ponti – nel Cda c’era anche Andrea Purgatori, da poco scomparso, e ricordato da Donzelli con grande affetto. Le dimissioni sono arrivate all’indomani della conversione in legge del decreto Giubileo che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore prevede la sostituzione del consiglio di amministrazione e del comitato scientifico della scuola – nonostante il mandato di Donzelli terminasse a marzo 2025.

Nella lettera di commiato Donzelli mette in primo piano la preoccupazione per una progettualità avviata con risultati ottimi, a cominciare dai fondi ottenuti del Pnrr, parte dei quali erano stati destinati al progetto di una sala della Cineteca – con l’acquisto, la ristrutturazione e la prossima riapertura del cinema Fiamma – che avrebbe così anche a Roma creato un sistema di programmazione e divulgazione del patrimonio filmico.…

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Le regole realizzano e custodiscono i valori

di Francesco Provinciali

Come diceva Georges Bernanos “non siamo noi che custodiamo le regole ma sono le regole che custodiscono noi”.

Dimentichiamo spesso – infatti – che il rispetto delle buone regole non costituisce solo un vincolo, magari fastidioso, a cui non possiamo sottrarci perché prevede obblighi e sanzioni ma anche una preziosa risorsa per essere gratificati da protezioni individuali e certezze sociali.

In un contesto esistenziale dove prevalgono la fragilità interiore e lo sbandamento emotivo ci accorgiamo quanto sia rassicurante poter contare sulla socializzazione dei valori.

Le tradizioni, le consuetudini, le istituzioni in cui la società si riconosce sono involucri che contengono la sedimentazione del pensiero e delle azioni, quello che resta dei vissuti, il deposito delle esperienze, la convenzione condivisa dei comportamenti che ci permette sia di vivere in una rete di relazioni che hanno un significato, in cui possiamo identificarci, sia di scambiarci messaggi reciprocamente comprensibili.

Il frettoloso elogio del cambiamento fine a sé stesso, oggi tante volte ricorrente nelle aspettative sociali e nelle aspirazioni individuali ma spesso imperativo categorico della globalizzazione e metafora perdente della progettualità, non può privarci della ineguagliabile, rassicurante condizione mentale di stabilità che ci deriva dalla certezza di possedere i punti di riferimento che ci siamo dati.…

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E’ morto monsignor Bettazzi, costruttore di pace

di Riccardo Maccioni

Tra le note caratteriali che sottolinea chi l’ha conosciuto bene, c’erano la gentilezza e un certo gusto dell’ironia, caratteristica conservata fino alla fine.

Monsignor Luigi Bettazzi è scomparso questa mattina prima dell’alba a 99 anni (ne avrebbe compiuti 100 anni il 26 novembre) è stato un uomo disponibile e aperto al dialogo. Garbato anche quando, per esempio sull’obiezione fiscale alle spese militari, assumeva posizioni scomode, di rottura.

Era nato a Treviso ma si era trasferito da giovane a Bologna dove aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 4 agosto 1946. Il 10 agosto 1963 la nomina a vescovo ausiliare di Bologna cui seguì il 4 ottobre la consacrazione episcopale.

Una settimana prima però ci fu l’emozione del Concilio Vaticano II di cui prese parte, accanto al cardinale Giacomo Lercaro a tre sessioni, iniziando dalla seconda, il 29 settembre 1963. Concluse le assise conciliari, fu nominato vescovo di Ivrea, prendendo possesso della diocesi il 15 gennaio 1967. Parallelamente al servizio nella Chiesa locale cresceva l’impegno per la causa della non violenza, fino ad essere nominato nel 1968 presidente di Pax Christi, vivendo in maniera così profonda quell’incarico da ricevere il premio internazionale dell’Unesco per l’educazione alla pace.…

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Quanti mondi ha attraversato Bettazzi?

di Tonio Dell’Olio

Io ricordo di averlo accompagnato in Bosnia, Kosovo, El Salvador, Guatemala, Australia, Vietnam, paese che, come un voto emesso, visitava ogni anno. Ma penso che non ci sia stato scenario di guerra che non l’abbia visto discreto seminatore di pace, della costruzione della pace. Ma Bettazzi ha attraversato il mondo del Concilio, del dialogo, della nonviolenza, delle domande critiche, dell’incontro. Profeta della pace e della nonviolenza, don Bettazzi è tutt’altro che un protagonista del passato. È piuttosto un uomo del futuro. Si è sporto, ha anticipato, ha aperto squarci di futuro. Ed è esattamente ciò che gli ha causato non poche incomprensioni e avversità, soprattutto da parte delle sentinelle del passato rassicurante. Bettazzi amava la navigazione in mare aperto, le cime senza orizzonti obbligati, i percorsi non indicati dalle cartine geografiche. Come tutti i profeti autentici, Bettazzi è stato, è, un uomo libero. Anche se ripeteva che il profeta era don Tonino e che lui era piuttosto il patriarca, i costruttori della pace di ogni latitudine e di ogni credo, l’avranno come punto di riferimento sempre perché quell’uomo dava puntualmente voce all’anima.…

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Firenze città operatrice di pace: che fare oggi?

di Moreno Biagioni

Sono passati più di 30 anni da quando il Consiglio comunale dichiarò, quasi all’unanimità (anche se piuttosto a malincuore da parte di alcune componenti politiche), Firenze “città operatrice di pace”. Era un provvedimento che prendeva spunto da una serie di atti che l’avevano più volte vista operare in questo senso, a partire, per esempio, dalle finestre chiuse dell’Arcivescovado, tenute serrate da Elia Dalla Costa in mezzo a un tripudio di balconi imbandierati a festa nel maggio del 1938, durante la visita di Hitler a Firenze, accompagnato dal suo degno compare Mussolini, una chiusura che rendeva evidente l’opposizione del prelato al nazi-fascismo, avviato sulla strada della guerra al mondo intero.

Un impegno per la pace ripreso in pieno dal sindaco Giorgio La Pira negli anni ‘50 con il suo prodigarsi per unire le città del mondo, da Mosca a New York (impresa non facile in un’epoca di “guerra fredda” fra l’Ovest ad egemonia statunitense e l’Est guidato dall’Unione Sovietica), contro la prospettiva di nuovi conflitti armati, e di uso delle armi atomiche, che si affacciava minacciosa all’orizzonte.…

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Altro che scuola del merito: la rivoluzione di Don Milani è una guida nei nostri giorni scomposti

di Stefania Rossini

L’istruzione pensata per i ceti popolari. La lotta alle ingiustizie. Il libro “Lettera a una professoressa”. L’ostilità della Chiesa nei suoi confronti. A cento anni dalla nascita, la visionaria lezione del priore di Barbiana

Ci sono persone delle quali è obbligatorio tornare spesso ad occuparsi nel sospetto che le nuove generazioni ne abbiano un’idea vaga o distorta. Tra queste un posto d’onore è occupato da Don Lorenzo Milani, dalla sua Scuola di Barbiana e da un libro straordinario, quella “Lettera a una professoressa” che nel lontano 1967 ha costretto la scuola italiana a riflettere sulle sue mancanze e, piaccia o no, ha nutrito la ribellione verso l’istruzione classista che di lì a poco avrebbe animato la contestazione studentesca.

Quando in questi mesi abbiamo sentito invocare il merito come pilastro di una scuola che deve mandare avanti “i migliori”, quando il merito è stato aggiunto persino nella dicitura del nuovo ministero dell’Istruzione, ignorando volutamente che l’abbandono scolastico in Italia è tra i più alti d’Europa, forse a qualcuno sarà tornata in mente una delle frasi più celebri di quel prezioso libretto: «Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali».…

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L’obiezione di coscienza di don Lorenzo Milani

di Pietro Polito

Lorenzo Milani nasce a Firenze esattamente cent’anni fa (il 27 maggio 1923) da una famiglia dell’alta borghesia fiorentina. La sua origine gli permette di trascorrere un’infanzia priva di assilli economici in un ambiente ricco di stimoli. Nel 1930 si trasferisce con la famiglia a Milano dove rimane fino al 1942. Frequenta per due anni il regio liceo-ginnasio “Chiabrera”, consegue da privatista la maturità classica presso il liceo “Berchet” e, dopo alcuni anni di studio privato, si iscrive nel 1941 all’Accademia di Brera per la pittura. Nel 1933, quando cominciano a manifestarsi anche in Italia le conseguenze della ventata di odio contro gli ebrei alimentata dal nazismo, i genitori Alice Weiss, ebrea, e Albano, indifferente al problema religioso, si sposano in chiesa e fanno battezzare i due figli, Adriano e Lorenzo.

Il “battesimo fascista” non lascia alcuna traccia nel giovane Milani. Si può dire che la “conversione” al cristianesimo, presentata come una ricerca dell’assoluto (Adele Corradi), risulti compiuta il 12 giugno 1943, quando con la cresima egli conferma liberamente la propria appartenenza alla Chiesa cattolica.…

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Quelle ombre che il Cavaliere lascia dietro di sé. Dalla tessere P2 allo “stalliere” Mangano

di Antonio Maria Mira

L’ex premier ha sempre respinto accostamenti alla mafia e alle stragi ma in appunti di Falcone erano registrati i rapporti con Cinà, Grado e Mangano, poi assunto ad Arcore. Il caso degli attentati alla Standa e il timore che i figli fossero sequestrati. Ad avanzare sospetti sui finanziamenti a Edilnord fu anche il giornale della Lega Molte le vicende che hanno collegato Silvio Berlusconi a “cosa nostra”. Storie “antiche”, sull’imprenditore, ma anche più recenti. Inchieste aperte, chiuse e riaperte. Proprio come l’ultima, quella che lo vedeva coinvolto con Marcello Dell’Utri nel capitolo dei “mandanti esterni” degli attentati mafiosi del 1993 a Firenze, Roma e Milano. Un’inchiesta che intreccia mafia, servizi segreti, settori della massoneria vicini alla P2 di Licio Gelli, alla quale Berlusconi era iscritto. In un primo tempo lo negò, e venne condannato per falsa testimonianza, condanna estinta per sopravvenuta amnistia. Risultava iscritto dal 26 gennaio 1978, tessera n.1816, scherzava, lui costruttore, sulla qualifica di “muratore”.…

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