Nella ricerca del bene comune l’eredità di Moro
di Angelo Picariello
Quarantacinque anni fa veniva ritrovato, rannicchiato in una Renault rossa, il cadavere crivellato di colpi di Aldo Moro. Oggi viene da chiedersi, per provare a spiegarlo a chi non ha fatto in tempo a conoscerlo, come sia potuto accadere che questo «uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico», come lo definì Paolo VI in una cerimonia funebre priva delle sue spoglie mortali, senza una spiccata ambizione personale, senza il sostegno di un gruppo organizzato, si sia trovato a essere un uomo simbolo del potere su cui concentrare l’«attacco al cuore dello Stato» teorizzato dalla furia ideologica dei suoi rapitori che l’avrebbero assassinato. Viene in aiuto il lavoro portato avanti dalla Edizione nazionale delle opere di Aldo Moro, che «sta portando, come nelle attese, un grande passo avanti nel presentare a tutti gli italiani, e ai giovani in particolare, la sua personalità, per apprezzare cosa il Moro politico, cristiano, professore, uomo, sia effettivamente stato», spiega il coordinatore, lo storico Renato Moro, nipote dello statista.…