Sull’intreccio tra discorso e mito in politica ed etica
di Francesco Garritano
Predisponendosi a dialogare con il suo interlocutore a proposito del discorso di Lisia, Socrate subisce nel Fedro la fascinazione di quanto si dispone ad essere oggetto del logos e preannuncia il primato di questo. Nella parte iniziale del dialogo, prima che abbia luogo la riflessione con la quale viene confutata la tesi di Lisia (bisogna compiacersi che l’amore prenda coloro che rifuggono dalla passione e che in quanto tali non rinunciano alla prudenza), Socrate manifesta le sue perplessità circa il fatto che taluni “sapienti” tendano a dare una spiegazione razionale e verosimile dei miti. Queste perplessità lo spingono a congedare i miti ed a dedicare la propria attenzione alla conoscenza di sé: «Di conseguenza, dato un addio a queste cose e attenendomi invece alle credenze correnti su di esse, come dicevo poco fa, indago non queste cose, ma me stesso, se per caso io non sia una bestia più complessa e più fumante di orgoglio di Tifone o un vivente più mite e più semplice, partecipe per sua natura di una qualche sorte divina e senza fumi di orgoglio»[1].…
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